Dalla cronaca alle azioni finora intraprese a livello cantonale. Nel 2023, in Svizzera, sono stati registrati 19’918 reati di violenza domestica, di cui 25 omicidi, la metà di tutti quelli recensiti a livello nazionale, 147 casi di lesioni gravi e 368 reati per violenza carnale. Reati questi ultimi in aumento del 22% rispetto al 2022. Nel 70,1% dei casi la vittima è donna, nel 29,9% uomo. In Ticino invece ci sono stati 1’037 interventi in ambito di disagio familiare. Sono dati che non possono lasciare indifferenti e che testimoniano la perenne attualità del tema della violenza domestica. Ieri a Bellinzona è stato presentato il bilancio d’attività del Cantone sul fronte della lotta a questo fenomeno. Nel 2021 il Ticino si è infatti dotato del Piano d’azione cantonale contro la violenza domestica, un documento programmatico, con una ottantina di misure concrete, voluto dal Consiglio di Stato e inserito nei suoi obiettivi di legislatura, sia per il 2019/2023, sia per il quadriennio in corso.
‘Intrapresi sforzi rilevanti’
«Gli sforzi intrapresi dalle istituzioni e dalla società civile nell’ultimo anno – sostiene il consigliere di Stato Norman Gobbi – sono rilevanti e indirizzati sia a chi è direttamente confrontato con episodi di violenza domestica, e che chiede aiuto e supporto alle istituzioni, sia alla società tutta». E afferma con convinzione: «Le istituzioni ci sono. Sostengono, aiutano e proteggono le vittime, e puniscono gli artefici della violenza. La popolazione deve riporre fiducia nello Stato». Per il direttore del Dipartimento istituzioni, «il Piano d’azione cantonale ha dato slancio a un’azione coordinata e congiunta: solo unendo le forze delle istituzioni e della società civile possiamo essere ancora più efficaci nel contrasto della violenza domestica». Non solo. «Le istituzioni – ribadisce Gobbi – sono consapevoli che per contrastare il fenomeno della violenza occorra da un lato continuare a parlarne, favorendo un cambiamento culturale orientato alla parità, e dall’altro rafforzare anche le azioni di prevenzione. Parallelamente bisogna sostenere chi è vittima di violenza domestica nell’affrontare questa problematica sotto i diversi aspetti. I bisogni delle vittime sono infatti molteplici e differenziati». Sono quattro gli assi definiti dal Piano d’azione cantonale: prevenzione, protezione, perseguimento e politiche coordinate. Dell’ottantina di misure proposte nel 2021, 71 sono state nel frattempo attivate, il tutto senza finanziamenti specifici per questo scopo. «Il bilancio intermedio per il Ticino – dice Gobbi – è positivo, proprio perché siamo riusciti a raggiungere buona parte degli obiettivi che ci siamo fissati. Abbiamo dato una buona prova di capacità, rispettivamente di collaborazione interdipartimentale, interistituzionale e tra Stato e società civile». Sull’asse del perseguimento, di specifica competenza del Di, troviamo per esempio il primo anno di attività del Centro di competenza violenze presso la Polizia cantonale e la presentazione della revisione totale della legge sulla polizia, tra le cui novità figurano la base legale per il processo di gestione delle minacce e la proroga dagli attuali 10 a 30 giorni dell’allontanamento dal domicilio dell’autore di violenza, nonché la creazione del primo Istituto di medicina legale del Canton Ticino. Dal canto suo, il consigliere di Stato Raffaele De Rosa insiste sull’importanza delle politiche coordinate e della collaborazione tra istituzioni, servizi ed enti. «Le sinergie – spiega il direttore del Dipartimento sanità e socialità – permettono di intervenire in maniera più efficace e incisiva, valorizzando le risorse e le competenze di ciascuno. Combattere la violenza domestica significa dare anche ai nostri figli le premesse per essere cittadini di domani, rispettosi, responsabili e consapevoli, non piegati a logiche di sopraffazione e persecuzione». Per De Rosa, combattere la violenza domestica «deve essere un imperativo per la politica e per tutta la nostra società. Non è più una cosa privata, una questione da risolvere in famiglia, ma uno sfregio a tutta la nostra collettività. In Svizzera e anche in Ticino è proprio tra le pareti di casa che si consuma gran parte delle violenze commesse principalmente ai danni di donne e bambini». Un fenomeno che può però «coinvolgere tutti e colpire donne, uomini, giovani, bambini, anziani e persone con disabilità». Oltremodo importanti per De Rosa gli assi strategici della prevenzione e della protezione, nonché quello delle politiche coordinate. Tra le azioni concrete, menzionate dal ‘ministro’ della Sanità e della socialità, l’introduzione a livello federale del numero unico centrale nazionale, che si prevede sarà attivo tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. Sul piano cantonale, il Dss ha tra l’altro sviluppato un protocollo di presa a carico delle vittime nei Pronto soccorso dell’Ente ospedaliero cantonale. Fondamentali nella lotta alla violenza domestica, anche i medici di famiglia, le farmacie e le strutture protette. Come per esempio il ‘Progetto oltre’, che offre un alloggio transitorio a madri e figli già accolti nelle case protette che necessitano di accompagnamento e condizioni adeguate per ricostruire un progetto di vita autonomo.
Tema sempre attuale
Un «tema cruciale e attuale» anche per la direttrice del Dipartimento educazione, cultura e sport Marina Carobbio. «Lo scorso ottobre – ricorda la consigliera di Stato – è stata avviata dal governo nazionale la consultazione sulla revisione parziale della legge federale concernente l’aiuto alle vittime». Iniziativa basata anche su una mozione presentata da Carobbio durante il suo mandato come consigliera agli Stati. «L’obiettivo della modifica – spiega la direttrice del Decs – è di ridurre al minimo le barriere all’accesso alle cure primarie per le vittime di violenza. In questo contesto, è necessario che sia garantita la presenza di centri di crisi per vittime di violenza sessuale, domestica e di genere in ogni cantone o tramite centri regionali condivisi». Ieri mattina ha poi preso il via il Cas in infermieristica forense della Supsi che si aggiunge al recente incontro con i responsabili della facoltà di medicina dell’Usi e l’Istituto di medicina legale per valutare l’introduzione di moduli per il master di medicina, finalizzati alla formazione per la presa a carico delle vittime di violenza domestica e sessuale già negli studi di medicina. Per Carobbio, tuttavia, non si deve agire solo in ambito specialistico: «La scuola – osserva – rappresenta un terreno importante per prevenire la violenza domestica e sessualizzata, attraverso l’educazione e la sensibilizzazione, favorendo una società più paritaria». Tra le iniziative relative al mondo della scuola il progetto ‘Batticuore. Amicizia, amore e sessualità senza violenza’, avviato in via sperimentale nell’anno scolastico 2023/2024 e in corso anche quest’anno, ma anche le direttive sui comportamenti inadeguati in ambito scolastico, emanate nel giugno 2023, o la formazione degli ispettori e delle ispettrici di tirocinio nell’ottica di creare un contesto più sicuro e inclusivo per le giovani generazioni.
Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 27 novembre 2024 de La Regione
****
«Uno sfregio collettivo»
Norman Gobbi, Raffaele De Rosa e Marina Carobbio Guscetti sottolineano la necessità di «un cambiamento culturale» di fronte a quella che è «una piaga sociale» – Ma il bilancio del Piano d’azione è «positivo»
«Non è più un fatto privato, bensì uno sfregio alla collettività ». Raffaele De Rosa ha definito così la violenza domestica. «Una piaga sociale», ha insistito il consigliere di Stato. A dare forza al suo messaggio, anche i numeri. In Svizzera, nel solo 2023, sono stati registrati 19.918 reati di violenza domestica – tra vie di fatto, minacce, ingiurie, lesioni semplici – sui 523.000 complessivi. E qui troviamo 25 omicidi (ovvero il 47,2% di tutti gli omicidi consumati), 147 lesioni gravi e 368 reati per violenza carnale. Un dato, quello legato alla violenza carnale, salito del 20% rispetto al 2022. Nel 70,1% dei casi la vittima era una donna. Nel 29,9% un uomo. Sono gli stessi numeri offerti alla stampa, un giorno prima, questo lunedì, da Elisabeth Baume-Schneider. Il Cantone, però, ne ha aggiunti altri. Ha aggiunto, sul solo territorio ticinese, 1.037 interventi in ambito di disagio familiare. E poi un altro dato, quello legato alle 38 donne vittime di violenza domestica e ai 35 bambini che sono stati ospitati dalle due case protette nel territorio.
Spazzare le ambiguità
Il Cantone è tornato a parlarne nel quadro di una misura di sensibilizzazione che deve, per forza di cose, essere continuamente rintuzzata. Lo ha fatto a seguito della conferenza stampa di Baume-Schneider, ma anche per presentare il bilancio dell’ultimo anno d’attività sul fronte della lotta alla violenza domestica. Tre dipartimenti, tre consiglieri di Stato, un solo intento, mai così attuale. A un certo punto dell’incontro con i media, lo stesso Norman Gobbi, a capo del Dipartimento delle istituzioni, ha azzardato un collegamento tra i fatti di Morbio Inferiore e il proprio messaggio. Un collegamento figlio anche di una necessità, sempre più urgente, ben ricordata da Marina Carobbio Guscetti, la quale ha parlato del bisogno di un «cambiamento culturale». Un cambiamento che non si può trovare con qualche esotica formula magica, bensì attraverso un complesso percorso di misure e di ferree volontà, tracciate, ormai tre anni or sono, all’interno del Piano d’azione cantonale contro la violenza domestica. Parliamo di un documento programmatico, aggiornato ancora nel 2022, composto da un’ottantina di misure concrete. Misure che danno sostanza al tema, al problema, e che spazzano il campo dalle ambiguità. È stato De Rosa a parlare di «ambiguità». E la questione della limpidezza del messaggio è più centrale di quanto non si pensi. Il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità ha parlato, più precisamente, della necessità di «messaggi chiari e coerenti, senza ambiguità». Anche da qui passa la strada verso una completa (e collettiva, oltre le separazioni politiche e dipartimentali, oltre ogni luogo comune) presa di coscienza della problematica.
Il numero di telefono
Lunedì, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la stessa ministra Baume-Schneider ha organizzato il primo Dialogo nazionale su violenza di genere e discriminazione. Norman Gobbi era presente. E ricorda, sul tema, quanto sia giusto «continuare a parlarne». E poi: «Le istituzioni ci sono. La popolazione può riporre la sua fiducia nello Stato». Il perché, dal suo punto di vista, è facilmente riassumibile con i quattro assi definiti dallo stesso Piano d’azione cantonale. Che sono: prevenzione, protezione, perseguimento, politiche coordinate. Insomma, un insieme di misure per prevenire le violenze, per proteggere le vittime e le potenziali vittime, per perseguire i colpevoli e per coordinare le politiche che stanno a monte del problema. Nel complesso, come detto, ottanta misure, di cui 71 realizzate, 6 in fase di sviluppo e 3 ancora sospese. Tra quelle in via di sviluppo, quella forse più attesa, anche perché molto diretta, è legata al numero di telefono unico, nazionale, a tre cifre, per cercare aiuto o richiedere una consulenza. De Rosa ha definito un orizzonte per tale misura: fine 2025-inizio 2026. «E il Cantone sta lavorando per agganciarsi a questa rete nazionale, che sarà attiva sette giorni su sette, 24 ore su 24».
«Pene irrisorie»
Gobbi ha più volte ribadito come il bilancio della politica attiva in questo ambito sia «positivo », anche perché il Piano non vive di finanziamenti specifici. «Decisivo è stato il contributo del coordinamento istituzionale, garantito dalla Divisione della giustizia». Ma decisiva è stata anche, secondo De Rosa – ma lo hanno sottolineato tutti e tre -, «l’unità di intenti come strumento per consolidare ulteriormente la lotta alla violenza domestica». Il direttore del DSS ha parlato poi dell’importanza di «promuovere la consapevolezza nella popolazione, di sensibilizzarla ». L’importanza quindi dell’«educazione», anche se in realtà «educare significa anche coinvolgere la dimensione emotiva, l’empatia delle persone ». Perché «solo così poi è possibile accogliere i segnali, essere vicini alle vittime». Ecco, qui, nella marea di parole e misure presentate dal Consiglio di Stato, abbiamo trovato un altro punto centrale, reso ben visibile anche dai recenti casi di cronaca. De Rosa ha sottolineato il rischio, per la vittima, di sentirsi «sola», «sbagliata», e questo per colpa dello «stigma ancora ben presente nella nostra società». Uno stigma che porta la vittima a provare «vergogna », e non il carnefice, graziato da pene che lo stesso consigliere di Stato ha definito «irrisorie ». E allora risulta chiaro, nonostante i risultati positivi del Piano d’azione, come sia necessario continuare a lavorare in questa direzione.
Il trattato
Ambiti e obiettivi della Convenzione di Istanbul
In vigore dal 2018
La Convenzione di Istanbul è un trattato internazionale del Consiglio d’Europa che tutela le donne e le ragazze da varie forme di violenza. In Svizzera è entrata in vigore il 1. aprile 2018. L’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo è l’organismo nazionale di coordinamento per l’applicazione di tale accordo. Con il piano d’azione nazionale per l’attuazione della Convenzione di Istanbul, nel 2022 la Confederazione, i Cantoni e i Comuni hanno definito misure concrete in questo ambito. Il Canton Ticino ha reagito con un suo piano d’azione.
Un concetto globale
Tra gli ambiti di intervento del trattato vi sono la prevenzione, la protezione e il perseguimento penale della violenza, oltre all’adozione di un approccio globale coordinato con i seguenti obiettivi: rendere la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica oggetto di un lavoro di prevenzione e ridurle; fornire alle vittime di violenza una protezione e un sostegno adeguati; perseguire i reati violenti e far sì che chi li commette sia chiamato a rispondere dei propri atti; attuare la Convenzione in modo globale e coordinato a tutti i livelli federali e coinvolgere la società civile.
Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 27 novembre 2024 del Corriere del Ticino
****
Violenza domestica, “un fenomeno trasversale”
Nel 2023 in Ticino sono stati registrati 1’037 interventi in ambito familiare – 38 donne e 35 bambini sono stati ospitati dalle case protette
In Ticino, lo scorso anno sono stati registrati 1’037 interventi in ambito di disagio familiare. Il dato è emerso oggi, martedì, durante la conferenza stampa dedicata al bilancio annuale del Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica. Nel dettaglio, si sono verificati 63 allontanamenti da domicilio ordinati dalla polizia, 202 allontanamenti dal domicilio volontario dell’autore e 110 autori/autrici che sono stati incontrati dall’Ufficio dell’assistenza riabilitativa. Inoltre, 38 donne vittime di violenza domestica e 35 bambini sono stati ospitati dalle due Case protette.
Alcune cifre
Durante l’appuntamento sono state presentate anche le cifre a livello nazionale: lo scorso anno, sono stati quasi 20’000 i reati di violenza domestica (vie di fatto, minacce, ingiurie, lesioni semplici, ecc.). Sono stati registrati 25 omicidi (quasi la metà di tutti gli omicidi registrata si sono verificati in ambito di violenza domestica), 147 lesioni gravi e 368 violenze carnali: dato, quest’ultimo, in forte aumento (+20%) rispetto al 202.
La statistica, inoltre, ha confermato quanto era facile aspettarsi: il 70% delle vittime erano donne.
Fenomeno trasversale
La violenza domestica, è stato ricordato, è “un fenomeno trasversale” che coinvolge tutta la società. Per questo motivo si è reso necessario un intervento accresciuto dello Stato. Il Piano d’azione si basa su quattro assi: la prevenzione, la protezione, il perseguimento e le politiche coordinate. In tutte queste aree sono state attuate delle misure e alcune sono ancora in fase di sviluppo. Secondo il comunicato, finora 71 delle 80 misure sono state attivate.
I consiglieri di Stato Norman Gobbi, Raffaele De Rosa e Marina Carobbio Guscetti hanno sottolineato l’importanza di un’azione comune e coordinata per affrontare la violenza domestica. L’intervento deve avvenire su più piani: federale, cantonale e comunale, coinvolgendo anche la società civile.
Norman Gobbi, Direttore del Dipartimento delle Istituzioni, ha messo in evidenza il ruolo centrale del suo Dipartimento nel coordinamento delle attività contro la violenza domestica. Tra i risultati significativi ha menzionato l’introduzione del Centro di competenza violenze presso la Polizia cantonale, operativo da un anno, e l’avanzamento della revisione totale della legge sulla Polizia, che include innovazioni come la proroga dell’allontanamento dal domicilio per gli autori di violenza, da 10 a 30 giorni.
Il Direttore del Dipartimento della sanità e della socialità, Raffaele De Rosa, ha messo in evidenza come la violenza domestica rappresenti una piaga sociale e un fallimento collettivo nella protezione delle relazioni umane. Ha ribadito l’importanza di rafforzare le politiche coordinate tra servizi, enti e associazioni, promuovendo sensibilizzazione e formazione, soprattutto per giovani e professionisti in ambiti sociale, sanitario e giuridico. Tra le azioni significative: il progetto “Liberati dal silenzio”, con video animati basati su testimonianze di vittime, e protocolli per la presa a carico delle vittime nei pronto soccorso; il “Progetto oltre”, che offre un alloggio transitorio a madri e figli (già accolti nelle case protette) e che necessitano di accompagnamento e condizioni adeguate per ricostruire un progetto di vita autonomo.A livello federale, l’introduzione di un numero unico nazionale per le emergenze sulla violenza domestica è prevista entro il 2025-2026.
Marina Carobbio Guscetti, Direttrice del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, ha sottolineato l’avvio, lo scorso ottobre, della consultazione da parte del Consiglio federale sulla revisione parziale della legge federale concernente l’aiuto alle vittime. È stato poi evidenziato il ruolo cruciale della scuola come terreno di prevenzione e sensibilizzazione. La direttrice del DECS ha poi ricordato l’avvio del progetto educativo “Batticuore. Amicizia, amore e sessualità senza violenza” e l’importanza di formare il personale scolastico, sanitario e sociale per una migliore gestione delle situazioni di violenza. Inoltre, l’introduzione del CAS in infermieristica forense e l’integrazione di moduli specifici nei corsi di medicina rappresentano passi significativi per una presa in carico più efficace delle vittime.