Non è stato un “coup de théâtre” premeditato, come qualcuno ha voluto far credere. No, la decisione di ritirare il messaggio sulla mozione di Giorgio Galusero per una Polizia unica in Ticino è maturata durante il dibattito avvenuto mercoledì in Gran Consiglio. Un dibattito costruttivo, dove sia i favorevoli che i contrari hanno portato un contributo arricchente alla discussione, evidenziando diversi aspetti, così come diverse problematiche, che oggi contraddistinguono la gestione e l’organizzazione delle forze dell’ordine attive nel nostro Cantone. Ed è proprio mentre ascoltavo gli interventi dei deputati che mi sono reso conto che, in fondo, tutte le persone presenti in aula concordavano sull’obiettivo a cui tendere; quello cioè di costruire – assieme – una Polizia ticinese, una Polizia per il Ticino e per tutti i suoi cittadini.
Questo obiettivo, o per meglio dire questo principio, presuppone naturalmente un progetto approfondito e dettagliato, ma non può prescindere da tutto quanto è stato fatto fino ad oggi, che deve rappresentare, come ho più volte ribadito, la base su cui forgiare la Polizia del futuro. Penso in particolare alla Legge sulla collaborazione fra la Polizia cantonale e le Polizie comunali (LCPol), volta a rafforzare il coordinamento tra i Corpi. I Comuni hanno ancora due mesi di tempo a disposizione per implementare la legge, attraverso la quale sono state create otto regioni di Polizie comunali, che permetteranno di assicurare, unitamente alla Polizia cantonale, quella “polizia di prossimità” spesso citata nella discussione in Parlamento. La decisione del Gran Consiglio di rinviare il dossier alla Commissione della legislazione non costituisce assolutamente un freno in questo senso; anzi, deve fungere da ulteriore stimolo per sottoscrivere in tempi rapidi le ultime convenzioni, in modo che tutti possano essere conformi alla legge entro il 1. settembre, senza se e senza ma. In quest’ottica i politici comunali, e segnatamente i responsabili dei Dicasteri di polizia, svolgono un ruolo essenziale, dovendo agire in prima persona – senza farsi oscurare dai Comandanti delle Polizie comunali, che in talune occasioni sono andati oltre la loro funzione – in modo da favorire una collaborazione reale e veramente efficace, così come prevede la legge.
Una volta che la LCPol sarà entrata a regime, inizieremo a costruire tutti insieme – Cantone e Comuni, favorevoli e contrari – la Polizia del futuro, che sarà il naturale prosieguo della legge. Una Polizia non “unica” ma “ticinese”. Non si tratta di un semplice escamotage politico-linguistico, bensì di un cambiamento sostanziale nell’approccio a questa tematica, frutto del dibattito propositivo e per certi versi sorprendente avvenuto in Parlamento. Un progetto importante che, tenendo conto dei risultati ottenuti sul terreno e delle peculiarità del nostro Cantone, permetterà di sviluppare una Polizia atta a garantire a tutti i cittadini un bene fondamentale qual è la sicurezza. Un progetto che poggia su un principio condiviso da tutto il Parlamento e che per questo motivo non meritava di essere compromesso da un voto ormai riferito a un oggetto che, nel suo “profondo”, era stato ormai superato dalla discussione avvenuta in aula.
Questa è la democrazia, che ogni tanto porta a rivedere alcune posizioni alfine di trovare delle soluzioni condivise. La deputata Natalia Ferrara Micocci, con la quale ci siamo trovati di frequente su posizioni contrapposte, ha affermato che “l’intervento di Gobbi farà la storia”. Io la ringrazio ma vorrei precisare che non ho voluto fare la storia; ho semplicemente voluto cogliere i segnali positivi e costruttivi lanciati dal Parlamento, ritirando un messaggio con l’obiettivo di presentare un progetto completo e condiviso. Una Polizia ticinese che costruiremo assieme sulle importanti fondamenta gettate in questi anni, tesa a favorire il benessere e la tranquillità della cittadinanza; un obiettivo che deve sempre caratterizzare l’operato di noi rappresentanti del Popolo ticinese.
Norman Gobbi, Corriere del Ticino, 26.06.2015