“Come dimostrato dagli attacchi del 12 settembre 2020 a Morges e del 24 novembre 2020 a Lugano, la minaccia terroristica più probabile nel nostro Paese proviene da attori il cui orientamento violento è radicato tanto in crisi personali o problemi psichici quanto in un’opera di convincimento ideologico. Le persone radicalizzate più suscettibili di commettere attentati sono ispirate dalla propaganda jihadista senza avere necessariamente un contatto diretto con un gruppo o un’organizzazione jihadista. Questo tipo di attacchi rimane una sfida per la sicurezza”. Così si esprime il Consiglio federale nel rapporto 2021 sulla politica di sicurezza. Una sfida a cui il mondo politico è chiamato a rispondere per salvaguardare i cittadini del nostro Paese. Abbiamo le « armi » per garantire che attacchi ed episodi violenti legati al terrorismo – non solo quello dovuto alla radicalizzazione islamista, ma pure quello conseguente a un’estremizzazione di ideologie di sinistra, di destra e/o animaliste – vengano scongiurati?
La risposta è « sì », se si considera che la Svizzera ha ampliato i suoi mezzi di difesa. Con la revisione del Codice penale, i reati terroristici quali il reclutamento, la formazione, i viaggi per unirsi alla « guerra santa » nonché la commissione di gravi reati terroristici possono essere puniti più duramente. La risposta è « no», se pensiamo che oggi la Polizia può intervenire solo quando una persona ha già commesso l’attacco terroristico. È questa la lacuna grave, a cui Consiglio federale e Parlamento hanno posto rimedio con la Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo ( MPT) che saremo chiamati a votare il 13 giugno.
Il punto più criticato dai referendisti è la misura che permetterà alla Polizia di decretare gli arresti domiciliari. Di mezzo ci sono la nostra libertà e i nostri diritti. È una preoccupazione legittima, ma che non ha ragione d’esistere. La Polizia non potrà fare il « bello e cattivo tempo», ma attenersi a regole precise. Come cittadini svizzeri godiamo di garanzie costituzionali che la nuova legge non contraddice. Qualsiasi misura preventiva di polizia deve essere proporzionata, considerando i diritti di libertà costituzionali. Molti hanno timore che questa nuova legge potrà limitare la partecipazione a manifestazioni di carattere politico. Falso: la libertà costituzionale di espressione toglie qualsiasi aggancio per un intervento preventivo contro manifestanti. Le condizioni per ordinare misure di polizia per la lotta al terrorismo sono dunque severe. Il fattore decisivo è il potenziale di violenza di un individuo, e tale potenziale deve essere valutato per ogni individuo. La legge definisce chiaramente ciò che costituisce una minaccia terroristica: si deve presumere – sulla base di indicazioni concrete e attuali – che una persona sia coinvolta in attività terroristiche. Inoltre tale soggetto deve essere già stato seguito con misure sociali, di integrazione e terapeutiche previste dal Piano d’azione nazionale per prevenire e combattere la radicalizzazione e l’estremismo violento. Se quest’ultime hanno fallito e se sono stati esauriti anche tutti gli altri strumenti a disposizione della Polizia ( gli stessi utilizzati contro la tifoseria violenta e la violenza domestica), è solo in quel momento che possono essere applicate le nuove misure per la lotta al terrorismo. Senza dimenticare che qualsiasi intervento deve essere limitato nel tempo e può essere contestato con un ricorso davanti a un Tribunale. Gli arresti domiciliari, poi, necessitano dell’approvazione del giudice.
La legge ha già tenuto conto di tutti i fattori che potrebbero far sorgere dubbi sulla legittimità degli interventi, con particolare attenzione – come detto – al rispetto delle nostre libertà costituzionali. È quindi nell’interesse di tutta la collettività che questa legge entri finalmente in vigore. È l’unico mezzo per combattere il terrorismo a 360 gradi e per fermare la mente e la mano di queste persone prima che compiano un attacco criminale.
Opinione pubblicata nell’edizione di sabato 15 maggio 2021 del Corriere del Ticino