Sarà per giochi di potere; sarà per l’incapacità di mettersi d’accordo; sarà per l’incomprensibile sudditanza verso gli alti funzionari: comunque la decisione del Consiglio federale di non creare un team interdipartimentale permanente che si occupi della gestione delle crisi attuali e di quelle future appare del tutto incomprensibile. Uno Stato maggiore di crisi del Consiglio federale, sulla scorta di quanto già fanno regolarmente i Cantoni: un organismo snello e riconosciuto in caso di crisi, che sia in grado di mettere assieme tutti i fili e di gestire le difficoltà dal punto di vista organizzativo. Questo a maggior ragione proprio durante la fase preventiva.
La crisi legata al coronavirus sembra non aver insegnato molto nella Berna federale. Le varie Conferenze cantonali – in primis la Conferenza dei Governi cantonali e quelle settoriali della sicurezza – hanno richiesto a gran voce questo tipo di «comitato strategico pluridisciplinare». Invece la risposta finora è stata la costituzione di più gruppi di lavoro, come abbiamo visto nelle comunicazioni di ieri del Consiglio federale, che affrontano in modo settoriale una crisi che si profila globale, in particolare per la capillarità con cui colpirà la comunità.
Se quanto ventilato si avvererà, questa crisi energetica, assieme agli altri fronti di crisi aperti (crisi ucraina, crisi migratoria ormai non più solo annunciata, la coda o lo sviluppo di una nuova crisi legata al coronavirus) andranno a impattare su tutta la società, non su un singolo settore: maggiori costi di produzione, aumento del costo della vita, richiesta di modificare comportamenti personali per far quadrare bilanci familiari che cadranno per molti nelle cifre rosse.
La Conferenza dei Governi cantonali aveva domandato a tutti i Cantoni di aderire alla richiesta di formalizzare, da parte del Consiglio federale, uno Stato maggiore di crisi del Consiglio federale. Personalmente, a nome del Consiglio di Stato del Canton Ticino, ho subito sostenuto tale soluzione.
Per ora però la risposta di Berna è decisamente deludente. Ancora di più se si pensa che lo stesso Consiglio federale vuole che i Cantoni creino al loro interno uno Stato maggiore cantonale di condotta dedicato alla crisi energetica, senza però loro stessi dotarsi di un unico organo di condotta strategica interdisciplinare.
I Cantoni sono pronti a fare la loro parte in modo serio e coordinato; il Canton Ticino da luglio ha già attivato un organo di monitoraggio con il compito di seguire l’evoluzione e ipotizzare scenari e misure cantonali, e – solo in caso di necessità – siamo pronti ad attivare lo Stato maggiore cantonale di condotta. La Confederazione? Speriamo che non si limiti a chiedere ai cittadini misure palliative, come fare la doccia fredda anche in inverno…
Opinione pubblicata nell’edizione di giovedì 1 settembre 2022 del Corriere del Ticino