Norman Gobbi sulla petizione che chiede di cambiare la Convenzione con Roma
In questi giorni a Berna è stata presentata una petizione sottoscritta da circa 2’200 (uella!) persone per chiedere una modifica della convenzione Stato-Chiesa.
L’obiettivo è togliere la norma secondo cui il vescovo della Diocesi di Lugano deve essere scelto (dal Papa) tra i sacerdoti cittadini ticinesi. La Convenzione è del 1968, quando venne resa autonoma dalla Diocesi di Lugano, ed è sottoscritta tra la Svizzera e la Santa Sede. Per questo motivo la petizione è stata presentata al consigliere federale Ignazio Cassis e al Nunzio apostolico Martin Krebs, rappresentante di Roma in Svizzera e nel Liechtenstein. “D’accordo che la Chiesa è universale. D’accordo che i tempi cambiano. Ma non vedo assolutamente la necessità di tale modifica in questa forma”, afferma il Consigliere di Stato Norman Gobbi.
“So che non mi farò degli amici, ma – sempre a titolo personale – ritengo che togliere questa regola significhi abdicare ai tanti impegni che invece si è sempre assunta, anche come istituzione riconosciuta dalla costituzione, la Chiesa locale”. “ Il “pastore” della nostra comunità ticinese dovrebbe essere sempre espressione dell’identità della nostra realtà territoriale”, prosegue Gobbi.
“Osservo inoltre tra parentesi che il numero dei sacerdoti potenzialmente interessati potrebbe essere maggiore se i diversi preti provenienti dall’estero e incardinati nella nostra Diocesi – perfettamente integrati nella realtà ticinese – decidessero di ottenere la cittadinanza svizzera. Comunque: trovo perlomeno particolare sia il momento scelto, sia la forma della petizione. Le dimissioni improvvise del vescovo Valerio Lazzeri hanno lasciato sicuramente un grande vuoto, colmato dalla scelta del Pontefice di inviare in Ticino in qualità di amministratore apostolico il vescovo mons. Alain De Raemy e lasciando a Papa Francesco il tempo per affrontare la questione della nomina del nuovo vescovo. Chiedere di modificare ora la Convenzione con la Santa Sede sembra significare un’assenza totale in questo momento di sacerdoti ticinesi all’altezza. Se questa è la realtà rimango abbastanza sorpreso e deluso. E come me molti ticinesi. Fermo restando che la libertà di espressione è sacrosanta e che quindi anche lanciare una petizione sia un diritto riconosciuto a tutti, faccio due riflessioni: qual è la legittimità di 2’200 firme? Rispetto tutti coloro che hanno sottoscritto la petizione, ma questa cifra, considerando la facilità anche tramite internet di raggiungere un elevato numero di sottoscrittori, non mi pare così indicativa. Inoltre, seconda riflessione, penso che una simile proposta dovesse essere richiesta tuttalpiù da un vescovo in carica, non da un gruppo di persone. Persone che sicuramente hanno nobili finalità, ma che hanno scelto un momento di “debolezza istituzionale” per inserire una novità di non poco conto”, conclude il Direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi.
Articolo pubblicato nell’edizione di domenica 9 aprile 2023 de Il Mattino