Tutti noi abbiamo negli occhi le terribili immagini che, quasi quotidianamente, ci mostrano i drammatici viaggi sul mare dei migranti che tentano in ogni modo di raggiungere l’isola di Lampedusa; viaggi che purtroppo hanno spesso esiti tragici per queste persone, che vivono nell’angosciante condizione umana della fuga continua alla ricerca di una vita migliore. In Ticino siamo confrontati negli ultimi tempi con il fenomeno, meno mediatizzato ma altrettanto drammatico, relativo alle persone che sfruttano la condizione umana dei migranti per trarne un guadagno. I cosiddetti «passatori» si offrono infatti a queste persone disperate per aiutarle ad attraversare la frontiera italo-svizzera, in cambio di un pagamento monetario. L’evoluzione del numero di questi figuri è preoccupante: nel 2014 in Svizzera sono state fermate sino ad oggi oltre 200 persone sospettate di essere dei passatori, metà delle quali solo in Ticino, dove nello stesso periodo dello scorso anno le persone fermate erano solo una ventina. Un altro elemento allarmante consiste nel fatto che, se in precedenza la maggioranza dei passatori era di origine eritrea, attualmente si registrano alcuni casi anche di origine europea.
Questa tendenza ha fatto nascere il sospetto che dietro a queste attività vi siano anche diversi gruppi organizzati operanti al di fuori della legalità. Il fenomeno è quindi conosciuto in tutta la Svizzera, ma malgrado l’importante aumento registrato negli ultimi tempi, il Consiglio federale ha indicato lo scorso giugno che non vede alcuna necessità di adeguare le relative norme nella legge sugli stranieri che prevedono, per i passatori con fini di lucro, una comminatoria di pena detentiva fino a cinque anni. In questo contesto il Ticino si è subito attivato per contrastare la problematica, elaborando una strategia condivisa tra il Ministero pubblico, la Polizia cantonale e il Corpo federale delle Guardie di Confine che sta dando i suoi frutti.
Le modalità di trattamento dei casi di passatori prevedono una risposta celere e adeguata in termini di decisioni, alfine di combattere questo fenomeno in maniera incisiva. La Polizia cantonale prende difatti in consegna dalle Guardie di confine i presunti passatori fermati, in seguito, se appurati gli elementi di reato, procede con l’arresto ed eventuale sequestro del veicolo. A questo punto interviene il Procuratore pubblico che, dopo aver valutato attentamente gli atti, tenendo conto di tutte le contestazioni, può emettere un decreto d’accusa per i casi meno gravi oppure promuovere l’accusa davanti a un giudice. Questa procedura si è rilevata efficace e performante, come dimostra l’arresto dei due passatori a Brogeda il 25 settembre scorso che trasportavano nel nostro Paese otto clandestini siriani e i fermi di due giorni fa, sempre a Brogeda, di due passatori che stavano cercano di far entrare otto cittadini siriani, tra cui tre minorenni. Come direttore del Dipartimento delle istituzioni posso quindi che rassicurare i cittadini sul fatto che le nostre forze dell’ordine sono vigilanti sul territorio, pronte a contrastare questo grave fenomeno. Esse monitorano la situazione in maniera costante, in particolare poiché non è escluso che in futuro i passatori mettano in atto altri escamotage per tentare di eludere i controlli alla frontiera. Queste circostanze evidenziano l’importanza della collaborazione con le autorità internazionali, specialmente quelle italiane.
In questo ambito occorre adoperarsi per rinforzare la cooperazione tra le forze dell’ordine, potenziando in particolare lo scambio d’informazioni e le attività d’analisi e di coordinamento su scala transfrontaliera. Solo in questo modo si potrà consolidare una strategia comune per combattere a fondo le attività illegali promosse dai passatori; proteggendo inoltre i migranti che sono spesso alla mercé di ogni sopruso da parte di queste persone, pronte ad approfittare delle loro difficoltà.
Norman Gobbi, Consigliere di Stato, Direttore DI