Per il consigliere di Stato la «Cellula operativa nomadi» è sempre stata un atout importante.
Il Governo offre aree di sosta agli jenisch ma non ai gruppi stranieri di passaggio – «Vorremmo averne una permanente»
Nel Canton Ticino nell’allora 2006 è stata costituita una « Cellula operativa nomadi » composta dal segretario generale del Dipartimento delle istituzioni, un referente della Polizia cantonale e un mediatore, come modello di gestione unico in Svizzera.
La stretta collaborazione tra i referenti della «Cellula operativa nomadi » è da sempre stato un atout nella gestione delle situazioni puntuali, soprattutto durante la presenza negli anni passati dei nomadi stranieri, ovvero i rom. L’introduzione della figura di mediazione ha anche permesso alle autorità locali di venir a conoscenza dei diversi aspetti storico-culturali dei gruppi solitamente chiamati senza distinzione «zingari». Il lavoro sul terreno quale mediatrice e lo studio antropologico di Nadia Bizzini ci ha dato gli elementi per affermare che tra nomadi svizzeri (jenisch) e nomadi stranieri ( rom) le somiglianze sono unicamente legate alla scelta di vita itinerante, mentre non vi è alcuna affinità culturale, linguistica, storico-geografica e soprattutto nella maniera di interagire con le popolazioni locali.
È oltremodo importante sottolineare che dal 2002 i nomadi svizzeri sono riconosciuti come minoranza nazionale (cfr. perizia del 27 marzo 2002 dell’Ufficio federale di giustizia). Le autorità cantonali sono obbligate a fornire aree di stazionamento ai nomadi svizzeri anche in conformità con la sentenza del 28 marzo 2003 del Tribunale federale, che riconosce i diritti di praticare il nomadismo ai nomadi elvetici e promuove « la messa a disposizione di luoghi di sosta in numero sufficiente nei Cantoni, affinché i nomadi svizzeri possano condurre una vita conforme alle loro tradizioni» (Sentenza Tribunale Federale 2003). Per i nomadi stranieri, invece, la Costituzione elvetica non prevede il diritto di sosta in aree di transito in Svizzera come ribadito nella sentenza del 2019 del Tribunale federale in cui invita anche a differenziare i rom dagli jenisch appunto per evitare una discriminazione del tutto a sfavore degli jenisch.
Tale approccio abbraccia la politica del Governo ticinese, adottata già nel 2011 con la decisione di impegnarsi a garantire il soggiorno ai nomadi svizzeri in aree di sosta, ma non ai nomadi stranieri. Da qualche anno i nomadi svizzeri usufruiscono di una parte del terreno Seghezzone (quartiere di Giubiasco) come area provvisoria. L’obiettivo dei prossimi anni sarà di allestire un’area permanente, grazie alla preziosa collaborazione del Comune di Bellinzona.
Le difficoltà incontrate finora nel trovare un terreno da adibire ad area permanente per i nomadi svizzeri sono dovute alla reticenza della popolazione locale essenzialmente legata alla confusione tra gli jenisch e i rom, da cui l’importanza di informare la popolazione sulla indiscutibile differenza tra i due gruppi itineranti.
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Dal campeggio sul Ceneri al Seghezzone a Giubiasco
Le tappe: parla il segretario generale del Dipartimento istituzioni Luca Filippini.
li jenisch per diversi anni avevano a disposizione un campeggio sul Monte Ceneri, di loro gestione, finanziato dalla Fondazione Radgenossenschaft der Landstrasse e in parte sovvenzionato anche dalle autorità cantonali. Nell’ottobre del 2010 i proprietari del terreno hanno deciso di cambiarne la destinazione annullando il contratto di locazione.
Le soluzioni alternative
Da allora si sono cercate soluzioni alternative, senza esiti, fino al 2014 quando l’allora Comune di Giubiasco accolse la richiesta del Cantone di mettere a disposizione una parte del terreno Seghezzone, da anni già a disposizione della Missione evangelica zigana svizzera per un paio di settimane l’anno.
L’area è dedicata unicamente ai nomadi svizzeri ed è aperta da marzo a ottobre, come soluzione temporanea.
Nessun disagio
Nel corso di questi anni non si sono riscontrati disagi tanto che con la nascita della Grande Bellinzona, il nuovo Comune ha voluto adottare la lunga tradizione ad accogliere i nomadi svizzeri, collaborando con le autorità cantonali per trovare un terreno sul quale adibire un’area jenisch permanente.
Articoli pubblicati nell’edizione di sabato 2 ottobre 2021 del Corriere del Ticino