L’importanza di conoscere passato e presente per immaginare il futuro
Il 6 agosto 2018 veniva inaugurato il Penitenziario cantonale della Stampa a Cadro: sono dunque passati 50 anni. Il primo direttore, Annibale Rabaglio, si trovò a gestire una struttura moderna, attesa da tempo immemore e per molti versi all’avanguardia. Un carcere che nulla aveva a che fare con quanto esisteva prima: il nostro Cantone compì quel giorno un passo avanti nella civiltà. I suoi punti deboli emersero però ben presto e negli ultimi anni le riflessioni sul suo futuro si sono intensificate: da un lato, si intende correggerne i limiti imputabili all’età, dall’altro si cercherà di fornire una risposta almeno parziale al cronico problema della mancanza di spazi e della conseguente sovraoccupazione. Preoccupazioni che il Dipartimento delle istituzioni ha affrontato e affronta attraverso concrete proposte e puntuali soluzioni. Oltre alla sovraoccupazione, altri temi si sono presentati regolarmente nel corso dell’articolata storia delle carceri ticinesi: all’urgenza, ad esempio, di mantenere il giusto equilibrio tra sicurezza, espiazione della pena e reinserimento sociale, così come alle restrizioni derivate da un contesto economico che spesso ha condizionato, se non addirittura compromesso, il cambiamento. Anche la prospettata ristrutturazione del Penitenziario della Stampa non sfugge all’obbligo di ponderare con la massima attenzione ogni investimento. L’ipotesi di un nuovo carcere è stata congelata, ma non accantonata: l’idea resta d’attualità, anche se non sarà per domani. Per degnamente sottolineare questo giubileo, è stato prodotto un libro di 100 pagine, voluto fortemente dal Dipartimento delle istituzioni e redatto da Gabriele Botti, membro dello staff del Servizio di comunicazione del Consigliere di Stato Norman Gobbi. Un volume snello, di facile lettura e ricco di riferimenti storici, statistici e giornalistici, che racconta non solo le vicende legate al carcere della Stampa, ma anche il percorso compiuto dalle prigioni ticinesi a partire dall’epoca prebalivale fino ai giorni nostri. Il libro intitolato “#50, il mezzo secolo del Carcere della Stampa” – e stampato proprio dalla tipografia del penitenziario cantonale – è suddiviso in tre parti: la prima è prettamente storica (prende spunto dal volume “Carcere, carcerieri e carcerati” di Sergio Jacomella), la seconda fotografica e la terza di taglio giornalistico, con cinque interviste a cinque personalità che, ricoprendo ognuna uno specifico ruolo, ruotano attorno all’universo carcerario: il Direttore delle Strutture carcerarie cantonali, Stefano Laffranchini (“La Stampa oggi”); la Direttrice della Divisione giustizia, Frida Andreotti (“La Stampa domani”); la Responsabile dell’Ufficio dell’assistenza riabilitativa, Luisella Demartini (“Lavorare in carcere”); il Presidente dell’Ufficio del giudici dei provvedimenti coercitivi, Maurizio Albisetti Bernasconi (“Un carcere più aperto?”); il capo d’arte François Orchide (“La mia esperienza”). Il libro è introdotto dal Direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi.