Da Cdt.ch – Il 2015 è agli sgoccioli e il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi ripercorre in questa intervista concessa al Corriere del Ticino il suo anno: da cittadino, da candidato in campagna per le cantonali, da presidente e da candidato al Consiglio federale. Di tutto un po’ sui passati 12 mesi vissuti, dice lui, «come un astronauta che parte per lo spazio». Gobbi getta anche un occhio all’anno che verrà: il 2016 sarà contraddistinto dalla sfida delle finanze cantonali con la manovra da 180 milioni di franchi che giungerà in primavera. Raddrizzare le finanze è possibile o impossibile? «Si tratta di un’impresa titanica, ma non impossibile. Lo dobbiamo ai cittadini e alle future generazioni».
Fine anno, è tempo di bilanci. Tracci quello del Consiglio di Stato che presiede dal mese di aprile.
«Sono stati mesi intensi e con un’agenda politica molto ricca. È stato fondamentale definire subito le priorità della legislatura, dove spicca il risanamento finanziario volto a riequilibrare le risorse disponibili rispetto ai bisogni a cui rispondere. Un obiettivo per il quale si rende pure necessaria una revisione dei compiti dello Stato. Nella politica, come nello sport, è importante partire bene e penso che il nuovo Governo abbia cominciato con lo spirito giusto. Come presidente dell’Esecutivo ho portato alcune mie peculiarità nella gestione delle sedute: sono pragmatico e ritengo essenziale trovare delle soluzioni alle diverse questioni. I cittadini ticinesi hanno bisogno di risposte concrete».
E se dovesse dare anche la pagella al Gran Consiglio, quale sarebbe il giudizio?
«Naturalmente i primi mesi sono di “assestamento” a seguito dei rapporti di forza emersi dopo le elezioni, ma sono convinto che in futuro si troveranno più punti d’intesa per lavorare insieme per il bene della cittadinanza. Ho visto un Parlamento pronto all’ascolto e consapevole delle sfide cruciali cui il Ticino è confrontato. Sfide che in taluni casi necessitano di guardare oltre gli steccati di partito, mettendo al centro i bisogni e le preoccupazioni della popolazione. Solamente in questo modo, quando tutti gli attori “remano” nella stessa direzione, si può lavorare costruttivamente insieme per raggiungere obiettivi comuni».
A livello di Governo cosa ha funzionato alla perfezione?
«Siamo riusciti a fare gioco di squadra, a cominciare dalla definizione delle priorità di legislatura. In qualità di presidente ho giocato la mia parte cercando di creare momenti per “fare gruppo” anche fuori dalla sala del Consiglio di Stato, come i pranzi dopo le sedute oppure i momenti informali come ad esempio la visita alla sagra di San Martino».
E cosa, invece, merita qualche aggiustamento in vista del 2016?
«Riprendo nuovamente una metafora sportiva: l’importante sarà “non mollare!”. Di ostacoli sul nostro cammino ne incontreremo sicuramente molti, ma, restando uniti e continuando a fare gioco di squadra, sono certo che riusciremo ad affrontare al meglio le sfide future».
Le elezioni cantonali non hanno prodotto scossoni, solo il cambio di una persona. Cosa è mutato nei rapporti interni dalla gestione di Laura Sadis a quella di Christian Vitta?
«Ognuno naturalmente porta in Consiglio di Stato le sue peculiarità e le sue idee, come ha fatto il collega Christian Vitta in questi suoi primi mesi all’interno del Governo. Christian Vitta era in Parlamento da molti anni e conosceva quindi già molto bene i dossier importanti, a cominciare dalle questioni legate alle finanze pubbliche».
È in arrivo la manovra da 180 milioni per raddrizzare le finanze cantonali. Ma lei ci crede davvero?
«Certo. Si tratta di un’impresa titanica ma non impossibile. È giunto il momento di invertire la tendenza e di chiederci finalmente, in maniera seria e costruttiva, quali sono i compiti che lo Stato deve garantire per offrire un servizio sempre più di qualità. In questo modo si valorizzerebbe la progettualità nei diversi settori d’intervento. Lo dobbiamo ai nostri cittadini ma lo dobbiamo soprattutto alle generazioni future, sulle quali ricadranno le scelte che compiamo oggi».
Il prossimo anno sarà quello della prova del nove per la classe politica ticinese?
«Direi proprio di sì. Ci attendono sfide importanti e ognuno dovrà fare la sua parte. Solamente insieme, attraverso sforzi comuni, potremo infatti costruire il Ticino di domani su solide fondamenta. Un Ticino che oggi deve guardare in avanti con ottimismo e con la voglia di cambiare».
Veniamo al suo spirito leghista. Non teme che il vostro sposare la verve tassaiola (ad esempio con la tassa di collegamento) finirà per portare alla ribellione dei vostri elettori?
«Lo spirito e i valori della Lega sono rimasti quelli del 1991 ma naturalmente oggi alcune circostanze sono cambiate. Dal 2011 il nostro movimento ha la maggioranza relativa in Consiglio di Stato ed è quindi chiamato a prendere delle decisioni anche di Governo. In ogni caso credo che la miglior risposta siano i risultati ottenuti nelle elezioni del mese di aprile (ndr. la Lega ha ottenuto quasi il 28% dei voti), che dimostrano quanto i cittadini abbiano apprezzato il nostro lavoro all’interno dell’Esecutivo».
Ma è consapevole che non tutti i leghisti (seppur rimasti silenti) condividono la tassa sui posteggi?
«Quello che so è che il movimento in Gran Consiglio ha appoggiato compatto il progetto di Claudio Zali, dando prova di grande maturità. Naturalmente, l’unanimità su tutte le questioni è un’utopia, in politica come nella vita».
A volte la vita di un politico è appesa ad un filo che, d’un botto, diventa un cavo d’acciaio. Alla vigilia delle cantonali c’è chi la dava in difficoltà. E poi…
«Questa è la politica: una bellezza! (ndr. ride). Ogni uomo politico è cosciente dell’incertezza che regna a ogni tornata elettorale. Io ho sempre cercato di mettere al centro del mio operato progetti concreti, ascoltando le preoccupazioni dei cittadini. Penso che i 73.540 voti personali ottenuti ad aprile siano anche in questo caso la risposta migliore».
Da consigliere di Stato indicato a rischio non rielezione a candidato al Consiglio federale. Come ha vissuto gli ultimi otto mesi?
«Come un astronauta che parte per lo spazio! (ndr. ride). La vita è bella proprio perché sa regalarti nuove e inaspettate sorprese. Sono stati mesi intensi e molto stimolanti. È stato un grande onore rappresentare la Svizzera italiana nella corsa al Consiglio federale. Purtroppo, il Parlamento federale ha deciso altrimenti, ma torniamo a casa tutti più forti: è stata un’esperienza unica e arricchente».
Le bocce sono ormai ferme. Cosa le ha insegnato quell’esperienza?
«Ho avuto la possibilità di incontrare e conoscere molte persone e di confrontarmi su tantissimi temi federali e internazionali in maniera approfondita. Ho portato, in quelle settimane, la voce della Svizzera italiana, della minoranza italofona, a Berna e durante le audizioni con i gruppi parlamentari ho illustrato le peculiarità del nostro Cantone che ci rendono unici rispetto al resto della Svizzera e che richiedono soluzioni specifiche».
Alla vigilia di Natale i negoziatori italo-svizzeri hanno parafato l’accordo fiscale. Forse era meglio procedere come lei aveva indicato, ovvero ribaltare quel tavolo, punto e basta?
«Di sicuro ci sono dei punti che hanno disatteso le aspettative del Ticino, ribaditi più volte dal Governo, come ad esempio l’aver fissato il tetto massimo dell’imposizione dei lavoratori frontalieri al 70% mentre il Consiglio di Stato puntava inizialmente al 100% e in subordine all’80%. Al momento è ancora prematuro dare giudizi in merito. Ci sono alcuni elementi, come il libero accesso al mercato e la questione black list, che dovranno essere ancora approfonditi. Quando conosceremo tutti i contenuti potremo valutare la situazione e nel contempo quali eventuali misure adottare per raggiungere gli obiettivi del nostro Cantone».
A proposito di tensioni tra Ticino-Berna-Roma. Intende sospendere la richiesta del casellario giudiziario oppure no, è meglio mantenere la misura di polizia?
«Nell’ultima seduta dell’anno del Consiglio di Stato ho donato ai colleghi la “strenna natalizia” (ndr. ride). Infatti, ho portato sul tavolo del Governo il bilancio sulla misura straordinaria relativa alla richiesta dell’estratto del casellario giudiziale e del certificato dei carichi pendenti ai cittadini UE/AELS che richiedono un permesso di dimora B o di lavoratore frontaliere G. Nel documento viene illustrato l’impatto della misura dal profilo della sicurezza e dell’ordine pubblico, mettendo in evidenza i casi per i quali grazie alla misura e alla conoscenza dei precedenti penali del richiedente, si sono negati la concessione o il rinnovo del permesso. Ora il dossier è in mano ai colleghi che avranno tempo di leggerlo e di esporre le loro osservazioni nel nuovo anno».
Faccia un augurio ai ticinesi per il 2016.
«Auguro a tutte le cittadine e ai cittadini ticinesi di continuare a mantenere la voglia di crescere e di combattere per l’amore del nostro territorio».
Gianni Righinetti