Da www.ticinonews.ch
Secondo il Presidente del Consiglio di Stato non si applicherà una chiusura generalizzata in caso di seconda ondata. Si preferirà invece il controllo regionale dei focolai
In caso di una seconda ondata un lockdown generalizzato “non sarebbe sostenibile, né dal punto di vista sociale ed economico che da quello della capacità di sopportazione della popolazione”. Così sostiene Norman Gobbi, intervistato da Radio3i: “Sarà importante avere misure molto più puntuali e mirate ai gruppi a rischio, sia persone che eventi che più di altri possono diffondere il virus”, ha spiegato il Presidente del Consiglio di stato, interpellato nel merito del nuovo approccio del Consiglio federale sulla gestione della crisi sanitaria. Approccio che, secondo quanto ventilato ieri dal domenicale NZZ am Sonntag, favorirà sempre di più un approccio su base regionale, con i Cantoni in prima linea nelle decisioni. Cantoni dovrebbero quindi poter ordinare autonomamente misure necessarie, come la quarantena, evitando quindi un lockdown nazionale.
“Misure mal digerite da alcuni Cantoni”
“Lo abbiamo visto durante la prima ondata”, ha spiegato Gobbi ai colleghi della Radio, “il fatto che il virus abbia colpito in maniera più marcata alcuni cantoni o alcune regioni ha imposto per esempio al Ticino di intervenire per primi, con la Confederazione che è arrivata dopo con misure a livello nazionale. Misure che sono state mal digerite in alcuni cantoni meno toccati dal virus. Il federalismo significa dunque maggior convivenza a livello nazionale ma anche soluzioni puntuali, e in questo caso regionali, per la gestione del virus nel caso di una seconda ondata”.
L’apertura delle frontiere
Il Consigliere di Stato, durante l’intervista, si è anche espresso sull’apertura definitiva delle frontiere con l’Italia: “Credo che uno dei fattori che ha portato a ridurre la diffusione del virus sia stata anche la minor mobilità internazionale. Ovviamente quindi questa apertura mi preoccupa, l’invito è a usufruire questo aumento della mobilità ma con la consapevolezza che il virus è ancora tra di noi”