La stampa a cadenza regolare rivolge critiche contro le decisioni di espulsione o di revoca di permessi concessi a cittadini stranieri. C’è chi ritiene troppo severa la politica adottata in Ticino. “Cominciamo con il dire che le leggi che regolano la materia sono federali e al Cantone spetta l’applicazione di queste leggi – afferma il Consigliere di Stato Norman Gobbi. Ogni volta che il Tribunale federale accoglie un ricorso contro una decisione dell’Ufficio della migrazione la stampa non perde occasione per definire la prassi applicata qui da noi come troppo severa, quasi cattiva nei confronti degli stranieri. Purtroppo in questo campo vi è una generalizzazione e banalizzazione di fronte a quanto dicono gli articoli di legge. I funzionari della Sezione della popolazione devono applicare il diritto e ogni caso viene affrontato in modo rigoroso, attento. Questo vuol dire essere responsabili. Severi nel modo corretto, non “cattivi””. Anche la scorsa settimana i giornali hanno dato spazio alla notizia di un ricorso accolto dal Tribunale federale contro la decisione di espulsione di uno straniero, presente in Ticino da diversi anni e con una figlia di nazionalità svizzera. “Proprio questo caso è emblematico. Purtroppo non posso entrare nei dettagli, però al momento della decisione presa in prima istanza dai servizi del DI (nel 2016) questo cittadino aveva accumulato un debito verso lo Stato molto elevato. E la sua condotta in passato non era stata irreprensibile. Elementi che possono determinare una revoca del permesso di rimanere in Svizzera. Il Tribunale federale ha deciso di non togliere questo permesso, perché la persona in questione dopo il 2016 (quindi dopo la decisione del DI) si era messa d’impegno per trovare un nuovo posto di lavoro. Una fattispecie che può cambiare il giudizio, come effettivamente è avvenuto. Ma attenzione: pur accogliendo il ricorso il Tribunale federale ha esplicitamente scritto nella sentenza che (e cito) “se in futuro egli non si impegnasse seriamente a far fronte alla propria situazione debitoria, ricadesse di nuovo a carico dell’aiuto sociale, o dovesse addirittura delinquere, la situazione potrà essere giudicata diversamente”, ossia propendere ancora per un’espulsione, malgrado questa persona abbia una figlia di cittadinanza svizzera” sottolinea il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi. Come si può ben vedere, quindi, in questo campo le decisioni sono sempre delicate. Vi è una legge da far rispettare, vi sono possibilità di ricorso contro le decisioni prese dall’autorità di prima istanza. “Spesso si sostiene che il numero di revoche di permessi è elevato e contro le decisioni dell’ufficio vi è una miriade di ricorsi, la maggior parte dei quali accolti dall’istanza superiore. Mettiamo il campanile al centro del villaggio: nel 2019 i permessi attivi in Ticino erano 178’268 e le pratiche incamerate sempre nel 2019 erano 95’953. Le decisioni negative con termine di partenza emesso sono state 905 (di queste 93 per motivi finanziari). Ciò corrisponde allo 0.51% (0.05% per motivi finanziari) rispetto ai permessi attivi. Tanti? A me pare proprio di no! Sui ricorsi accolti o parzialmente accolti: il loro numero sulle decisioni del 2018 è stato di 48 su un totale di 421 ricorsi presentati (106 sono ancora in attesa di decisione). E per l’autorità di prima istanza ogni ricorso accolto dà modo di affinare sempre meglio la prassi da adottare nelle decisioni. Un aspetto che non viene mai tenuto in conto, ma che per i miei funzionari è sempre ben presente”, conclude il Direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi.