Polizia e Dogane bloccano i furgoni delle imprese italiane, molte le sanzioni. La crisi, le proteste delle associazioni di categoria, le pressioni politiche dei partiti conservatori.
Un’opinione pubblica disorientata anche e soprattutto a causa della difficile situazione economica. La miscela è esplosiva. Anche nel ricco Canton Ticino. E ha investito in pieno gli artigiani italiani chiamati a lavorare oltreconfine. Diventati, da tempo, il bersaglio preferito di chi addossa a fattori esterni (e, nello specifico, agli accordi di libera circolazione tra Svizzera ed Unione Europea) la congiuntura in atto nella Confederazione.
Il risultato è il controllo a tappeto, effettuato nei giorni scorsi dalla polizia cantonale nella fascia di confine del Mendrisiotto in collaborazione con le guardie di confine, le Dogane e le polizie comunali di Stabio, Mendrisio e Chiasso. Obiettivo dell’operazione, dichiarato dalle stesse autorità ticinesi, è stato «verificare l’adempimento delle condizioni legate al mercato del lavoro (notifiche) e l’osservanza delle prescrizioni doganali e della legge federale sulla circolazione stradale». Ovvero: accertare soprattutto se i cosiddetti “padroncini” fossero in regola con i permessi di lavoro.
La polizia ha quindi controllato 14 furgoni di ditte italiane. In sette casi sono state riscontrate situazioni irregolari «per quanto riguarda la legge sul lavoro». Tre veicoli, pur operando per ditte con sede in Ticino, sono risultati immatricolati in Italia e i responsabili sono stati denunciati per mancato sdoganamento.
Gli agenti del reparto del traffico hanno poi «riscontrato 22 infrazioni alla legge federale sulla circolazione stradale, di cui 6 gravi, mentre 3 persone sono state respinte per entrata abusiva in territorio svizzero».
I controlli, spiega in una nota la polizia cantonale, «in particolare quelli sul lavoro, verranno messi in atto regolarmente anche nei prossimi mesi» sempre in collaborazione con guardie di confine, dogane e polizie comunali.
Un segnale chiaro, quello che giunge dal Ticino. Un segnale che tenta di arginare l’ingresso in territorio elvetico di un numero sempre maggiore di artigiani italiani, i quali operano in regime di forte concorrenza con i colleghi d’oltreconfine. Il consigliere di Stato leghista, Norman Gobbi, titolare del dipartimento delle Istituzioni (lo stesso che controlla anche l’attività della polizia), ha commentato positivamente i controlli: «Ancora una volta – ha detto Gobbi in un comunicato – è emersa la necessità di porre un freno al fenomeno dei padroncini. Coloro che non rispettano le regole causano una concorrenza sleale nei confronti delle ditte ticinesi, favorendo anche una contrazione al ribasso dei salari e generando effetti negativi sull’occupazione locale».
Corriere di Como Online