Molti i campi d’azione toccati dalla riforma, ma oltre agli aspetti finanziari a incidere maggiormente saranno due settori sensibili: anziani e scuola
Marzio Della Santa, capo sezione Enti locali: «È il miglior compromesso politico immaginabile su un tema tanto complesso»
«Ticino 2020 è solo in apparenza un progetto tecnico. In realtà è un progetto al 100% politico. Di cultura politica di questo cantone». Marzio Della Santa, capo sezione Enti locali, ha a lungo accompagnato la riforma Cantone-Comuni. Una riforma laboriosa, che ha dovuto superare numerosi ostacoli e il cui risultato finale non soddisfa appieno le parti. Banalmente, nel corso del tempo sono stati inseriti tanti paletti che non hanno permesso il raggiungimento completo dell’obiettivo finale: chiarire e semplificare i rapporti tra i due livelli istituzionali.
Ristabilire un principio
Negli ultimi sessant’anni, il Ticino dei Comuni ha cambiato pelle, ricorda Della Santa. «Si è assistito a un progressivo trasferimento di competenze dai Comuni al Cantone». Piccoli paesi che, non sapendo come far fronte alle nuove sfide amministrative, politiche e finanziarie, chiedevano a Bellinzona di riprendere o farsi carico di determinate responsabilità. Venendo però meno al principio di equivalenza, secondo cui «se è il Cantone a decidere una determinata politica, è giusto che se ne assuma anche l’intero onere», dice il capo sezione. Detto in altre parole: chi decide, deve assumere il costo delle proprie decisioni.
La spinta aggregativa che ha attraversato da nord a sud l’intero territorio ticinese negli ultimi 20 anni – si è passati da 245 Comuni ai poco più di 100 di oggi – ha però reso evidente la necessità di rimettere ordine fra le cose. Ma oramai bisognava muoversi in una realtà nuova, con differenze sempre più crescenti fra piccoli e grandi. «Un contesto che non ha certo facilitato il raggiungimento della totalità degli obiettivi», sottolinea Della Santa. «Ma aggiungo anche che neppure il Cantone, oggi, ha le stesse libertà di ieri. Prendiamo ad esempio il settore degli anziani, regolato da una legge a livello federale. Oggi, la risposta che si cerca di dare ai bisogni della società è talmente complessa che su alcuni grossi temi – come appunto gli anziani o la scuola – la competenza è quantomeno cantonale». Ticino 2020, dunque, è un compromesso. «Il miglior compromesso politico immaginabile su un tema tanto complesso». Anche alla luce della volontà – non prevista dal progetto originale ma inserita in un secondo momento – di rendere l’intero progetto finanziariamente neutro non solo per il cittadino, bensì anche per Cantone e l’insieme dei Comuni.
Meno direzioni, ma più solide
Riassumendo all’osso: il grosso delle competenze trasferite in esclusiva dagli enti locali al Cantone, riguarda flussi finanziari. «Ma si chiede ai Comuni, su altre questioni, come l’assistenza, di giocare comunque un ruolo in termini esecutivi. Più che altro per mantenere la prossimità al cittadino», spiega il capo sezione. «I veri compiti dati ai Municipi con la riforma, riguardano gli anziani e la scuola». Due settori molto sensibili, e che toccano da vicino la popolazione. «Per quanto riguarda la politica scolastica, bisogna essere consapevoli che la competenza, oggi, è del Cantone, visti anche gli accordi Harmos», premette Della Santa. «Detto questo, con Ticino 2020 la responsabilità esecutiva rimane condivisa fra i due livelli istituzionali. Tuttavia, ciò che il Cantone ha chiesto ai Comuni è di creare degli istituti di una dimensione tale da garantire le condizioni necessarie per un’istruzione di qualità».
La proposta comprende dei requisiti minimi da rispettare, come il numero delle sezioni (7), il numero di allievi (150) e il numero di abitanti serviti dal comprensorio (2.500). Se almeno due di questi criteri sono rispettati, allora verrà concessa la possibilità di disporre di un istituto scolastico comunale. È verosimile, quindi, che in futuro ci saranno meno istituti sul territorio cantonale, una cinquantina in tutto. «Ma ciò non si tradurrà necessariamente con meno sedi scolastiche », evidenzia Della Santa. «Il Comune inteso come autorità politica potrà infatti determinarsi a livello di localizzazione delle sedi scolastiche che fanno parte di quell’istituto». In pratica, verranno raggruppateuna o più sedi in comprensori più ampi. Cambierà dunque la mappa organizzativa. «Avremo meno direzioni, ma più solide. Scompariranno le forme consortili: i tre consorzi oggi esistenti in Ticino sono destinati a estinguersi, a vantaggio dei comuni-sede che potranno stabilire delle convenzioni con i paesi della zona.
Di conseguenza, all’interno del nuovo istituto bisognerà chiarire come ripartire i costi. Un Comune convenzionato, avendo i numeri, può anche decidere di mantenere aperta una sede anche quando razionalmente converrebbe centralizzare ». Tanto farà la coerenza politica dei Municipi, i quali dovranno riuscire nell’esercizio di equilibrare le finanze e l’attrattività del Comune. «In alcuni comprensori sarà necessario un vero dibattito locale sul tema», rileva Della Santa. «Per alcuni Comuni periferici il mantenimento di una sede scolastica non è solo una questione di attrattività, ma di sopravvivenza. Ciò detto, non si può sacrificare a oltranza la corretta istruzione degli adulti di domani. La comunità locale deve trovare il giusto equilibrio ».
Sei comprensori regionali
L’altro ambito sensibile toccato dalla riforma Ticino 2020 è il settore degli anziani. Un settore che, visti i dati sull’invecchiamento della popolazione, vedrà fortemente aumentare i bisogni. Non potendo modificare la chiave di riparto per garantire l’obiettivo di neutralità (i costi rimarranno all’80% a carico dei Comuni, mentre il Cantone continuerà a coprire il rimanente 20%, ndr), per il principio di equivalenza abbiamo voluto riconoscere maggiore autonomia decisionale ai Municipi». Il tutto si è tradotto nella creazione di 6 comprensori regionali (Mendrisiotto, Luganese, Malcantone e Vedeggio, Bellinzonese, Tre Valli e Locarnese e Valli) e di altrettante commissioni regionali, che dovranno discutere e decidere, per esempio, come ottimizzare l’offerta sul proprio territorio. «Sarà fondamentale, a questo proposito, la messa in rete delle strutture sociosanitarie comunali e private», spiega Della Santa. «Attraverso queste entità regionali, si è dunque voluto dare maggiore autonomia e responsabilità esecutiva ai Comuni ». Con la semplificazione e il raggruppamento degli attori attivi in questo settore, si creano le premesse per scongiurare il rischio di frammentazione, che avrebbe potuto pregiudicare il raggiungimento pieno degli obiettivi – molto importanti – della Pianificazione integrata 2021-2030.
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I prossimi passi
Durante l’estate arriveranno i dettagli
Misurare l’impatto
Giovedì sera, con l’ultimo appuntamento di Locarno, si sono concluse le quattro serate di presentazione del progetto ai Municipi. Successivamente, durante il mese di luglio, arriveranno – per ogni singolo Comune – i risultati dettagliati dell’impatto della riforma.
In vigore nel 2025
Una volta inviata tutta la documentazione, si aprirà la fase di consultazione, che si concluderà nel mese di ottobre.
I Comuni saranno chiamati a esprimersi sulla totalità del progetto Ticino 2020, non sulle singole aree toccate dalla riforma. Una volta valutate le proposte e le osservazioni, il Governo licenzierà il messaggio al Parlamento (la data prevista è aprile 2024). Il progetto, nelle intenzioni del Dipartimento delle Istituzioni, dovrebbe entrare in vigore a partire dal gennaio 2025.
Articolo pubblicato nell’edizione di sabato 3 giugno 2023 del Corriere del Ticino