Il Gran Consiglio rifiuta di renderli referendabili. Tutto il dibattito in Gran Consiglio sul moltiplicatore d’imposta comunale, la cui competenza è stata trasferita dai municipi ai legislativi locali in virtù di una sentenza del tribunale amministrativo cantonale, ha riguardato l’opportunità di introdurre il referendum facoltativo.
“In altri cantoni si può”
Alla fine ha prevalso lo schieramento contrario, quello trasversale PLR-Lega-PS con 56 voti contro 20 (PPD, UDC, Verdi, MPS) e 2 astenuti. Scarso seguito ha avuto la posizione mediana del Consiglio di Stato, difesa da Norman Gobbi e favorevole a delegare ai Municipi la facoltà di rendere referendabile la materia. Per la minoranza non si deve avere paura di estendere i diritti democratici. Alex Pedrazzini ha ricordato che la maggior parte dei cantoni prevede il referendum (“non è reato lanciarne uno sul moltiplicatore a Roveredo o a Grono”) e lasciare la scelta ai singoli comuni “è un oregiattata”. Greta Gysin ha invece criticato l’argomento secondo cui si tratta di una decisione “troppo delicata per essere lasciata al popolo”.
“Scelta la prudenza”
Sull’altro fronte, per il plr Franco Celio si vuole far passare “una mentalità da paese dei balocchi” in base alla quale se un comune non riuscisse a far fronte ai propri oneri finanziari in base a una scelta popolare sarebbe chiamato alla cassa il Cantone, vale a dire gli altri contribuenti ticinesi. Per Daniele Caverzasio (Lega) il rispetto dei diritti democratici è garantito dall’intervento dei legislativi comunali mentre per il socialista Bruno Cereghetti già ora non tutte le decisioni comunali sono referendabili (preventivi di comune e municipalizzate, fabbisogno coperto da imposte).
Occorre insomma “essere un attimo prudenti”, lasciando aperta la possibilità di un “riesame in un secondo tempo”. Da parte sua il Governo si è riservato la facoltà di aderire alla decisione parlamentare entro domani.
Leonardo Spagnoli, RSI (foto ti-press)