Nuova prassi dal 1. aprile 2012. L’UFM reagisce alle richieste dei Cantoni e applica conseguentemente il diritto.
Da oggi inizia la nuova prassi dell’Ufficio federale della migrazione UFM per la gestione dei cosiddetti “casi Dublino”, ossia di quei richiedenti che hanno già depositato una domanda d’asilo in un Paese che ha sottoscritto l’accordo internazionale e che ha già interposto almeno una volta una domanda ai centri di registrazione e procedura d’asilo svizzeri.
Una notizia positiva. Il sistema e la prassi in vigore fino a ieri era assurda e frustrante per le autorità, poiché permetteva l’abuso di diritto, generando costi amministrativi, dispendio di risorse e la non soluzione dei casi palesi, la cui domanda d’asilo non sarebbe mai stata accettata. Una prassi che applica in maniera chiara e sistematica quanto previsto dall’accordo di Dublino, soltanto che sinora l’estremo buonismo l’aveva vanificato.
Si tratta di affrontare un fenomeno, quello delle domande multiple d’asilo depositate da uno stesso richiedente, che genera frustrazione nei collaboratori e nelle autorità competenti, come hanno affermato la CF Simonetta Sommaruga e il capo dell’UFM Mario Gattiker. L’umiliazione nasce dall’assurdità del sistema sinora perpetuato, dove l’assenza di diritto all’asilo generava ripetutamente il diritto di restare per oltre 90 giorni in Svizzera a spese delle comunità.
Una distorsione del diritto, che ha creato situazioni in cui lo stesso richiedente espulso una volta respinta la sua domanda d’asilo, si ripresentava al confine dopo sole 72 ore presentando una nuova domanda d’asilo, che seguiva di nuovo l’intero iter. Questo eccesso di formalismo e di legalismo viene oggi corretto, applicando le norme in maniera conseguente e quindi nessuna ripetizione di procedure, costi e alloggio per coloro la cui domanda è stata respinta e cresciuta in giudicato. Sì, perché spesso le richieste respinte seguono un nuovo iter giudiziario, grazie agli avvocati di associazioni umanitarie che impugnano le decisioni amministrative davanti ai tribunali. Con il risultato che la permanenza di queste persone nel nostro Paese venga allungata.
Da oggi la Confederazione, con l’appoggio dei Cantoni, applicherà una nuova prassi che eviterà la distorsione del sistema e l’abuso di diritto generalizzato. I “casi Dublino” saranno trattati in maniera separata e le domande multiple evitate, con beneficio delle procedure ordinarie, dell’ottimizzazione di risorse e tempi per l’evasione delle pratiche. Il fatto che la Svizzera sia il quarto Paese europeo per numero di domande presentate ogni 1000 abitanti dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, di quanto sia attrattivo il nostro sistema, che con questa nuova prassi si vuole correggere almeno in parte. L’auspicio è infatti di eliminare casi come il seguente: un richiedente l’asilo in via d’espulsione dalla Svizzera verso l’Italia ha affermato, “lascio qui tutte le mi cose, perché tanto tra 3 giorni sono di ritorno!”.
I Cantoni sono però preoccupati. Si tratta infatti di gestire questi “casi Dublino”, per i quali sarà emessa una decisione di soggiorno illegale, con conseguente fermo. La mancanza di posti per gli arresti amministrativi, obbliga la Confederazione a trovare luoghi adeguati per la loro gestione, e si pensa alle strutture militari che saranno gestite dalle stesse autorità federali dell’UFM. In Ticino al momento le uniche strutture che rientrano in considerazione, sono ubicate in alta montagna.
Notizie positive che, in conclusione, seguiremo con attenzione al fine di evitare che sul nostro territorio vi sia un aumento di presenze illegali.
NORMAN GOBBI, CdS