Norman Gobbi e le accuse infondate di tortura nei centri per richiedenti l’asilo
Nessuna violenza sistematica da parte delle agenzie private incaricate della sicurezza all’interno dei centri di registrazione per richiedenti l’asilo. È questa la conclusione a cui giunge un rapporto fatto commissionare dalla Segreteria di stato della migrazione (SEM), dopo che Amnesty international in primavera aveva accusato addirittura di tortura e di altri abusi dei diritti gli agenti che sono incaricati di garantire la sicurezza all’interno dei centri. “La SEM ha fatto bene ad approfondire le denunce, giunte da centri della Svizzera interna. E le conclusioni dell’inchiesta condotta da un ex giudice federale sconfessano le accuse di Amnesty international” – afferma il Consigliere di Stato Norman Gobbi. “Che vi siano singoli momenti di tensione, ma anche episodi di violenza all’interno dei centri mi sembra più che plausibile. Basterebbe vivere alcune giornate all’interno di questi centri per rendersi conto del potenziale rischio. Infatti alcune persone con comportamenti e atteggiamenti pericolosi tra le diverse etnie ospitate ci sono ed è ridicolo se si pensasse il contrario. Se fosse tutto rose e fiori non ci sarebbe la necessità di avere un sistema di sicurezza. Le autorità preposte sanno benissimo qual è il contesto. Chiudere gli occhi davanti all’evidenza è molto pericoloso!”.
Spesso le cronache riportano anche di comportamenti violenti degli stessi richiedenti l’asilo. “Ne sa qualcosa la gente di Chiasso – chiarisce Norman Gobbi – spesso confrontata con atti di vandalismo, piccoli furti e altro ancora. È importante quindi avere la capacità di contenere certe situazioni, di far calmare gli animi. Un lavoro difficile e pericoloso al tempo stesso. Per questo tutte le persone che lavorano in questi centri hanno la mia solidarietà ed è per questo che agli agenti di sicurezza qui in Ticino oggi si chiede una formazione supplementare, introdotta grazie alla nuova legge cantonale che regola le attività delle agenzie di sicurezza private. Come detto, coloro che non considerano i potenziali e reali rischi all’interno (e a volte all’esterno) dei centri negano l’evidenza. E arrecano un danno e un pericolo vero a tutto il sistema creato per la registrazione di chi chiede asilo. Non si deve generalizzare. Questo è un fatto. Ma anche chi crede che non vi siano persone pericolose – soprattutto se in preda ai fumi dell’alcol o alle conseguenze degli stupefacenti – crea un’altra e ancora più dannosa generalizzazione”, sottolinea il Direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi.
“Le conclusioni dell’ex giudice federale Oberholzer dovrebbero cancellare quei sospetti nati a causa di alcuni episodi denunciati. Vedere la realtà da tutte le prospettive è utile per capire come stanno le cose. Nel settore dell’asilo spesso ho l’impressione che alcune prospettive vengano ignorate – non so se volutamente – per dar contro alle istituzioni. Non è il sistema migliore per gestire questo delicato fenomeno, che tocca tutte le nazioni europee”, conclude Norman Gobbi.