Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 9 gennaio 2018 del Corriere del Ticino
Il Dipartimento delle istituzioni scende in campo con un progetto per contrastare la radicalizzazione Norman Gobbi: «Minaccia vigliacca che va affrontata su più fronti, dalla prevenzione alla repressione»
Prevenire la minaccia terroristica e contrastare la radicalizzazione. Questo l’obiettivo della Confederazione che, ad inizio dicembre, aveva presentato il piano d’azione nazionale sollecitando i Cantoni ad attivarsi per arginare il fenomeno. Una richiesta alla quale il Ticino subito ha risposto presente: oggi, sul tavolo del Consiglio di Stato approderà un progetto elaborato dal Dipartimento delle istituzioni per dare vita a un portale per la prevenzione contro la radicalizzazione e gli estremismi violenti in Ticino. Ma per combattere un fenomeno complesso come quello del proselitismo, è sufficiente rispondere con un sito internet? «Bisogna affrontare la minaccia terroristica su più fronti, dall’uso repressivo della forza, alla prevenzione e sensibilizzazione» spiega al Corriere del Ticino il direttore delle Istituzioni Norman Gobbi , che aggiunge: «Ci troviamo di fronte a una minaccia vigliacca. I terroristi agiscono colpendo le nostre comunità al cuore, laddove si svolge la vita di tutti i giorni. Anche se il nostro territorio attualmente non risulta essere tra gli obiettivi delle organizzazioni terroristiche non possiamo rimanere con le mani in mano. L’esperienza ci insegna che il processo d’integrazione dei cittadini in arrivo da noi resta uno degli strumenti più efficaci per contrastare la radicalizzazione e prevenire la minaccia terroristica».
Il cittadino in prima linea
Una volta ottenuto il via libera dall’Esecutivo, il progetto pilota durerà due anni (2018-2019) durante i quali un gruppo di esperti – supportato dal Centro intercantonale d’informazione sulle credenze religiose di Ginevra – svilupperà il sito internet che sarà rivolto agli addetti ai lavori ma anche ai cittadini. Ai primi permetterà di «fare rete», confrontandosi e scambiando consigli per risolvere i casi. Mentre per la parte rivolta al pubblico – inteso non solo come singoli cittadini ma anche come ambiente scolastico ed autorità di protezione – il portale consentirà di trovare informazioni utili, ma anche di poter segnalare eventuali situazioni sospette. Avvisi questi che, per evitare una caccia alle streghe, verranno debitamente analizzati dalle autorità. «Dopo una serie di misure di polizia si tratta del primo tassello concreto e “demilitarizzato” portato avanti dall’autorità cantonale». Ancora in una fase iniziale, il progetto (al quale prenderanno parte anche il DSS e il DECS), rappresenta un ulteriore tassello nella lotta al radicalismo. Come ricorda il nostro interlocutore, «negli scorsi mesi il Consiglio di Stato rispondendo a una consultazione federale ha chiesto a Berna, su proposta del mio dipartimento, di valutare l’inasprimento delle pene per i reclutatori che cercano adepti da radicalizzare». Ma non solo. Se il 2017 è stato segnato, tra l’altro, dall’azione di sensibilizzazione rivolta ai Comuni per evitare la distribuzione del Corano nelle piazze, nel 2018 «i servizi del mio dipartimento valuteranno l’introduzione di una serie di misure per intensificare la collaborazione con i Comuni – penso in particolar modo alle Città del nostro cantone – con l’obiettivo di migliorare ulteriormente il presidio del nostro territorio», precisa Gobbi. Per valutare l’efficacia del portale infine, è previsto che la direzione presenti al Governo un rapporto di attività annuale.
I servizi segreti svizzeri
Ma il tema delle infiltrazioni di stampo terroristico in Ticino e in Svizzera è stato ripreso anche dal quotidiano romando Le Temps. In particolare, negli scorsi giorni il sito del quotidiano riportava come, fino al 2001, il nostro cantone e la località di Campione d’Italia fossero serviti di base ai Fratelli musulmani. Tali informazioni sarebbero emerse da un’indagine che i Servizi segreti svizzeri stanno conducendo in merito a presunte reti islamiche presenti sul territorio nazionale. Ma allora, dobbiamo preoccuparci? «La certezza che attacchi di questa portata non possano toccare anche noi purtroppo non l’abbiamo – conclude Gobbi – non siamo immuni dagli attentati terroristici come non lo eravamo in passato: ripenso agli anni Settanta e Ottanta, quando l’Italia viveva quelli che sono ricordati come “gli anni di piombo” caratterizzati dal terrorismo di matrice politica. Quello che però non dobbiamo fare è cedere alla paura, come vorrebbero i movimenti radicalizzati che commettono questi atti vili e violenti».