Servizio all’interno dell’edizione di venerdì 13 luglio 2018 de Il Quotidiano
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Articolo pubblicato nell’edizione di sabato 14 luglio 2018 de La Regione
Da Aeschlimann (Hcl) e Lombardi (Hcap) soddisfazione per la scelta di non identificare tutti i tifosi ma solo gli ospiti.
Nessuna schedatura in entrata per i tifosi locali di hockey su ghiaccio e calcio, nessun obbligo per le società di dotarsi di sistemi informatici che registrino alle casse i volti delle persone come inizialmente ventilato. La soluzione tracciata ieri dal Dipartimento istituzioni per evitare che si ripetano incidenti e tafferugli, come quelli accaduti alla Valascia e alla Resega, è ‘soft’ e, per certi versi, pedagogica. Se da una parte le piste di Ambrì Piotta e Hockey Club Lugano dovranno ‘‘attrezzarsi entro marzo 2019 di sistemi per identificare i tifosi dei settori ospiti’’, ai sodalizi sportivi non vengono date direttive particolari su come provvedere. Nessun obbligo dall’alto insomma, nessuna direttiva ‘ad hoc’. «È una soluzione evidentemente di compromesso – annota interpellato dalla ‘Regione’ Norman Gobbi, direttore del Di –, ora starà ai club attivarsi. La nostra decisione è anche un gesto di fiducia nei loro confronti». Fiducia che però dovrà avere riscontri, «perché sennò le prime ipotesi formulate potrebbero tornare in campo». Ma c’è ottimismo, anche perché, rileva Gobbi, «è anche nel loro interesse evitare che le piste vengano viste da parte dei tifosi come luoghi insicuri, e che quindi smettano di vedere le partite dal vivo nonostante la passione». Se situazioni come quelle post Ambrì Piotta-Losanna si dovessero ripetere, insomma, a essere danneggiati in primis sarebbero i club secondo il direttore delle Istituzioni, «perché ciò porterebbe famiglie con bambini, o coloro che amano lo sport, a rimanere distanti dagli stadi creando un danno economico ai club». Il monitoraggio, leggasi identificazione facciale, dei settori ospiti, d’accordo. Ma nel frattempo? «Quello che chiediamo alle società è di sedersi subito a un tavolo assieme alla Polizia cantonale per valutare gli accorgimenti migliori» spiega Gobbi. La decisione del Di è «valutata abbastanza positivamente» da Filippo Lombardi, presidente dell’Hcap, «ma ci riserviamo, negli incontri che terremo nei prossimi mesi, di discutere col Dipartimento e le forze di polizia». Per Lombardi «era importante che non ci fossero controlli per i settori dei nostri tifosi, sia per i costi sia per l’effetto deterrente che avrebbe un provvedimento simile sul venire o meno alla pista a vedere la partita. Constatiamo con piacere che si sia presa una strada diversa».«Si va nella giusta direzione» per Jean-Jacques Aeschlimann, direttore generale dell’Hcl. Vale a dire «quella della collaborazione, perché Gobbi ha accolto alcune delle nostre perplessità. Noi, ovviamente, siamo pronti a fare la nostra parte». Alcuni punti interrogativi certo rimangono, «soprattutto su chi finanzierà il tutto. A inizio agosto avremo una riunione del nostro Cda, e arriveremo agli incontri con istituzioni e Polizia cantonale con una posizione ufficiale». Per Aeschlimann, ad ogni modo, è importante che «il Dipartimento istituzioni abbia mostrato un’apprezzabile capacità di ascolto».
‘La sicurezza? Tra 20 e 30mila franchi a partita’
Se per l’hockey ci sono quindi cambiamenti all’orizzonte, all’Fc Lugano «abbiamo chiesto di attivarsi presso l’Associazione svizzera di calcio per trovare una soluzione sul come evitare disordini prima, durante e dopo le partite a rischio» afferma Norman Gobbi. Niente riconoscimento facciale quindi, né identificazione alle entrate. Con un avviso neanche tanto velato, però. ‘‘Se la situazione non migliorasse – scrive infatti il Dipartimento istituzioni – ci riserveremo di tornare sulla richiesta di dotare anche lo stadio di Cornaredo di un sistema di identificazione dei tifosi nel settore ospiti’’. Di più. ‘‘In assenza di significativi miglioramenti, il Dipartimento potrà decidere di aumentare sensibilmente gli importi a carico dell’Fc Lugano per il mantenimento dell’ordine pubblico in occasione delle partite a rischio’’. Costi già alti, dato che «ogni partita per la sicurezza spendiamo tra i 20 e i 30mila franchi» risponde da noi interpellato Michele Campana, direttore generale dell’Fc Lugano. «Ci invitano a discutere con le autorità e la Swiss football league per individuare possibili miglioramenti al più presto – continua Campana – e noi sicuramente lo faremo. Siamo disposti a rimettere in discussione la situazione attuale, ma penso che non ce ne siano tante di più efficienti, anzi. Però siamo a disposizione».
Articolo pubblicato nell’edizione di sabato 14 luglio del Corriere del Ticino
Tifosi: il giro di vite soft convince a metà
Il Dipartimento delle istituzioni corregge il tiro e punta a controlli d’identità solo nel settore ospiti delle piste di hockey Ancora scettici i club – Aeschlimann: «Infelice il termine a marzo» – Lombardi: «Disparità di trattamento con il calcio»
Il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi lo definisce «un compromesso», le società sportive coinvolte e la Città di Lugano continuano però a storcere il naso. Per arginare gli episodi di violenza negli stadi ticinesi le autorità cantonali ritengono necessari degli interventi, anche infrastrutturali. Ma se alla luce degli scontri avvenuti alla Valascia il 14 gennaio scorso tra gli ultras biancoblù e quelli del Losanna il consigliere di Stato aveva inizialmente proposto l’introduzione di controlli d’identità generalizzati all’entrata di piste e stadi, ieri a Comuni e club è stata annunciata una parziale retromarcia. «È confermata – in particolare – la richiesta che le piste di ghiaccio Valascia e Cornèr Arena siano attrezzate – entro il mese di marzo 2019 – di dispositivi per l’identificazione facciale dei tifosi nel settore ospiti» fanno sapere le Istituzioni. Il provvedimento non riguarderà dunque Curva Sud e Curva Nord e nemmeno il pubblico delle tribune.
Risparmiato dalla misura sarà anche Cornaredo. «È stato chiesto al FC Lugano di attivarsi nei confronti dell’Associazione svizzera di calcio (ASF) per contenere significativamente i disordini a margine delle partite considerate a rischio. Una richiesta analoga sarà inoltrata all’ASF dal Dipartimento, in accordo con il Dicastero sicurezza e spazi urbani della Città di Lugano». Detto ciò, le Istituzioni precisano che se la situazione non migliorasse, «il Dipartimento si riserva di ritornare sulla richiesta di dotare anche lo stadio Cornaredo di un sistema di identificazione dei tifosi nel settore ospiti». Da noi contattato, Gobbi spiega le ragioni alla base di questo giro di vite soft: «Si tratta di un atto di fiducia nei confronti delle società sportive, alle quali è stato richiesto uno sforzo minore rispetto a quanto ipotizzato inizialmente. Una fiducia che dovrà essere confermata nei fatti, altrimenti saranno da rivedere le misure di sicurezza all’interno degli stadi. In ogni caso – aggiunge – si vuole andare nella direzione di una maggiore responsabilizzazione dei club sul fronte della sicurezza. Mi auguro che questa proposta di compromesso possa trovare l’adesione e la comprensione da parte delle società, che penso abbiano capito che sulla sicurezza non si scherza, visti i possibili pericoli che anche una partita considerata tranquilla può causare».
Badaracco: «Il Cantone contribuisca»
Fin qui la visione dipartimentale. Le società tuttavia condividono solo in parte. «Da subito abbiamo garantito la nostra collaborazione, chiedendo però misure adeguate per risolvere un problema che nessuno nega» indica il managing director dell’HC Lugano Jean-Jacques Aeschlimann. In tal senso, aggiunge, «siamo soddisfatti che Gobbi abbia corretto il tiro». La soluzione ora sul tavolo «è una base sulla quale si può discutere, anche se vi sono alcuni aspetti problematici». Quali? «Il termine di fine marzo per attrezzarsi del sistema d’identificazione non è ideale. Probabilmente si sarebbe in pieni playoff ma – a livello operativo – implementare un dispositivo simile creerebbe qualche grattacapo anche a stagione in corso». C’è poi un altro aspetto sul quale Aeschlimann pone l’accento: «Dotarsi di un sistema di controllo facciale rischia di richiedere dei lavori infrastrutturali, anche perché solo un apparecchio non sarebbe sufficiente per gestire centinaia di tifosi. Bisogna dunque capire se la Città di Lugano, proprietaria della pista, è disposta ad assumersi i relativi oneri. Un dispositivo simile costa attorno ai 30.000 franchi». Abbiamo girato direttamente l’interrogativo al responsabile del Dicastero cultura, sport ed eventi Roberto Badaracco: «Sarò molto chiaro: la Città non è disponibile a farsi carico da sola di altri investimenti». In questo quadro Badaracco critica dunque le indicazioni giunte da Bellinzona: «Il Dipartimento impone delle misure, ma vuole che siano gli altri ad assumersene i costi. Così non va bene. Nei prossimi mesi sarà necessario tornare a sedersi attorno a un tavolo e definire una chiave di riparto alla quale partecipi anche il Cantone». E dello stesso avviso si dice anche il presidente dell’Ambrì Piotta Filippo Lombardi: «C’è soddisfazione poiché rispetto ai preannunci ultimativi degli scorsi mesi ora non si avanza un giudizio definitivo e si ragiona su misure applicabili. Siamo pronti al dialogo, ma sicuramente vi sono alcuni punti sui quali bisognerà avviare nuove discussioni. Penso al timing di fine marzo e al finanziamento del sistema di controllo richiesto». Non solo. Lombardi non nasconde la propria «perplessità» per «la disparità di trattamento tra hockey e calcio. E questo quando è appurato che la sicurezza durante i match di calcio comporta delle spese per singolo spettatore di sette volte superiori a quelle hockeistiche». Nonostante il parziale sconto delle Istituzioni, a regnare in casa FC Lugano non è comunque l’entusiasmo. «Non si capisce quale sia l’obiettivo delle autorità: diminuire i costi o aumentare il controllo dei tifosi?» rileva il direttore generale Michele Campana. Per poi aggiungere: «Noi di margini sul piano logistico e strutturale non ne abbiamo. Già oggi per le partite a rischio spendiamo 30.000 franchi in sicurezza. Accoglieremo però l’invito a farci avanti con l’ASF, anche se rimaniamo perplessi sull’utilità di questa mossa. Il motivo? Per l’accoglienza delle tifoserie ospiti l’ASF promuove le trasferte organizzate, con treni speciali e cortei. E ciò proprio per permettere alle forze dell’ordine di monitorare nel suo insieme i tifosi. Ora – se la volontà è questa – si può anche proibire questo genere di organizzazione. Ma mi chiedo se vi sarebbero più vantaggi o svantaggi».