È con piacere che ho accolto l’invito del presidente Franco Ambrosetti e del direttore Luca Albertoni ad intervenire alla 94esima assemblea generale ordinaria della Camera di commercio ticinese, proprio perché nei mesi antecedenti la mia elezione nel governo cantonale, abbiamo potuto più volte confrontarci e condividere esperienze a difesa della nostra economia ticinese.
Penso in particolare al monitoraggio e alla segnalazione fatta sulle ricadute negative per le aziende ticinesi, ma anche italiane, a seguito dell’inserimento nelle blacklist della Svizzera da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Situazioni ancora irrisolte, ma che sembrerebbe – a seguito di personali contatti con il presidente della commissione bilancio della Camera – possano risolversi in tempi brevi.
L’economia svizzera deve il suo elevato standard di sviluppo al sistema liberale, alla stabilità politica e all’interdipendenza con le economie estere, ma anche alla sicurezza offerta nel nostro Paese e alla certezza del diritto garantito dalle Istituzioni elvetiche.
Il mio intervento verterà su questi due ultimi aspetti, poiché sono elementi che diverranno nei prossimi tempi sempre più di attualità, dato purtroppo per certo il perdurare della crisi economica e finanziaria a livello mondiale.
In ambito di crisi degli Stati, non appaiono segnali positivi all’orizzonte europeo e in particolar modo mediterraneo. La Grecia, nonostante le misure di bailout e salvataggio adottate da Unione Europea UE, Banca Centrale Europea BCE e Fondo Monetario Internazionale FMI, sembra non uscire dal vortice inarrestabile che porta verso il suo default. Quella greca è una situazione originata da anni di dati economici e finanziari eufemisticamente discordanti rispetto alla realtà, dati che hanno tra l’altro permesso allo Stato ellenico di entrare nell’unione monetaria europea. Una situazione che palesa la difficoltà di operare in ambito di gestione delle finanze pubbliche con medesimi strumenti e misure dalla Scandinavia al Mediterraneo, poiché le differenze culturali – anche per rapporto al “senso dello Stato” – è volubile da Stoccolma ad Atene. Tanto che è incomprensibile il scendere in piazza per chiedere soldi ad un governo prossimo alla bancarotta; esperienze nell’Europa orientale, Sud America e Asia hanno dimostrato in passato come Paesi in default abbiano ridotto a breve il loro deficit, perché semplicemente potevano spendere unicamente quanto incassavano e hanno permesso risparmi inattesi.
Ovviamente questa situazione di “incasso 1 franco e spendo 1 franco”, laddove l’evasione fiscale è diffusa se non sistemica, ha delle conseguenze importanti sulla popolazione, che ha per lungo tempo beneficiato di un sistema sociale sciancato. Questa sofferenza popolare imposta da tagli sistematici dovuti alla crisi finanziaria statale, unita ad una crisi economica e alla mancanza di ripresa nell’occupazione, porta inesorabilmente ad una crisi sociale.
Crisi economica, crisi finanziaria e crisi sociale. Queste le aspettative per il nostro Continente? I segnali sulla capacità di contenere il debito pubblico negli Stati PIIGs, ma anche l’allentamento della crescita e l’aumento dell’inflazione negli Stati BRICs, non permettono di guardare al futuro con tranquillità. Quest’orizzonte globale ci serve per meglio comprendere le conseguenze a livello locale, ma soprattutto le possibili minacce cui il nostro Paese potrebbe essere confrontato.
Senza essere catastrofisti, in Europa le crisi -che da finanziarie stanno diventando sociali ¬potrebbero portare ad un periodo di instabilità in ambito di sicurezza. Gli esempi li abbiamo già avuti nel recente passato: gli attacchi bomba alle sedi diplomatiche elvetiche in Grecia, le manifestazioni violente sui cantieri della TAV in Val di Susa, la degenerazione violenta e terroristica delle manifestazione romana degli Indignados. Tutto questo a pochi chilometri dal Ticino e dalla piazza finanziaria di Lugano.
Ricordo ancora il clamore sollevato dalla cartina elaborata dal Capo dell’Esercito Blattmann, indicante le possibili minacce e gli eventuali scenari cui la Svizzera potrebbe essere sottoposta. Era il marzo 2010 durante la seduta della Commissione Sicurezza del Consiglio Nazionale; André Blattmann espose la cartina, indicando che Paesi a noi vicini (Italia, Francia, Spagna, Portogallo) erano a rischio di crisi, così come vi erano potenziali centri di conflitti sociali e militari in Nord Africa ed Europa.
Questi scenari allora solo ipotetici oggi si rivelano essere una realtà, cui l’Europa, la Svizzera e il Ticino sono confrontati. Basti pensare ai flussi migratori e ai clandestini in provenienza dal Nord Africa verso l’Europa, con conseguenti problemi di ordine pubblico locale in Ticino, al quale si accompagna un notevole impiego di forze d’intervento comunali, cantonali e federali. La sostanziale tenuta della nostra economia e dei redditi renderà il Ticino ancor più bersaglio della criminalità transfrontaliera, con furti e rapine; segnalo a questo riguardo che il Dipartimento delle istituzioni ha recentemente messo in atto un dispositivo comune mobile condotto dalla polizia cantonale, con il supporto del Corpo Guardie di Confine federale CGCF e della polizie comunali, a sorveglianza dei Comuni di confine del Mendrisiotto e del Luganese. Possibili risvolti di instabilità sociale vicini a noi potrebbero riportare d’attualità scenari vissuti negli anni Settanta, con il brigatismo o meglio terrorismo interno, in cui il Ticino purtroppo ha talvolta funto da base per il suo finanziamento e suo armamento, e da nascondiglio per alcuni suoi elementi.
Più presente, seppur difficile da percepire, è invece l’entratura della criminalità organizzata italiana e balcanica nei nostri territori; lo Stato deve qui vigilare affinché nel nostro territorio non si consolidino attività di riciclaggio, finanziamento delle organizzazioni mafiose e copertura di capiclan. In questo senso, la presenza in Ticino delle antenne della Polizia federale e della Procura federale, nonché del Centro di collaborazione di polizia e dogana di Chiasso, sono sinonimi di impegno dell’autorità federale e cantonale nella lotta alla criminalità transfrontaliera. Una collaborazione stretta tra i due livelli istituzionali che porta ad essere maggiormente incisivi, grazie anche all’operatività interforze tra Polizia cantonale, Guardie di Confine e Polizia federale.
La sicurezza è quindi un elemento centrale per la stabilità del nostro Paese, in cui lo Stato si impegna in prima persona con mezzi, risorse e uomini al fronte. Un valore per la nostra economia e una garanzia per il suo funzionamento, che si vogliono mantenere dinamici e sottoposti unicamente a controlli necessari.
Unitamente alla sicurezza, uno dei valori a garanzia della nostra economia è la certezza del diritto. Le istituzioni elvetiche hanno sempre assunto l’atteggiamento del montanaro, che con il suo incedere lento ma sicuro gli permette di raggiungere anche i pascoli più inerpicati, così come di superare momenti di affaticamento o cedimento. In questo senso, la certezza del diritto in Svizzera è un bene dato per assunto, va tuttavia considerata e salvaguardata proprio per restare competitivi a livello internazionale.
Il Ticino con le sue attività imprenditoriali, commerciali e finanziarie è un piccolo esempio della necessità di tutelare e rafforzare la certezza del diritto, ma anche di avere risposte in tempi altrettanto certi. “Ottimizzare mezzi e risorse nelle giustizia ticinese, con la volontà di verificare la possibilità di istituire un tribunale commerciale”. Così mi ero espresso ad inizio giugno a Palazzo dei Congressi all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Avevo focalizzato il mio intervento in particolare sull’assoluta necessità di ottimizzare l’organizzazione e il personale nella nostra struttura giudiziaria, e l’esigenza di specializzarsi anche in ambito giuridico. Considerata l’importanza della piazza economica e finanziaria del Canton Ticino, lanciai l’idea di un Tribunale commerciale specializzato in tutte le controversie del settore.
Il precitato obiettivo rientra in un lungo e complesso cammino che ha preso avvio ad inizio estate. Come Dipartimento stiamo infatti valutando in via preliminare la riorganizzazione e la ristrutturazione logistica della Giustizia ticinese. A tal proposito, è stato composto un gruppo di riflessione denominato “Giustizia 2018”, in vista della riforma che dovrebbe prendere forma fra poco più di sei anni.
Una riorganizzazione che interverrà sulla gestione finanziaria, logistica e del personale giudiziario. Per potersi pronunciare con conoscenza di causa sull’opportunità della realizzazione di un Tribunale commerciale è necessario accertare che in Ticino vi sia la massa critica che giustifichi l’esistenza di un tribunale specialistico in materia commerciale. Nell’ipotesi dell’introduzione del tribunale di famiglia va inoltre considerata la questione a sapere se le preture avranno ancora ragione d’esistere così come sono oggi organizzate. Per questi motivi una simile decisione va ben ponderata.
Oltre alla promozione economica, alle misure fiancheggiatrici e alle misure finanziarie, l’economia ticinese ha bisogno di risposte e certezza nella sicurezza e nel diritto. In questo senso, l’impegno del Consiglio di Stato a sostegno della nostra imprenditoria, delle aziende e dei salariati viene coordinato come strategia governativa e non del singolo dipartimento. Ovviamente ogni Dipartimento opera nei suoi rispettivi ambiti, ma sarà sempre più centrale che le attività abbiano una visione strategica, così come gli atti normativi e di deregolamentazione. La vigilanza statale sul rispetto di leggi federali e cantonali è garanzia per le attività economiche dell’esistenza dei giusti presupposti affinché tutti possano giocare ad armi pari, evitando così disfunzioni e possibili concorrenze sleali. Purtroppo il nostro raggio d’intervento è limitato in ambito normativo, ma proprio per questo nel controllo di attività non conformi dovremo essere più incisivi.
Ringrazio le aziende e gli imprenditori ticinesi per il loro continuo apporto alla crescita economica del nostro Cantone, che – come Consiglio di Stato – vogliamo pronto e competitivo nell’affrontare le sfide di un futuro che come abbiamo visto riserva molte incertezze.
Vi ringrazio.
Norman Gobbi
Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle istituzioni