Intervista apparsa nell’edizione di martedì 20 febbraio 2018 del Corriere del Ticino
Andrea Pagani rispecchia l’identikit del procuratore generale da lei tracciato?
«Starà a lui dimostrare con le azioni di disporre della leadership necessaria per guidare il Ministero pubblico.
Ritengo infatti importante che il ruolo di procuratore generale non sia meramente amministrativo. E quando parlo di leader non penso a un padre padrone, ma un profilo capace di indicare la direzione ai colleghi e a tirare il carro insieme a loro. La sfida principale, oltre che sul piano della conduzione, starà quindi nella capacità di convincere i propri collaboratori che è possibile lavorare in modo più coordinato e fissando delle priorità».
Quali sfide attendono il neoeletto?
«Innanzitutto si rendono vieppiù necessarie delle specializzazioni. E oggi ritengo che vi siano delle particolari necessità nell’ambito della lotta alla mala-economia. La tendenza, a livello giudiziario svizzero, vede i procuratori pubblici fungere da riferimento su determinate materie, come può essere il caporalato o la tratta di esseri umani – sul fronte del lavoro – o come detto sulla diseconomia che può rivelarsi essere l’anticamera del riciclaggio».
L’attuale pg John Noseda ha più volte rivendicato maggiori risorse per l’apparato giudiziario.
Quale approccio si attende da Pagani verso la politica e il suo Dipartimento?
«È sbagliato parlare solo di risorse. Queste sono la conseguenza di misure di tipo organizzativo e procedurale. Una struttura come la Procura, composta da oltre 100 persone, necessita dapprima di una visione d’insieme per semmai correggere quei comportamenti che nel recente passato hanno portato alle dimissioni di alcuni procuratori. Ho scritto un messaggio a Pagani, auspicando un incontro a breve per discutere delle sfide e delle aspettative reciproche, anche in termini legislativi».