Votazione federale del 7 marzo
Presidente, si sta avvicinando la votazione del 7 marzo sull’iniziativa contro la dissimulazione del viso. Ma per ora in Ticino il dibattito langue… “È vero, la gente in queste settimane pensa ad altre cose. Ed è comprensibile che sia così. I problemi legati al coronavirus sono importanti e ci toccano tutti da vicino. Molta gente fa fatica. Alcuni settori economici, come quelli legati alla ristorazione o ai piccoli commerci, sono colpiti duramente. E c’è chi a fine mese – ma già anche all’inizio! – si trova confrontato con difficoltà evidenti”.
Però non possiamo nemmeno lasciar passare in sordina questo voto. “No, perché si tratta di un momento comunque importante della nostra democrazia e del nostro vivere civile. In Ticino per fortuna abbiamo già una legge che vieta di nascondere con indumenti o altro il proprio volto, a parte ovvie e ragionevoli eccezioni. Lo abbiamo deciso già 8 anni fa con la modifica della nostra costituzione cantonale. Anche allora erano in pochi che apertamente sostenevano questa modifica. La Lega invece era convinta della necessità di lanciare un forte segnale a difesa della nostra società contro il pericolo dell’islamizzazione. Ci seguì una forte maggioranza delle e dei ticinesi. Ben il 65,4%! Ora questa impostazione vuole essere traslata sul piano nazionale. Molto bene, dico io. Perché non si tratta di un messaggio di chiusura, come vorrebbero far credere gli oppositori dell’iniziativa. Tutt’altro. Si tratta di avere piena coscienza del funzionamento del nostro stato di diritto, della sua difesa a garanzia della democrazia, oggi e domani”.
Anche questa volta ci stanno mettendo in testa che chi vota sì all’iniziativa sta facendo qualcosa di sbagliato… “È l’esempio classico del “politicamente corretto”. Pur di non fare un presunto torto (tutto ancora da dimostrare se di torto si tratti) è meglio lasciar perdere e tollerare anche azioni che portano – potenzialmente – ad attacchi alla nostra stessa libertà e democrazia. Sappiamo che il niqab o il burqa non sono simboli religiosi. Per questo reputo incoerente sotto il profilo della libertà religiosa chi giustifica questi indumenti che cancellano completamente l’identità di una donna. Siamo chiamati il 7 marzo a dare ancora una volta un messaggio preventivo. E questo non va contro quei cittadini di fede musulmana che accettano – nel segno della convivenza – i nostri usi e costumi, dimostrando da questo lato una vera volontà di integrazione”, conclude il Consigliere di Stato Norman Gobbi.