Trattative Svizzera-Italia. Non par vero, ma come sempre la storia si sapeva già come sarebbe andata a finire. Riportiamoci allo scorso 25 febbraio 2014, quando la capo del dipartimento federale delle finanze Evelyne Widmer-Schlumpf è giunta in Ticino con il segretario di stato Jacques de Watteville, in carica del dossier per le trattative fiscali con l’Italia. Un incontro carico di aspettative, in primis del Governo ticinese che da anni attende reali segnali di avanzamento e di soluzione della disputa italo-svizzera sul fronte dell’accordo sui frontalieri. Aspettative molto alte anche da parte della popolazione e dei media, che però definirono la visita “la grande fuga di Evelyne”…
Un incontro che con molta cordialità istituzionale venne definito “positivo”, ma che – salvo qualche dettaglio a parte – aveva portato alle ormai solite grandi promesse dei due emissari federali. “Siamo vicini ad una soluzione sulle questioni fiscali”, “stiamo concludendo la discussione sui frontalieri”, “terremo in primaria considerazione gli interessi ticinesi”: questo il tenore delle affermazioni, ribadite in tutti i suoi contenuti lo scorso 7 maggio al castello di Sasso Corbaro di Bellinzona, durante il discutibile – per la sua utilità – incontro con le associazioni economiche, voluto da due miei colleghi di Governo.
A sei mesi dalla “grande fuga” e 110 giorni dal Sasso Corbaro cosa è successo? Ovviamente nulla, nulla di concreto.
Anzi, l’occasione di avere in Ticino gli ambasciatori di Svizzera nel Mondo ha permesso di appurare come sul fronte italo-svizzero ci si sia ormai arenati o meglio non si sia mai preso realmente il volo. I problemi dell’Italia, come ben sappiamo, sono altri e quindi la priorità di questo dossier sarà posta molto in basso, a maggior ragione quando le problematiche interne (riforme, lavoro, tensioni sociali) ed esterne pesano molto nell’agenda politica italiana. Le ingenue credenze che portavano dire che “con Renzi si risolverà la questione”, cui facevano sponda le affermazioni di politici locali e nazionali al di qua e al di là del cippo di confine, hanno palesato come non sia ancora chiaro il principio per il quale nelle trattative con l’Italia ciò che si afferma non è necessariamente ciò che si è discusso, e ciò che si dichiara non è ciò che si vuol raggiungere.
Alla luce di questi elementi e dei mancati progressi del dossier, approvando il riversamento della quota parte delle imposte sui frontalieri all’Italia è stato commesso un errore da parte del Governo cantonale. La posizione dei due Consiglieri di Stato leghisti, quindi mia e dell’amico Claudio, sui ristorni delle imposte dei frontalieri dello scorso giugno si rivela – a poco più di 50 giorni – lungimirante, realista e disincantata. Lungimirante poiché le relazioni con la vicina Repubblica non sono mai di immediata soluzione, in particolare se gli interessi non sono collimanti; e i tempi di trattazione di questo dossier lo confermano! Realista poiché, nonostante le promesse e le pressioni federali, siamo convinti che nulla serve al raggiungimento dello scopo se non adottando misure forti, come fu nel 2011. Disincantata poiché delle mielose preghiere e promesse siam sazi e il Ticino deve prendere chiare e risolute posizioni per difendere i suoi interessi!
Non molleremo.
Norman Gobbi