Votazione federale “Stop all’immigrazione di massa”. L’iniziativa popolare contro l’immigrazione di massa, in votazione il prossimo 9 febbraio, ha per oggetto una questione centrale della sovranità nazionale, quella del poter controllare, nonché regolare l’accesso di cittadini stranieri nel proprio Paese. Un tempo l’autodeterminazione di uno Stato era un valore protetto e indiscusso, oggi invece questo principio è stato depauperato dagli Accordi bilaterali, e più precisamente dall’Accordo sulla libera circolazione delle persone, il quale ha – de iure e de facto – esautorato la Svizzera di ogni facoltà di controllo nel settore dell’immigrazione intracontinentale.
Senza regole restrittive, nasce un’economia malsana
Un’assenza di regolamentazione che si sta esprimendo non solo con una crescita economica – unico vero elemento portato dai contrari all’iniziativa contro l’immigrazione di massa – ma soprattutto con fenomeni di insediamento di persone straniere i cui precedenti penali non possono essere verificati sistematicamente, attraverso la comparsa del turismo sociale ad opera di cittadini UE con il solo scopo di approfittare del welfare elvetico come pure tramite l’insorgenza del dumping salariale, nonché mediante la tendenza alla sostituzione della manodopera residente specialmente nelle fasce di confine, ecc. Tutti fattori, quelli elencati che a lungo termine non sono utili per un sano sviluppo socio-economico. della Svizzera.
Non va poi dimenticato come l’Accordo sulla libera circolazione delle persone concorra più dell’Accordo di Schengen ad indebolire la rete di controllo lungo le nostre frontiere, lasciando quindi spazio di diffondersi senza ostacolo alcuno al ben conosciuto fenomeno del “turismo criminale transfrontaliero”.
La libera circolazione non fa gli interessi dei Popoli
L’idea di totale libera circolazione delle persone in Europa si sta rivelando, alla prova dei fatti, un completo fallimento: l’UE, in quanto organismo sui generis, né federale né confederale, è caratterizzata da differenze interne così marcate tra i suoi Stati membri da rendere inevitabile l’insorgere di effetti di squilibrio tra le varie realtà. Le condizioni fortemente più favorevoli di un determinato Stato membro attraggono gioco forza i cittadini di quegli Stati più deboli che decidono quindi di trasferirsi in quei Paesi più benestanti alla ricerca di lavoro senza che vi sia necessariamente un bisogno effettivo di maggior manodopera da parte di questi ultimi. Questi ingenti flussi migratori senza possibilità di un minimo di controllo vanno ad intaccare il sano equilibrio esistente nello Stato d’accoglienza dando luogo ad un deterioramento generale degli standard di vita conquistati nel tempo con sacrificio.
L’appena descritto fattore d’attrattività derivante dalle differenze in termini di benessere tra le diverse Nazioni traspare in maniera limpida se prendiamo in considerazione quanto avviene in alcuni Stati UE; se negli ultimi anni Germania e Gran Bretagna hanno registrato picchi di immigrazione di carattere intracontinentale, Spagna e Italia, nonostante un numero di immigrati paragonabile a quello degli altri due Paesi hanno costituito la meta per cittadini di origine intercontinentale provenienti in gran parte dall’Africa e dal Medio Oriente.
Gli USA non sono l’UE
La differenza sostanziale, che permette di far funzionare la libera circolazione dei cittadini americani tra i vari Stati federali contrariamente a quanto stiamo assistendo all’interno dell’UE e al nostro Paese, risiede nel sistema del welfare. Le importanti disuguaglianze socio-economiche degli Stati membri UE impediscono una sana libera circolazione delle persone; se negli States il welfare è per massima parte federale, in Europa è organizzato a livello nazionale, e quindi con nette differenze tra Stato e Stato (es. Svezia vs Grecia). Citiamo a tal proposito, le richieste di welfare elvetico da parte di cittadini italiani, in cerca non di un’occupazione, bensì a caccia di ammortizzatori sociali ben più agiati per rispetto a quelli offerti nel proprio Paese.
Il semplice osservare e constatare queste differenze interne agli Stati europei dovrebbero di per sé portare automaticamente a voler regolare e controllare l’immigrazione in Svizzera, Paese che detiene già la percentuale record di cittadini stranieri residenti, dopo i marginali Lussemburgo (viste le dimensioni demografiche) e Cipro (data la posizione geografica).
Preoccupazioni ampiamente condivise, anche nell’UE
A preoccupare molte cittadine e cittadini, il sottoscritto e finanche Giudici penali e Procuratori pubblici, è che con l’Accordo sulla libera circolazione delle persone, gli Stati non possono né regolare né controllare l’immigrazione. Il tema oggi coinvolge la Svizzera con un voto popolare, ma tocca pure Germania e Gran Bretagna soprattutto dopo la fine dei limiti alla libera circolazione previsti dal regime transitorio per i cittadini rumeni e bulgari.
Colgo l’occasione per ricordare i vari episodi in cui cittadini dalla fedina penale sporca (perlopiù italiani) hanno ottenuto il permesso di soggiorno in Svizzera grazie al fatto che non possono più essere eseguiti dei controlli sistematici sulle pendenze o i precedenti penali. Un’aberrazione del legalismo garantista, che esautora uno Stato sovrano del potere di controllare chi intende insediarsi nel suo territorio. È come se il padrone di una palazzina d’appartamenti non potesse più opporsi a potenziali locatari che non producono tutti i documenti richiesti, oppure procedere allo sfratto di conduttori morosi o problematici.
I contingenti permettono la crescita economica e garantiscono il controllo
Un tempo – non poi tanto lontano – in cui disponevamo di contingenti per l’immigrazione, la Svizzera era già un attrattore di aziende, un Paese in crescita economica e generatore di posti di lavoro, i quali, questi ultimi, venivano concessi a stranieri solo dopo che la ricerca di manodopera indigena non dava esiti positivi. L’iniziativa contro l’immigrazione di massa mira a ridare la sovranità in materia migratoria alla Confederazione elvetica, dotando il nostro Paese di quote massime anche per i frontalieri, tipologia in passato mai contingentata. Quest’ultima possibilità offerta è per il Ticino un’occasione unica per riprendersi il controllo del mercato del lavoro, favorendo la manodopera indigena.
Il prossimo 9 febbraio è un’occasione immancabile per riappropriarci del nostro Paese, che abbiamo conosciuto con i suoi pregi e difetti, ma che oggi stiamo perdendo, stretto nella morsa degli Accordi bilaterali e dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone in particolare.
Norman Gobbi
(Apparso sul Mattino della domenica, 02.02.2014)