Dal Corriere del Ticino | Gli aneddoti, i vantaggi e i numerosi pericoli: ecco le esperienze di Beltraminelli, Bertoli, Gobbi e Vitta Tra l’effetto boomerang e i fraintendimenti prevale la possibilità di comunicare con i propri elettori
Il popolo dei social network ha superato la soglia dei tre miliardi di persone. Un mezzo per comunicare questo che ha cambiato non solo la nostra quotidianità, ma anche la politica. Tanto che persino il presidente americano Donald Trump affida spesso l’informazione a Twitter. Ma come e quanto i social hanno influenzato il modo di fare politica? Lo abbiamo chiesto a Oscar Mazzoleni, mentre i consiglieri di Stato Paolo Beltraminelli, Manuele Bertoli, Norman Gobbi e Christian Vitta ci rivelano come e quanto usano le reti sociali. Per contro Claudio Zali non è presente sui social.
LE DOMANDE
1. Perché e quando ha deciso di aprire un profilo Facebook?
2. Che cosa pensa in generale di questi mezzi di comunicazione?
3. In media quanto tempo pensa di passare sulle reti sociali?
4. Twitter, Facebook, Snapchat, Instagram: quale rete preferisce oppure non ama? Perché?
5. Quali i rischi per un politico che usa i social?
6. E le opportunità?
7. Per lei è un problema il fatto che questi mezzi di comunicazione vengano usati per veicolare messaggi politico-istituzionali?
8. Ritiene che le diano una mano in più a raggiungere l’elettorato?
9. Si è mai pentito di avere postato qualcosa e di non essere riuscito a ritirarlo in tempo?
Paolo Beltraminelli
1. Se non vai con il tempo con il tempo te ne vai. Oggi moltissime persone sono presenti su Facebook, che quindi è un ottimo sistema per comunicare direttamente e senza intermediari le tue idee, ricevere apprezzamenti, critiche e commenti. Sono stato tra i primi ad utilizzare Facebook, all’inizio le critiche non sono mancate, oggi lo utilizzano tutti.
2. Facebook, Twitter e altri strumenti sono importanti ma devono essere usati in modo accorto perché ciò che è scritto resta. Evidentemente non sono gli unici, hanno il grande pregio (e rischio) della tempestività.
3. Nei momenti liberi, non dettano il ritmo alla mia agenda e non mi creano dipendenza. Utilizzo di regola la pagina Facebook comune (limitata a 5.000 amici), ma con notizie pubbliche, è più simpatica, coinvolgente e famigliare.
4. Twitter è eccellente per comunicare immediatamente una notizia o un pensiero rapido e per leggere notizie riassuntive, con Facebook si può approfondire e commentare.
5. I rischi sono legati alla tempestività, allo scrivere troppo velocemente, comunicando notizie non confermate.
6. Comunicare le tue idee e le tue passioni a moltissime persone, direttamente e in tempo reale, soprattutto a chi, e sono sempre di più, giovani ma non solo, si informa maggiormente sui social rispetto ai media tradizionali.
7. No, naturalmente nel rispetto delle regole della collegialità che valgono anche per gli altri media.
8. Certamente si raggiungono molte persone, comunicando regolarmente non puoi però nasconderti, la gente ti conosce meglio, con tutti i rischi connessi.
9. Certamente, ma cosa fatta capo ha. Anche se prima di scrivere ci penso bene, il rischio di essere frainteso, strumentalizzato di non essere ben compreso esiste, ma fa parte dei rischi del nostro mestiere.
Manuele Bertoli
1. Sono su Facebook da alcuni anni, di sicuro comunque quando un buon numero di persone aveva già iniziato ad usare questo canale di comunicazione. Trovo che possa essere un buon mezzo per colloquiare con la gente, cosa di una certa rilevanza per un politico.
2. Penso che possono essere utili per un contatto più diretto con le persone, ma che, se usati male, possono produrre conseguenze spiacevoli.
3. Poco, quello necessario per postare alcune considerazioni, quando lo reputo opportuno o interessante.
4. Non uso le immagini, o molto poco, e per i testi reputo che un minimo di spazio per esprimere un pensiero sia necessario. Quindi utilizzo piuttosto Facebook. Eventualmente Twitter per lanciare dei post.
5. Il rischio a mio avviso è quello di perdersi in cose banali, poco dignitose per la funzione che si ricopre.
6. I social media permettono di sicuro di dire alcune cose in modo meno ingessato e offrono anche l’opportunità di rispondere direttamente a chi ci contatta.
In un tempo in cui poi si diffondono facilmente informazioni false permette in alcuni casi di poter intervenire celermente per tentare di evitare che una scintilla non divampi in incendio.
7. Credo che lo Stato debba scegliere con cura quali servizi debbano usare questi mezzi e quali no e le modalità con cui questa comunicazione può essere fatta.
8. Possono di sicuro aiutare a raggiungere una certa cerchia di persone, è però difficile sapere se in misura importante o meno.
9. Non direi. Va detto che l’uso che faccio dei social mi permette di agire dopo un lasso di tempo di riflessione.
Norman Gobbi
1. Come la maggior parte degli utenti, ho aperto per curiosità un profilo Facebook quando anche alle nostre latitudini è esplosa la moda. In seguito ho trasformato il mio profilo in pagina: la modalità più appropriata per interagire con un pubblico più ampio. Ritengo importante per un politico essere presente su questo nuovo media perché mi permette di interagire in modo diretto con i cittadini.
2. Sono interessanti, hanno un nuovo tipo di approccio rispetto ai loro predecessori. Chiunque sui social media può prendere la parola all’interno di un discorso, indipendentemente dal proprio status.
3. È difficile dirlo, anche perché con gli smartphone si ha sempre la possibilità di dare un’occhiata veloce. Succede diverse volte in giornata, ma piuttosto per brevi attimi.
4. Twitter è probabilmente il mio preferito. Ho creato un feed che mi permette di essere informato su quanto accade ad ampio raggio, quindi non solo in Ticino o in Svizzera ma anche nel resto dell’Europa e del mondo. Di Twitter mi piace molto la modalità di comunicazione: veloce e diretta. Da qualche tempo poi mi sto appassionando anche a Instagram, con il quale posso raccontare qualcosa di me attraverso le immagini. Il voto più basso invece lo do a Snapchat, ma probabilmente solo perché faccio parte di una generazione che non comprende il senso di creare dei contenuti che dopo 24 ore scompaiono.
5. Come dicevo prima, tutti possono partecipare al discorso, tutto è reso pubblico e senza una gerarchia che ne definisca l’importanza. Questo può portare a una deformazione della realtà e alla creazione di casi che nemmeno si basano su informazioni non veritiere ma che provocano una vera e propria esecuzione pubblica.
6. Quello che più apprezzo è il contatto diretto con ogni cittadino e le sue necessità. Cittadini che si sentono più vicini e in confidenza proprio grazie allo stile di comunicazione utilizzato in questi media.
7. Assolutamente no, anzi, sono felice che ci sia anche questa possibilità, più democratica.
8. Non direi elettorato, ma popolazione. Quello che cerco sui social più che il consenso, è il confronto.
9. No, anche perché sono dell’idea che una cosa diventa pubblica dal primo secondo dopo la sua pubblicazione: in ogni caso il tentativo di ritirarlo difficilmente va a buon fine e anzi, rischia di creare un effetto boomerang.
Christian Vitta
1. Se ben ricordo, nel 2010. Sono da sempre molto interessato al mondo tecnologico e a tutte le novità che emergono nell’ambito e quindi, pur se in quel momento Facebook esisteva già da qualche anno, incuriosito ho aperto il mio profilo.
2. I social media sono uno strumento interessante, che permette di restare in contatto con diverse fasce di utenti. La potenza e la velocità di comunicazione che hanno raggiunto, però, non sono da sottovalutare. Ritengo, inoltre, che se ne debba fare un utilizzo equilibrato per evitare di perdere il contatto con la realtà.
3. È difficile da quantificare. Utilizzo principalmente i social media quale fonte di informazione e mi connetto nei tempi morti della giornata, che sono pochi, per tenermi aggiornato o per inserire delle nuove informazioni.
4. Il social media che preferisco, e che utilizzo maggiormente, è Twitter. Mi permette infatti di condividere informazioni mirate, principalmente di carattere politico, che possono poi essere riprese velocemente dai media. Inoltre, con Twitter mi posso informare sulle tematiche d’attualità che riguardano la mia attività.
5. I social media sono un canale di comunicazione interattivo e potente, da utilizzare con cura. Ogni atto di comunicazione è pubblico e può avere un’influenza immediata: sbagliare un post, o un tweet, può essere dannoso per un politico. Bisogna inoltre prestare particolare attenzione agli eventuali commenti che la discussione sui social potrebbe generare.
6. Permettono sia di raggiungere diverse fasce della popolazione in modo estremamente rapido e dinamico, sia di tenersi costantemente aggiornati sui principali temi d’attualità.
7. No, fermo restando che il dibattito politico non deve limitarsi al mondo dei social media. Per le comunicazioni ufficiali, di un certo peso e di una certa valenza politica, ritengo preferibile l’utilizzo di canali ufficiali.
8. Penso che non siano l’elemento centrale ma va riconosciuto che, al giorno d’oggi, aiutano in modo importante, soprattutto per avvicinarsi ad alcune fasce di popolazione che, altrimenti ,si raggiungerebbero con più difficoltà.
9. No.
(Articolo di Michelle Cappelletti)