Da www.tio.ch
Il Consiglio di Stato ha deciso di richiamare alla responsabilità i gestori dei locali e gli organizzatori di eventi.
«Meglio rispettare le distanze sociali, indossare la mascherina quando non è possibile e applicare le accresciute norme igieniche» avverte Norman Gobbi.
Il 19 giugno il Consiglio federale ha revocato la situazione straordinaria. Ciò implica che la gestione di un nuovo aumento dei casi di coronavirus rientra nella responsabilità dei Cantoni a cui spetta adottare provvedimenti adeguati.
Come si sta organizzando il Ticino? «L’esperienza accumulata ci permette di dire che un elemento di rischio sono gli assembramenti» spiega da noi raggiunto al telefono Norman Gobbi. Un’esperienza confermata da quello che sta accadendo in altri cantoni, dove il coronavirus continua a imperversare nei locali notturni. «Si tende purtroppo ad abbassare le barriere e il virus si propaga» aggiunge il consigliere di Stato.
Ecco perché il Governo, che si è riunito oggi, ha deciso di «richiamare alla responsabilità i gestori dei locali e gli organizzatori di eventi» affinché «adeguino i loro piani di protezione». Il canton Zurigo ha annunciato oggi nuove misure: gli avventori dovranno presentare un documento d’identità all’ingresso e il numero di telefono, verificato. «Lo hanno deciso perché le misure previste nel piano di protezione non venivano applicate con diligenza – aggiunge il presidente del Consiglio di Stato -. Quindi hanno scelto di concentrarsi sul contact tracing».
Gobbi si dice pure soddisfatto per la decisione di Berna di introdurre l’obbligo delle mascherine sui mezzi pubblici. «Gli spostamenti aumentano e con essi le persone che si muovono. Se non fosse stata presa una decisione a livello federale, ci saremmo mossi come Cantone».
Il Consiglio federale ha pure inserito l’obbligo di quarantena per i viaggiatori che provengono da determinate regioni. L’Ufficio federale di sanità pubblica stilerà un elenco delle nazioni più a rischio che verrà costantemente aggiornato e i cittadini saranno tenuti a notificare la loro entrata all’autorità cantonale. «Dobbiamo attendere la lista e le disposizioni da Berna – continua il direttore del Dipartimento delle istituzioni -. Ma con le frontiere aperte risulta un po’ difficile controllare tutti».
In conclusione, il presidente del Consiglio di Stato si rivolge alla popolazione: «Dobbiamo renderci conto che né qui né quando si va in giro né all’estero si è protetti. Meglio essere prudenti e rispettare le distanze sociali, indossare la mascherina quando non è possibile e applicare le accresciute norme igieniche». Senza dimenticare di scaricare l’app SwissCovid.
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Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 2 luglio 2020 del Corriere del Ticino
È l’ora delle mascherine, perlomeno sui mezzi pubblici
Di fronte al costante aumento dei casi di contagio (ieri 137), il Consiglio federale è tornato a introdurre provvedimenti restrittivi
In Ticino si pensa a un’estensione dell’obbligo in altri contesti sociali
Imposta la quarantena a chi rientra da Paesi considerati «pericolosi»
Le mascherine. Era in fondo solo una questione di tempo. La raccomandazione si è trasformata ora in un obbligo – in vigore da lunedì prossimo -, perlomeno sui mezzi pubblici. Perché proprio ora? Be’, intanto perché i numeri su scala nazionale hanno ripreso a salire (ieri 137 nuovi casi registrati, più del doppio rispetto al giorno precedente). «C’è in atto un cambiamento di tendenza, e bisogna stare attenti», ha infatti sottolineato Alain Berset. D’altronde era ipotizzabile – non è neppure una questione di senno del poi – che gli allentamenti avrebbero lasciato spazio a un aumento dei casi di contagio, a nuovi rischi insomma. E ci sono contesti e attività che presentano più rischi. Un esempio? O meglio, l’esempio? Appunto i mezzi pubblici. «Dal momento che le frontiere sono state riaperte e gli spostamenti sono diventati più frequenti – ha sottolineato il ministro della Sanità -, è stato necessario introdurre l’obbligo delle mascherine sui mezzi pubblici, una decisione presa a fronte dell’aumento dei casi e per evitare una seconda ondata». Una decisione che è stata salutata favorevolmente dagli operatori del settore. Lo stesso Vincent Ducrot, CEO di FFS: «Visto l’aumento dei casi, è nostro dovere prendere misure per contenere la diffusione della pandemia».
Una questione di equilibri
Dopo una fase crescente di allentamenti, siamo insomma tornati a un tempo in cui, a farla da padrone, sono le nuove misure restrittive. La lotta al coronavirus è una questione di equilibri, come abbiamo capito. Lo stesso vale nell’ambito della ripartizione delle competenze, tra Confederazione e Cantoni. La mascherina è un affare nazionale, più che regionale. «Vogliamo evitare incoerenze tra regioni», ha spiegato Berset. E la sensazione è che la decisione del Consiglio federale in questo senso abbia anticipato le riflessioni dei singoli Cantoni. Cantoni che reagiscono differentemente su altri temi, come quello relativo ai locali notturni. Ieri il Canton Zurigo ha annunciato nuove misure, secondo le quali gli avventori dei club dovranno presentare all’ingresso un documento d’identità e il proprio numero di telefono, verificato. Il tutto, per favorire il tracciamento dei casi. Berset ha anche sottolineato: «Il vantaggio della situazione attuale è che l’epidemia è sotto controllo, per cui possiamo intervenire in modo mirato caso per caso, sui singoli focolai». E ha citato proprio i club. È il momento in cui il virus si gestisce nel dettaglio.
Le parole di Norman Gobbi
Sui temi di giornata, da noi sollecitato, si è espresso anche Norman Gobbi. Ieri il Consiglio di Stato ticinese, nella sua seduta, avrebbe comunque dovuto affrontare questo tema. «Sapevamo che il Consiglio federale avrebbe deciso oggi, in merito. Abbiamo ricevuto un’informazione dal Dipartimento degli Interni in questo senso già in mattinata. A quel punto ci siamo confrontati con i nostri esperti, a cominciare dal medico cantonale, per discutere della possibile estensione della misura ad altre situazioni, penso alla ristorazione e ai commerci. I dati a livello federale infatti non sono tranquillizzanti. E se in Ticino non abbiamo nuovi casi, è perché le misure erano state ben più restrittive rispetto a quelle prese nel resto del Paese. L’attenzione insomma, benché alta, va comunque richiamata». Il presidente del Consiglio di Stato ha insomma fatto capire che potrebbero esserci evoluzioni. E sui club notturni? «Rappresentano una delle situazioni potenzialmente più pericolose per la diffusione del virus. Lo stesso vale per gli assembramenti all’aperto. I giovani, non avendo grosse conseguenze di carattere sanitario, si sentono più protetti, benché non immuni e benché ampi diffusori, come dimostrato dalla cronaca del weekend scorso. Se necessario, vedremo come muoverci».
A casa per dieci giorni
Tra le motivazioni citate da Berset, in merito all’introduzione dell’obbligo di utilizzo delle mascherine sui mezzi pubblici, anche il fatto che i Paesi che ci circondano hanno, rispetto a noi, restrizioni più strette in materia. Con la riapertura delle frontiere e la voglia di vacanze – per qualcuno anche all’estero -, è d’altronde aumentata la mobilità tra un Paese e l’altro. Una sorta di uniformizzazione, anche in questo senso, secondo il ragionamento di Berset. La frontiera riaperta offre il fianco insomma a nuovi ragionamenti e ad alcune contromosse. Ecco allora che dal 6 luglio prossimo, chi entra in Svizzera in provenienza da determinate regioni dovrà mettersi in quarantena per dieci giorni. Da quali regioni? L’Ufficio federale della sanità pubblica terrà un elenco costantemente aggiornato di Paesi considerati «a rischio». Domani l’elenco iniziale – in particolare al momento preoccupano i Balcani, con la stessa Comunità serba presente in Ticino che consiglia di posticipare o annullare viaggi in Serbia – Le persone interessate, come si legge nel comunicato del Consiglio federale, verranno informate in modo mirato sull’aereo, sull’autobus e alle frontiere e saranno tenute a notificare la loro entrata all’autorità cantonale competente.
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Servizio all’interno dell’edizione di giovedì 2 luglio 2020 de Il Quotidiano
Le reazioni di Bellinzona
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