A Bellinzona ieri è andata in scena l’assemblea generale della comunità di lavoro – Definitivamente tramontati i tempi in cui il confronto aveva caratteri di asprezza – Norman Gobbi: «Siamo un ponte tra i nostri due Paesi» – Nel 2025 un summit dei deputati nazionali eletti sul territorio
Dai muri da costruire a Chiasso al «confine che unisce», il salto è di quelli che provocano le vertigini. Eppure, è accaduto. Gli anni in cui Ticino e province italiane di frontiera si guardavano in cagnesco, e i rapporti transfrontalieri erano tesi come corde di violino, sono finiti. Le cose sono cambiate. Nei toni, sicuramente. E anche nei modi. Dalle parti della «ramina» è esplosa la pace. E il fragore lascia storditi.
Chi ha vissuto da vicino le altalenanti vicende che hanno caratterizzato le relazioni tra il Cantone e i territori limitrofi deve prendere atto di una vera e propria metamorfosi. Che ieri mattina, nell’atmosfera un po’ ovattata e retrò del Teatro Sociale di Bellinzona, ha vissuto il suo zenith. L’assemblea generale della Regio Insubrica, convocata per alcuni adempimenti formali – dalle modifiche statutarie all’approvazione di consuntivo e preventivo – è stata infatti l’occasione per uno scambio non rituale di considerazioni sullo stato attuale dei rapporti tra Paesi e, soprattutto, sulle opportunità offerte da una rinnovata volontà di collaborazione.
Il più esplicito e diretto, in questo senso, è stato Giacomo Zamperini, esponente lecchese di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione regionale per i Rapporti tra la Lombardia e la Confederazione Svizzera. «A che cosa serve la Regio Insubrica se non a questo?», si è chiesto Zamperini. «A consolidare la mutua capacità di dialogo. Da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontani», ha chiosato. Insistendo sul «rilancio della missione della Regio», nata per fare in modo che due realtà istituzionalmente differenti potessero muoversi in una sola direzione.
Diplomazia e politica
Da Comunità di lavoro, la Regio Insubrica è ormai diventata una «Comunità di valori che condivide princìpi, cultura, relazioni ». La definizione è di Francesco Quattrini, segretario generale della stessa Regio, colui che probabilmente ha forgiato più di altri la nuova identità del consesso transfrontaliero. Quattrini è un diplomatico, e nel suo stile dialogante tesse da anni la trama di un diverso approccio al confronto con l’Italia, anche sfruttando il ruolo di delegato cantonale per le relazioni esterne (comprese, ovviamente, quelle con Roma e con Milano). La lunga relazione introduttiva di Quattrini è servita a elencare i numerosi tavoli tecnici in cui è impegnata la Regio, ma anche – e soprattutto – a sottolineare il ruolo politico della comunità di lavoro, che oggi «fa da ponte tra i due Stati», tra Svizzera e Italia, «come dimostrano le felici conclusioni di alcuni dossier: l’accordo sulla fiscalità dei frontalieri, la rinnovata intesa sullo stoccaggio del gas ticinese in Italia, il patto sul telelavoro».
Un’immagine, quella del ponte, ripresa pure da Norman Gobbi, consigliere di Stato e presidente della Regio per i prossimi 12 mesi. Dopo aver ricordato il «comune patrimonio linguistico e culturale dell’Insubria», Gobbi ha evidenziato come ogni «collaborazione debba fondarsi sulla progettualità» e ha annunciato per il 2025, anno in cui si festeggerà il trentennale della comunità di lavoro, la volontà di mettere attorno a un tavolo «tutti i parlamentari nazionali eletti in Ticino e nelle province italiane di frontiera. Un modo per individuare i problemi transfrontalieri e costruire proposte di soluzione praticabili». Un altro salto di qualità nelle modalità di azione della politica, da una parte e dall’altra della frontiera. Una modalità, peraltro, comune in Svizzera – dove le deputazioni cantonali sono abituate al confronto – ma alquanto rara in Italia, Paese nel quale le divisioni politiche sono un ostacolo talvolta insormontabile.
Dallo scontro al dialogo
Sono davvero lontanissimi i tempi in cui proprio Gobbi, dopo aver deciso l’obbligatorietà del certificato penale per ottenere il permesso G, si confrontava in modo aspro e brusco nell’assemblea generale della Regio Insubrica con la presidente della Provincia di Como e sindaca di Olgiate Comasco, Maria Rita Livio. Mostrando anche plasticamente una distanza tra enti che oggi appare del tutto azzerata.
A favorire il cambiamento ha concorso sicuramente l’ingresso nella comunità di lavoro prima della Regione Lombardia e poi della Regione Piemonte. Istituzioni che, con il proprio peso specifico, hanno spostato molto più in alto l’asse della discussione. Il rapporto diretto con Milano e Torino ha dato forza anche a Bellinzona, che si è trovata a recitare un ruolo attivo di intermediario tra le istanze locali e quelle nazionali. Una responsabilità che, è ovvio, difficilmente poteva conciliarsi con continue rivendicazioni dal sapore propagandistico.
Un’istituzione adulta
Se sul piano tecnico-operativo i problemi restano, così come le difficoltà a portare a termine progetti e idee in tempi brevi, sul piano politico la Regio Insubrica dimostra, a trent’anni quasi dalla sua costituzione, di essere diventata un’istituzione adulta. Molto più consapevole delle proprie possibilità. In grado di essere centrale, soprattutto lungo la linea del dialogo tra gli Stati. Non sono un caso, in questo senso, le parole pronunciate dai rappresentanti diplomatici italiani presenti ieri a Bellinzona: il console generale di Lugano, Gabriele Meucci e l’ambasciatore a Berna, Gian Lorenzo Cornado. «Prendiamo atto che celebriamo una comunità di lavoro matura», ha detto Meucci. Il quale ha efficacemente collegato questa maturità alla «fortissima volontà di decidere in autonomia dispiegata su tracciati che esistono da secoli». È come se i territori dell’Insubria, ha spiegato il console, si fossero riappropriati della «memoria dei rapporti che ne hanno caratterizzato la storia», facendoli diventare patrimonio comune politico-istituzionale. «Da qui, dal Ticino, dal confine più bello d’Europa iniziano i rapporti tra Italia e Svizzera », ha ripetuto poi l’ambasciatore Cornado, annunciando per il 28 novembre il forum del dialogo Italia-Svizzera con il Ticino protagonista.
Articolo all’interno dell’edizione di venerdì 27 settembre 2024 del Corriere del Ticino