Così il presidente della Stu Rigozzi all’assemblea con presente il capo dell’esercito Süssli. Tra guerra in Ucraina, minacce, formazione e budget per la difesa.
Il conflitto in Ucraina e l’accelerazione imposta alle dinamiche della sicurezza, certo. Ma non solo. È stato ricco il menu dell’Assemblea della Società ticinese degli ufficiali (Stu) che, dopo il periodo pandemico, si è trovata nuovamente in presenza al Centro Ffs di Pollegio. Un menu ricco perché se da un lato il presente geopolitico preoccupa e non poco, dall’altro si avverte il bisogno di farsi trovare pronti ed efficienti nel futuro, soprattutto considerato il quadro instabile e le diverse minacce. Preparandosi per tempo. Proprio da quanto sta accadendo in Ucraina prende le mosse il tenente colonnello Smg Manuel Rigozzi (riconfermato per acclamazione presidente della Stu per il prossimo triennio) per rimarcare che «parliamo di guerra, di conflitti armati ancora convenzionali, di crisi umanitaria, parliamo di scarsità delle risorse energetiche, delle risorse alimentari e de facto del fallimento di tutte le politiche globaliste e della logistica ‘just in time’, all’ultimo minuto». Insomma, «stiamo ridando peso e valore a concetti come l’indipendenza di tutte le risorse e del nostro Paese sul piano della propria sicurezza». Il tutto, va da sé, non si costruisce dall’oggi al domani. Per questo Rigozzi affonda: «Ci stiamo rendendo conto che il nostro Paese negli ultimi anni ha dedicato alla difesa solo lo 0,7% del proprio Prodotto interno lordo contro l’1,6% del 1990? Paesi altamente sociali e civilizzati come la Svezia e la Finlandia, neutrali come noi, investono rispettivamente l’1,3% e il 2% del loro Pil». Il discorso è uno, e diretto: l’esercito deve avere i mezzi per svolgere appieno le proprie mansioni. «Dobbiamo essere realisti, le fiabe sono solo racconti di fantasia. Mi auguro che ora, con l’aggiunta di 2 miliardi al budget per la sicurezza, sia finalmente possibile permettere al Dipartimento della difesa e alle alte cariche militari di poter lavorare in modo costruttivo per il bene non tanto del nostro esercito, bensì della nostra sicurezza nazionale».
La guerra in Ucraina dimostra che «la preparazione e l’approvvigionamento di mezzi e sistemi non sono fatti istantanei, richiedono molto tempo: non sprechiamolo». La preoccupazione del presidente della Stu è che «troppe volte il nostro Paese, e non parlo di Difesa, reagisce al posto di muoversi in modo proattivo. Anche il 1° settembre 1939 il nostro esercito non sarebbe stato pronto a un’ipotetica invasione lampo da parte della Germania. Solo dal 1941-1942 la Svizzera avrebbe potuto opporsi con determinazione a un eventuale attacco, siamo stati fortunatamente graziati dalla storia. Non provochiamola però – ammonisce il tenente colonnello Smg Rigozzi –. La fortuna non è inesauribile, non ripetiamo lo stesso sbaglio». Dopo aver ribadito l’importanza dell’italianità nell’esercito, Rigozzi si è concentrato sul futuro prossimo della Stu. Partendo da un assunto: «La carriera di ufficiale sprona ogni singolo individuo a superare costantemente i propri limiti psicofisici, insegna la difficile arte della conduzione delle persone, rinvigorisce il carattere e, non da ultimo, crea esperienze e una rete di conoscenze che difficilmente possono essere ritrovate altrove: bisogna concentrarsi su una rinnovata formazione dei giovani ufficiali».
‘Molto lavoro da fare’
L’esercito svizzero, ha sottolineato il Capo dell’esercito comandante di corpo Thomas Süssli nel suo intervento, «ha bisogno di rinnovare una parte importante del proprio equipaggiamento, che sta diventando obsoleto. Fondamentale è la copertura dello spazio aereo con l’acquisto dei nuovi F-35, ma occorre anche adeguare la difesa antiaerea, i sistemi elettronici, le strutture per la cyberdifesa e altro ancora». La realtà oggi è che in termini di capacità di difesa «in diversi settori possiamo garantire dei livelli minimi, che vanno assolutamente innalzati. Ma bisogna mettere mano anche all’organizzazione, con una riflessione sugli effettivi, sulla logistica, sulle riserve». La crisi ucraina, ha detto ancora il Capo dell’esercito, «ci ha fatto bruscamente presente quanto siamo dipendenti dalle importazioni, quanto sia importante pensare per tempo a quel che ci serve, che ‘l’oggi per domani’ non esiste più». A fargli eco, il vicepresidente della Società svizzera degli ufficiali colonnello Mattia Annovazzi: «Alla classe politica si chiede una guida determinata e responsabile. Il che significa gestire le crisi con risolutezza. Ma anche affrontare i problemi del sistema mettendo mano con convinzione alle necessarie riforme come il fermare l’erosione degli effettivi, sviluppare un ‘servizio per la sicurezza’ nei suoi vari rami».
In apertura di giornata ha portato il suo saluto il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi che ha sottolineato in particolare l’importanza della cooperazione fra civile e militare, ma anche fra Paesi vicini. Un esempio è l’esercizio “Odescalchi”, svoltosi in questi giorni a cavallo del confine italo-svizzero.
Ad affrontare invece il côté associativo della Stu è stato il colonnello Smg Marco Netzer, presidente dell’Associazione per la Rivista militare svizzera di lingua italiana: «Negli ultimi anni la nostra rivista ha avuto un costante miglioramento qualitativo e quantitativo – ha osservato Netzer –, siamo passati da circa 1’100 a 2’400 abbonati». Una rivista che però non è l’unica occasione di collaborazione con la Stu: «Un altro sforzo importante sono le nostre conferenze annuali pubbliche, con relatori di spicco e tanti temi di assoluta attualità trattati». La prossima sarà il 18 ottobre 2022.
Articolo pubblicato nell’edizione di lunedì 20 giugno 2022 de La Regione