Si preannuncia un giro di vite cantonale nei confronti dei rave party non autorizzati che con una certa frequenza vengono proposti alle nostre latitudini, specie dopo il decreto Meloni che in Italia dall’anno scorso ne vieta l’organizzazione prevedendo multe fino a 10’000 euro e la galera fino a sei anni. Ciò che ha portato i promotori a intravedere nella Svizzera italiana un bel terreno di conquista poiché abbastanza vicino al confine e caratterizzato da molte zone discoste. L’ultimo evento in ordine di tempo, come riportato ieri da Tio, si è svolto proprio questo weekend nell’alta Lavizzara, sulle sponde del lago del Naret a 2’300 metri di quota. Oltre cento i partecipanti e quasi tutte italiane le targhe delle auto presenti.
Il ‘casus belli’ che ha generato una riflessione politica approfondita nel vicino Canton Grigioni – con tanto di botta e risposta fra autorità locali e cantonali – è rappresentato dal decesso di una 19enne del Luganese dopo il rave non autorizzato tenutosi lo scorso novembre alla diga della Roggiasca, sopra Roveredo, nella bassa Mesolcina. Più recentemente scintille ci sono state dopo il rave abusivo portato il 3-4 giugno ai 2’000 metri di quota del Pian Geiret, in piena Val Camadra, riserva naturalistica nel Comune di Blenio. Il cui Municipio non le ha mandate a dire (con tanto di lettera di fuoco spedita in copia al direttore del Dipartimento istituzioni, Norman Gobbi) criticando l’agire della Polizia cantonale di Biasca rea di non aver bloccato l’evento una volta giunta sul posto per verificare la situazione e identificare l’organizzatore.
‘Primo, allarmare la polizia’
A margine del nostro articolo dell’11 luglio, la redazione aveva subito sollecitato il consigliere di Stato, che oggi risponde brevemente per potersi poi esprimere più diffusamente in Gran Consiglio a seguito dell’interpellanza del deputato Tiziano Zanetti, presidente dell’Alleanza patriziale ticinese i cui membri sul territorio non sono affatto contenti di doversi confrontare con i rave, tanto dal chiederne il divieto. «Dopo il primo evento verificatosi in Valle Morobbia – premette Norman Gobbi –, questo fenomeno è ormai conosciuto dalle autorità. Feste di questo genere, i cui partecipanti sono soprattutto italiani, si sono svolte in alcune parti discoste del Ticino, toccando un po’ tutte le regioni. Allarmare e informare la centrale della Polizia cantonale ogniqualvolta si sospetta un evento del genere è la prima cosa da fare». Ed è in effetti quanto successo a inizio giugno nell’alta Val di Blenio.
Verso una modalità comune d’intervento
Sullo specifico caso avvenuto in territorio di Ghirone, prosegue il capo delle Istituzioni, la Polizia cantonale «fornirà tutte le informazioni all’autorità di Blenio nel corso di un incontro che è già stato agendato e sulla base di uno specifico rapporto. Un rapporto che servirà anche per definire una modalità comune di intervento e soprattutto per vigilare in maniera preventiva, là dove è possibile, per evitare o contenere l’organizzazione di queste manifestazioni, coinvolgendo i Comuni, i Patriziati e i privati. Un po’ sul modello che avevamo messo in campo a suo tempo quando diversi terreni venivano occupati da carovane di rom stranieri».
Strategia in arrivo
Quanto all’interrogazione Zanetti, che invita il Cantone a inasprire le leggi, essa servirà a «mettere nero su bianco la strategia che il Cantone sta adottando e adotterà in questo specifico campo», conclude Norman Gobbi. Dal canto suo la polizia ha per ora inviato al Municipio di Blenio un primo rapporto di constatazione: “Il documento è da subito apparso scarno a dimostrazione di un intervento blando che si è limitato alla gestione del traffico all’altezza della barriera presso l’alpe di San Martino e nulla più”, lamenta l’autorità locale nella lettera alla polizia e al consigliere di Stato. Il rapporto “riporta le generalità dell’organizzatore e poche altre informazioni. In particolare non è stata eseguita un’indagine amministrativa completa che avrebbe messo a disposizione dell’ente pubblico le basi formali per intraprendere una procedura contravvenzionale”. Dal canto suo il sindaco di Lavizzara, Gabriele Dazio, commentando su Tio gli eventi del weekend ha sottolineato che «c’è un problema legato alla sicurezza stradale. Così come alle sostanze utilizzate. Ma non bisogna nemmeno dimenticare che quella del Naret è una zona turistica. I rifiuti purtroppo restano sul posto. Queste manifestazioni non fanno bene a nessuno». Infatti al Pian Geiret i partecipanti al rave avevano pensato bene di imbrattare la fermata del bus alpino e la cappella della Madonna della neve.
Da www.laregione.ch