Infrazioni stradali commesse in Italia e pagamenti richiesti da società di recupero crediti svizzere: facciamo chiarezza.
Non sono più da considerarsi come fuori norma a priori. Già, perché se formulati come “aiuti” al pagamento e non come intimazioni con minacce di azioni esecutive, i solleciti di pagamento riguardanti infrazioni stradali italiane inviati ad automobilisti svizzeri da parte di società di recupero crediti rossocrociate sono perfettamente legali. Ve l’abbiamo svelato durante le festività natalizie, dopo che il Tribunale penale federale ci ha informato di una sentenza emessa in tal senso lo scorso luglio.
Cosa andrebbe fatto – «Il mancato pagamento di un pedaggio autostradale, come quello della Pedemontana, costituisce una violazione del codice civile», chiarisce innanzitutto Piccirilli. «E perché una decisione di un’autorità estera presa in materia di diritto civile possa essere eseguita in Svizzera va seguita una procedura particolare, definita dalla cosiddetta Convenzione di Lugano». In sostanza, ci viene spiegato, «la Convenzione stabilisce che l’autorità straniera che vuole perseguire un cittadino domiciliato in Svizzera deve in primo luogo far riconoscere la decisione da un tribunale svizzero (in questo caso la Pretura civile ndr.). Quest’ultimo la dichiarerà esecutiva nel nostro Paese e darà infine incarico all’Ufficio esecuzioni di svolgere la procedura di incasso».
«Questi solleciti non hanno alcun valore» – È quindi scorretto, dal punto di vista giudiziario, inviare direttamente un sollecito di pagamento al cittadino residente in Svizzera. Già, perché «la società di recupero crediti non ha nessuna autorità in questo senso e i solleciti non hanno di fatto alcun valore giuridico», sottolinea Piccirilli. Ergo: il pagamento non è dovuto. «E se l’automobilista si rifiutasse di pagare, la società di recupero crediti non avrebbe alcun mezzo di coercizione per obbligarlo a regolare l’importo».
«Zero verifiche e pagamenti chiesti dopo anni» – A preoccupare le autorità ticinesi, infine, è anche la modalità con cui operano, in quest’ambito, varie famigerate società di recupero crediti svizzere. «Cercano le informazioni del conducente tramite il numero di targa, attraverso l’elenco targhe presente sui portali delle sezioni della circolazione cantonali», spiega Arrigoni. «Il problema è che non di rado svolgono questa ricerca anche ad anni di distanza dall’infrazione, senza verificare nulla, e anche se nel frattempo la targa che era di Marco è diventata di Sara, spediscono l’ingiunzione di pagamento all’attuale detentore. Spesso, inoltre, non tengono conto della tipologia di veicolo: è più volte accaduto che a commettere l’infrazione fosse stato un conducente alla guida di una moto, ma che il sollecito venisse inviato al detentore di un’auto con lo stesso numero di targa».
Ciò detto, le autorità cantonali non intendono certamente sostenere comportamenti impropri: «I pedaggi e i parcheggi dovuti vanno pagati, dal momento che si è usufruito del servizio messo a disposizione dalle società italiane», conclude Arrigoni.
Da www.tio.ch