Dal Giornale del Popolo
Per il presidente del Governo Norman Gobbi anche quella di ieri non deve essere stata una giornata normale. Per almeno un mese (dal momento dell’annuncio della sua candidatura ufficiale quale esponente ticinese al Consiglio federale sotto la bandiera dell’UDC) ha vissuto in un turbine di passione per la più alta carica politica (non di milizia) della Confederazione. E conoscendo l’uomo-Gobbi lo ha fatto conscio che le possibilità di ricoprire quella funzione c’erano tutte, altrimenti non avrebbe accettato nemmeno di spendere quei 30 franchi per la tessera dell’UDC. Catapultato sulla scena nazionale, con telecamere e microfoni sempre pronti a carpire sue dichiarazioni. Impegnato a tessere contatti per validare una rincorsa possibile, ma difficile; credibile, ma spesso messa in dubbio. Il risultato è noto. Il Ticino è chiamato a fare ancora anticamera per accedere a quella sala in cui si riunisce il Consiglio fedele. Gobbi è tornato in Ticino con la convinzione di aver giocato tutte le sue carte. Di essere stato in partita, come abbiamo più volte sentito ripetere dai cronisti della nostra RSI mercoledì mattina. Ma è rientrato anche consapevole che la pur breve notorietà mediatica di queste settimane gli permetterà di «spendersi» ancora meglio per il suo Cantone. E sì, quel Cantone che da ieri è ritornato a essere la sua preoccupazione prioritaria. Con le sue difficili sfide per il contenimento della spesa; con le difficoltà di sostenere una politica economica che lo faccia crescere; con le beghe che lo contraddistinguono. Erano circa le 9 di ieri mattina, quando Gobbi ha varcato la porta del suo ufficio al quarto piano del palazzo amministrativo di Bellinzona. O meglio, la porta che lo introduce nell’ufficio delle segretarie, con Claudia, Patrizia e Jessica pronte a salutarlo e a portargli sul tavolo del suo vero ufficio, dietro quella porta spessa così per evitare origliamenti indiscreti, i «soliti» dossier da sbrigare anche in vista e in preparazione della seduta di Governo, aggiornata alle 13.30. Una giornata però, come detto, che non può essere considerata normale, tenuto conto di quanto vissuto direttamente a Berna per alcuni giorni. Lo sguardo dei colleghi di Governo incontrando i suoi occhi esprimevano sicuramente rincrescimento, convinti però che il gioco andava giocato e che ora si ricomincia. I saluti dei collaboratori incrociati nei corridoi di palazzo tradivano imbarazzo frammisto a delusione per qualcosa che poteva essere e che non c’è stato. La stessa sensazione delle persone incontrate per strada. Ma la vita del politico Gobbi dovrà riprendere il suo ritmo normale. Che tanto normale poi non è, soprattutto in un anno in cui si è presidenti del Consiglio di Stato. Si potrà aver parteggiato più o meno in modo convinto dietro questa candidatura. Ma una cosa non la potrà togliere nessuno al politico Gobbi: aver vissuto una situazione che pochissimi nella loro vita hanno la possibilità di vivere.
Gianmaria Pusterla