Erano le 5 del mattino di domenica, quando alcuni agenti della Polizia comunale di Lugano, allarmati dai cittadini, sono dovuti intervenire per sedare una rissa al Quartiere Maghetti. Chiamati a ristabilire l’ordine, questi sono però stati accolti da pesanti insulti e da minacce di morte. Nemmeno il tempo di dimenticare l’aggressione subita da un agente della Polizia comunale di Lugano lo scorso 21 dicembre in un locale della Città, che la storia si ripete. Questi fatti sono di gravità estrema e dimostrano come il rispetto nei confronti delle istituzioni non rappresenti più un valore imprescindibile della nostra società. Negli ultimi anni si è purtroppo assistito a un aumento degli episodi di violenza, sia fisica che verbale, nei confronti degli agenti di polizia; una tendenza preoccupante e da deplorare, poiché sintomo di un mutamento dei valori nella nostra società oltre che di un degrado sociale non tollerabile in qualsiasi Stato democratico.
Durante l’ultima seduta della Conferenza cantonale consultiva sulla sicurezza, tenutasi lo scorso dicembre, è stata mia premura attirare l’attenzione sui segnali di questo degrado riscontrabili sul territorio ticinese, a cominciare dalle innumerevoli scritte ingiuriose nei confronti delle istituzioni, tra le quali spicca l’acronimo ACAB (“All cops are bastards”, in italiano, tutti i poliziotti sono bastardi). Tutti questi atti di violenza contro gli agenti costituiscono un fenomeno allarmante che le Autorità sono chiamate a combattere in maniera efficace, allo scopo di sanzionare dovutamente i responsabili.
Nel 2010, la Federazione svizzera dei funzionari di polizia ha presentato la petizione denominata “Stop alla violenza contro la polizia”, con l’obiettivo di rendere attenti l’opinione pubblica e gli organi politici a questa problematica. Nello specifico, la petizione mirava a ottenere pene più severe nei confronti di coloro che non rispettano le Autorità. Le Camere federali avevano dato seguito alla petizione, incaricando la propria Commissione degli affari giuridici di elaborare un’iniziativa o un intervento parlamentare. In tale contesto, il 14 gennaio 2014 il Canton Ticino aveva presentato una specifica iniziativa cantonale che è andata ad aggiungersi a quelle già inoltrate dai Cantoni di Vaud e Ginevra, la cui trattazione è stata rinviata dal Parlamento al corrente anno, ottenendo proprio la scorsa settimana l’appoggio dalla Commissione affari giuridici degli Stati.
Il nostro Cantone sostiene quindi tutte le richieste volte a contrastare efficacemente questo genere di situazioni che non possono essere tollerate. In sostanza, si tratta di dar prova di fermezza, in modo del tutto analogo a quanto fatto nel 2011 quando, assieme al Comandante della Polizia cantonale e al Procuratore generale, ribadii tolleranza zero verso gli episodi di abuso di potere compiuti dagli agenti di polizia. Nell’attesa quindi che si concretizzino i vari progetti legislativi a maggior protezione anche dei funzionari di polizia, quali ad esempio la reintroduzione delle pene detentive di breve durata, le Autorità competenti devono operare nel contesto legislativo attuale. Nonostante quest’ultimo permetta già di tutelare l’Autorità e i suoi rappresentanti, è dovere delle istituzioni aggiornare costantemente il quadro legislativo ai mutamenti della nostra società.
Dinnanzi ad avvenimenti simili all’increscioso episodio del dicembre scorso avvenuto a Lugano, il mio sconcerto è ancor più profondo se penso a quanto la Polizia fa quotidianamente per tutti noi. Solo nel 2013, essa è intervenuta 1’124 volte per infrazioni al Codice penale, 3’110 volte per infrazioni alla Legge sugli stupefacenti e 1’348 volte per infrazioni alla Legge sugli stranieri, arrestando un totale di 1’202 persone. Insomma, una media giornaliera di più di 15 interventi e di più di 3 arresti. Ciò permette di comprendere quanto sia importante il lavoro svolto a favore della sicurezza dell’intera cittadinanza, spesso e volentieri oscurato dalle critiche avanzate contro i controlli della circolazione, i quali in realtà costituiscono un’infima parte (unicamente 684 appostamenti in un anno) dell’enorme lavoro svolto 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno dalle nostre forze dell’ordine. In considerazione di tutto ciò, l’adeguamento del numero dei funzionari di polizia deciso dal Consiglio di Stato (tra l’altro unico aumento del personale all’interno del mio Dipartimento) si giustifica ancor di più.
Pur essendo crudi elementi statistici, le cifre concernenti gli interventi di polizia menzionate rivestono un’importanza assolutamente primaria per chi, come me, è chiamato a dirigere la politica cantonale in materia di sicurezza. Proprio basandomi su questi dati posso affermare con orgoglio che la Polizia ticinese svolge con umiltà un lavoro enorme. Lavoro che va ricambiato da ogni ticinese con rispetto e gratitudine verso l’intero Corpo, non certo con aggressioni fisiche o verbali, oppure con strumentalizzazioni politiche a cui troppi hanno l’abitudine di ricorrere.
Norman Gobbi, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle istituzioni
Corriere del Ticino, 24.01.2015