Basilare la collaborazione tra le forze di sicurezza e militari
Qualche giorno fa ho avuto il privilegio di ospitare a Bellinzona il Governatore militare di Parigi e Generale di corpo d’armata Bruno Le Ray, uno dei più alti ufficiali dell’Esercito transalpino. L’occasione per questo evento, avvenuto nella sala del Gran Consiglio a Palazzo delle Orsoline, è stato il tradizionale incontro che il Dipartimento delle istituzioni organizza con gli ufficiali e sottufficiali professionisti ticinesi. Un momento di dialogo e di condivisione cui tengo molto, durante il quale le autorità politiche cantonali e militari si confrontano su temi d’attualità che riguardano l’attività dell’Esercito nel nostro Cantone. Grazie all’ottimo lavoro del Capo della Sezione del Militare Ryan Pedevilla e dei suoi più stretti collaboratori, quest’anno abbiamo potuto ascoltare le parole del Generale Bruno Le Ray, che ha descritto in modo chiaro e coinvolgente cosa accadde nel novembre del 2015, il mese degli attacchi terroristici al Bataclan e allo Stade de France e come la Francia ha reagito.
Non farsi cogliere impreparati
Il tema della lotta al terrorismo, che di fatto vede impegnata la Francia dagli anni ’80, ha avuto una netta accelerazione in quella tragica estate, periodo in cui il livello di guardia è stato notevolmente alzato. Le Ray ha fatto riferimento all’Operazione Sentinella (Opération Sentinelle) che tuttora contempla il dispiegamento su Parigi di 10.000 soldati, impegnati sul territorio in permanenza e a rotazione, con scopi persuasivi e dissuasivi. Operazione Sentinella che si fonda sulla collaborazione tra le Forze armate e le Forze di sicurezza interne nella capitale francese. Un principio, quest’ultimo, che – fatte le debite proporzioni – possiamo applicare anche nel nostro contesto. Stiamo infatti attraversando un periodo storico non facile, stretti come siamo nella morsa di problematiche di varia natura che ci coinvolgono più o meno da vicino e più o meno a livello personale. Tra le preoccupazioni che contraddistinguono la società in cui viviamo c’è anche il terrorismo, argomento molto mediatizzato e che entra nelle nostre case quotidianamente. Qualcuno obietterà che in Ticino il terrorismo non esiste, che non dovremmo preoccuparci per qualcosa che non c’è e che le priorità sono ben altre. Da un lato, il nostro Cantone e la Svizzera hanno effettivamente la fortuna di non aver mai vissuto ciò che altre nazioni (alcune molto vicine a noi, come la stessa Francia) hanno dovuto più volte patire. Alle nostre latitudini nessuno si sognerebbe mai di dire che siamo tra gli obiettivi delle organizzazioni terroristiche. D’altro canto, sarebbe alquanto incauto starsene immobili e passivi, correndo il rischio di farci cogliere impreparati nel caso fossimo confrontati con un evento estremo. Niente e nessuno può garantirci la perenne incolumità. Purtroppo, non avremo mai la certezza che attacchi terroristici di portata drammatica non possano toccare anche noi. Non siamo immuni dagli attentati ora, esattamente come non lo eravamo in passato. Dobbiamo pertanto vigilare senza sottovalutare niente e nessuno.
Non cedere all’immotivata paura
Dobbiamo però anche stare molto attenti a non cedere all’immotivata o irrazionale paura, come subdolamente spera chi commette atti vigliacchi e violenti. Proprio in quest’ottica, affinché la prevenzione sia efficace occorre che ognuno degli attori coinvolti collabori in modo proficuo con gli altri, facendo sistema. In questo contesto, le forze di sicurezza e militari ricoprono un ruolo di assoluta rilevanza, del quale non tutti hanno piena consapevolezza. Il loro è spesso un lavoro oscuro, poco appariscente, ma puntiglioso, approfondito e soprattutto redditizio. Se alle nostre latitudini conduciamo una vita sostanzialmente tranquilla, se avvertiamo una sensazione di generalizzata sicurezza, se passeggiamo per strada senza il timore che qualcosa di grave possa accaderci, lo dobbiamo anche a questi professionisti che senza alcun proclama ci guardano le spalle.