La sicurezza è un evidente compito statale. Era un compito che veniva garantito dal capotribù, dal capoclan, dal capo villaggio, dal signore feudale, dal console del comune medievale, dal capo della comunità alpina, ed oggi dal sindaco, dal capo dicastero, dal capo dipartimento, dal ministro.
La nostra società è una società moderna strutturata e sviluppata, che richiede un intervento chiaro da parte dello Stato ai suoi vari livelli. Un intervento che è garanzia di sicurezza ad ampio raggio: sociale, economica e di protezione del cittadino. Mi concentrerò oggi su quest’ultimo punto, anche perché la sua assenza ha influsso sugli altri aspetti, come pure il contrario.
La protezione del cittadino richiede capacità e formazione, che vengono garantite dall’impegno dei corpi di polizia, dei centri di formazione professionale e dagli istruttori, tra cui molti ufficiali di polizia. In questo senso vi esprimo la gratitudine e il rispetto dell’autorità cantonale ticinese per il vostro lavoro di formazione e di sviluppo nell’ambito della sicurezza e della protezione del cittadino.
Il Ticino non dispone di un rapporto sulla politica di sicurezza, come conosciamo invece a livello federale. Il nostro Cantone ha inserito nelle linee direttive (ossia il programma di governo) dei concetti chiari in tal senso, nel capitolo dal titolo “SICUREZZA E COESIONE IN EVOLUZIONE”. Questa combinazione, di sicurezza e coesione, ha lo scopo di sottolineare – come accennato prima – che la sicurezza non è solo da intendere come ordine pubblico, ma ha un’estensione concettuale i cui risvolti hanno un influsso sull’ordine pubblico e la coesione sociale.
In riferimento agli stretti ambiti di polizia, il capitolo “Protezione del cittadino” è caratterizzato in particolare dai seguenti temi: (1) coordinamento e integrazione delle forze di sicurezza (pubbliche e private); (2) polizia di prossimità; (3) sicurezza nella gestione di grandi eventi, in particolare sportivi; (4) la violenza domestica; (5) la sicurezza stradale; (6) sicurezza e sviluppo territoriale; (7) la protezione della popolazione.
Due sono i principi generali che il Consiglio di Stato vuole porre al centro dell’azione politica per il quadriennio a venire. Innanzitutto, si ribadisce che la visione di un Ticino con frontiere più aperte genera inevitabilmente un impatto importante sulla sicurezza pubblica. Quale elemento centrale di attrattiva del nostro Cantone, la sicurezza pubblica deve essere mantenuta a un livello elevato, soprattutto nel contesto di Schengen. Occorrono pertanto strategie e strumenti di lotta alla criminalità sempre più performanti, che permettano di ovviare agli inconvenienti che fanno da corollario agli scenari di apertura del Ticino verso l’esterno in una prospettiva cantonale (interna), intercantonale e transfrontaliera/internazionale. Il garantire un Paese sicuro e stabile riveste anche un ruolo di attrattiva, in quanto le crescenti difficoltà finanziarie ed economiche internazionali stanno altrove compromettendo la produttività e gli investimenti, e questo valore oggi è percepito positivamente come concorrenziale per il Ticino e la Svizzera. Nella competitività del nostro Paese dobbiamo quindi mantenere alto questo carattere distintivo, che ci ha permesso – oggi come nel passato – di essere identificati come luogo competitivo per investimenti, attività produttive e domicilio di persone fisiche.
La sicurezza si conferma quindi quale fondamentale vantaggio competitivo nei confronti in particolare della vicina Italia. In secondo luogo, anche in ambito di sicurezza e di protezione del cittadino, il Governo sottolinea come l’appello alla responsabilità individuale debba rivestire un ruolo di crescente importanza. Pur mantenendo la sua attualità, il concetto di polizia come garante della sicurezza e dell’ordine pubblico mostra sempre più i suoi limiti, se in esso non è compresa la partecipazione attiva e individuale di tutti i membri della società. Ciò significa che anche nell’azione dello Stato a favore della sicurezza si dovrà in futuro far capo ai contributi di tutti.
Il Governo ticinese propone poi tre schede di progetto già oggi chiare, che riguardano ambiti di polizia. (a) Sicurezza e ordine pubblico – Logistica, con l’obiettivo “Logistica Polizia 2020”; (b) Sicurezza e ordine pubblico – Effettivi Polizia cantonale, con l’obiettivo “Potenziamento degli effettivi della Polizia cantonale allo scopo di adeguare le strutture ai nuovi fenomeni, alle mutate condizioni quadro e alle procedure in costante evoluzione (effettivo 700PLUS)”; (c) Sicurezza e ordine pubblico – Risorse tecniche e informatiche, con l’obiettivo “Dotare la Polizia cantonale delle risorse tecniche e informatiche necessarie per incrementare l’efficienza, l’efficacia e la sicurezza dell’intervento di polizia”.
Sono dei progetti vitali al funzionamento di base e al compito statale di garantire la sicurezza e la protezione del cittadino nel nostro territorio. Sii tratta di compiti non facili in un territorio come il nostro. Il Ticino è la porta sud della Svizzera. La porta rivolta all’Italia, al Mediterraneo e all’emisfero sud ossia l’Africa. Una posizione strategica, che come abbiamo sentito dai relatori che mi hanno preceduto, espone il Ticino a rischi e minacce in materia di sicurezza. Flussi migratori, criminalità transfrontaliera, criminalità organizzata: questi sono i temi ricorrenti nelle relazioni bilaterali tra Svizzera e Italia presso il Centro di cooperazione di polizia e dogana di Chiasso. Temi che ben evidenziano come la nostra realtà sia simile alle altre realtà di confin, ma è unica per alcuni aspetti di fondo. Primo, la Svizzera e il Ticino il cui benessere e ricchezza non è paragonbile alla realtà alle nostre porte in forte difficoltà economica; i nostri sono territori attrattivi, quindi anche per i flussi migratori e il nostro benessere è oggetto di furti e rapine che sono fortemente aumentati nella fascia di confine. Secondo, viviamo a meno di 50 km da una metropoli (Milano) e nel raggio di 100km attorno a Chiasso vivono quasi 10 Milioni di abitanti, una volta e mezza l’intera Svizzera. Questi due aspetti fanno unico il Ticino, poiché il nostro sistema economico e la presenza della terza piazza finanziaria svizzera rendono le differenze con il sistema economico italiano ancora maggiore. Un divario che come ho illustrato all’inizio, laddove non vi è coesione e sicurezza economica e sociale, la sicurezza del cittadino ne risente.
Un territorio esposto e una società complessa richiedono collaborazione tra le forze dell’ordine. In tal senso posso solo esprimere soddisfazione per l’ottima intesa tra le forze dell’ordine in Ticino. Altrove esistono conflitti e concorrenza tra le varie organizzazioni. Da noi posso affermare con fierezza che le forze dell’ordine lavorano nella stessa direzione, con unità di intenti e con collaborazione operativa sul campo. Cito ad esempio le operazioni STACE e DISCOMO. La prima, STACE, vede le forze pubbliche (guardie di confine federali, polizia cantonale e polizia comunale) e organizzazioni di sicurezza privata (polizia ferroviaria e Securitas) operare congiuntamente nel comparto urbano di Chiasso per la gestione dei flussi migratori e dei disagi causati dai richiedenti l’asilo problematici. La seconda, DISCOMO, vede l’integrazione e il coordinamento del pattugliamento del territorio di confine nel Sottoceneri tra Guardie, Polizia cantonale e Polizie comunali, allo scopo di bloccare il diffondersi dei furti nelle abitazioni. Risultati positivi sono stati colti, con il fermo e l’arresto di autori di furti in abitazioni e di rapine in commerci della regione. Effetto negativo, vi è da dire che di recente si assiste a recrudescenze di furti nelle zone alpine e periferiche del Cantone, meno confrontate in passato e meno presidiate rispetto alla presenza nella zona urbana. Questo effetto conferma la necessità della collaborazione interforze, come pure di poter disporre adeguati effettivi di polizia cantonale e comunale, a presidio del nostro territorio tutto.
Per un ufficiale di polizia è normale, ma lo ribadisco anche all’attenzione della politica. La responsabilità non è delegabile. Lo Stato deve assumersi le sue responsabilità nel garantire ai cittadini la protezione e riportare quel senso di sicurezza che solo 20 anni percepivamo come più alto. Bisogna cominciare dalla prossimità, dove il contatto diretto e il controllo del territorio evitano il diffondersi di comportamenti negativi o delle dinamiche del “vetro rotto”.
Alcuni indicano la via della “tolleranza zero” sui comportamenti devianti, in quanto i segni indicativi di degrado urbano e di criminalità portano ad una diminuzione della qualità di vita. Voglio sottolineare come il lassismo e l’incuranza, unite alla perdita del controllo del territorio, possano scatenare spirali pericolose. L’attuale diritto penale è da molti indicato come troppo “leggero”, dato che anche per reati contro il patrimonio e la persona prevede solo pene pecuniarie. Oggi ci vogliono pene che prevedano coercizione e privazione della libertà, se l’obiettivo è quello di sortire un effetto educativo e dissuasivo. Il legislatore federale ha cominciato a reintrodurre le pene detentive di breve durata, ma non può e non deve fermarsi qui.
I nostri cittadini chiedono una giustizia incisiva con chi mette in pericolo la nostra sicurezza. La polizia fa il suo dovere, ora tocca a noi politici fare il nostro nel dare strumenti di legge che permettano a voi – signore e signori ufficiali di polizia – e ai vostri subordinati di essere efficaci e la giustizia conseguente nell’importante lavoro di prevenzione a favore della sicurezza della cittadinanza.
Vi ringrazio.
Norman Gobbi
Consigliere di Stato, Direttore del Dipartimento delle istituzioni e Presidente della Regio Insubrica
Società svizzera degli ufficiali di polizia – Assemblea generale
31 maggio 2012, Chiasso
Intervento di Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni