Il Consiglio di Stato ha approvato e presentato l’aggiornamento della strategia messa in campo per contrastare il grave fenomeno della violenza domestica
«Gli sforzi intrapresi dalle istituzioni e dalla società civile nell’ultimo anno contro la violenza domestica sono rilevanti e sono stati indirizzati sia a chi è direttamente confrontato con questo fenomeno, sia alla società nel suo insieme». Con la consapevolezza che per agire in maniera efficace contro il problema strutturale «occorre favorire un cambiamento soprattutto culturale orientato alla parità». È con queste valutazioni che il direttore del Dipartimento istituzioni (Di) Norman Gobbi– affiancato dai due colleghi di governo Raffaele De Rosa e Manuele Bertoli – ha introdotto in conferenza stampa la presentazione dell’aggiornamento del ‘Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica: misure, implementazione e attuazione’ approvato dal Consiglio di Stato a un anno di distanza dalla sua entrata in vigore.
«Lo scorso anno abbiamo voluto dare un segnale forte nell’ottica di collaborare con i vari partner istituzionali e con la società civile per affrontare questa tematica», ha detto Gobbi. L’obiettivo principale con cui è nato il Piano d’azione cantonale, ha ricordato, «è di rendere strutturale il sistema di prevenzione e di contrasto alla violenza domestica, migliorando la risposta alla violenza e favorendo di conseguenza il suo decrescere». Per raggiungere tale obiettivo sono stati definiti quattro assi di intervento, fondati sulla strategia “delle quattro P”: Prevenzione attraverso la sensibilizzazione e la formazione dei professionisti; Protezione delle vittime; Perseguimento degli autori; e Politiche coordinate. «Perché non bisogna pensare per compartimenti stagni – ha sottolineato Gobbi –, ma in modo trasversale». Una collaborazione da rafforzare «visto che spesso si rimprovera alle autorità e alle istituzioni cantonali di essere poco attive, anche se in realtà ognuno fa molto nei propri ambiti».
“Legge di polizia in elaborazione”
E nell’ambito delle misure più prettamente di competenza del Dipartimento istituzioni (Di), quindi sull’asse del “perseguimento”, Gobbi ha innanzitutto messo l’accento sulla modifica della Legge cantonale di polizia, ora in elaborazione dopo la consultazione pubblica, «che sarà finalizzata tenendo conto delle osservazioni fatte da chi si occupa di violenza domestica». Legge in cui ad esempio è stato introdotto «il processo di gestione delle minacce con l’obiettivo di riconoscere segnali premonitori e comportamenti specifici per valutare la probabilità del passaggio all’atto e prevenirlo, anche in ambito di violenza domestica», ha spiegato Gobbi, rammentando come già oggi la Polizia cantonale per il tramite del Gruppo di prevenzione e negoziazione si occupi di autori di violenza domestica. Il direttore del Di ha rimarcato l’importanza del lavoro svolto con persone violente condotto dall’Ufficio dell’assistenza riabilitativa della Divisione della giustizia: «A cavallo tra il 2021 e il 2022 è stato costituito all’interno dell’Ufficio un gruppo specialistico di operatori sociali per la presa a carico degli autori di violenza domestica. Tra gli obiettivi c’è la diminuzione della recidiva». Trentatré, nell’ultimo anno, i partecipanti alla specifica formazione antiviolenza, di cui 7 uomini indirizzati dal Ministero pubblico nelle situazioni di sospensione del procedimento penale e 15 a titolo volontario, «a dimostrazione della bontà di questa azione», ha commentato Gobbi. Dal 1° gennaio di quest’anno, ha inoltre ricordato il direttore del Di, è possibile per la vittima di stalking e violenza domestica far dotare l’autore di un dispositivo elettronico (“braccialetto”) per monitorare a posteriori i suoi spostamenti. Una misura di carattere civile e non penale che deve essere richiesta dalla vittima. Ad oggi però «non è mai stata ordinata», ha affermato Gobbi, aggiungendo che a gennaio 2023 è prevista la visita in Spagna per meglio conoscere il sistema adottato nel Paese per la “sorveglianza attiva”.
“Prevenzione e protezione consolidate”
A concernere il Dipartimento sanità e socialità diretto da Raffaele De Rosa, come da lui stesso illustrato, sono soprattutto gli assi della prevenzione e della protezione. «Le misure presentate nel Piano d’azione 2021 sono state in maggior parte realizzate – ha reso noto De Rosa –. E nel frattempo ne sono anche state individuate di nuove». Sul fronte della prevenzione, tra l’elenco fatto da De Rosa figurano il consolidamento del progetto “Face-à-Face” per minori e giovani adulti autori di violenza «che permette di ridurre la recidiva in caso di violenza giovanile fino all’80%». Ma anche quello denominato ‘Viva Voce’, per la formazione di professionisti in ambito sociale, «volta a rafforzare la partecipazione attiva e l’ascolto dei minori nell’elaborazione dei loro progetti di vita». Tra le nuove misure in fase di studio e da implementare nel 2023 ci sono ad esempio la partecipazione all’organizzazione di una giornata cantonale di sensibilizzazione e quella alla formazione per interpreti e mediatori culturali nonché per avvocati e praticanti.
Sul fronte della protezione, De Rosa ha citato la creazione del numero unico 0800 866 866 per il Servizio di aiuto alle vittime; il potenziamento del personale delle Case protette e il monitoraggio della loro occupazione per la valutazione del bisogno. «Abbiamo anche proceduto a un aumento del numero dei giorni riconosciuti in struttura protetta, da 21 a 35, e allineato i contributi per le vittime minorenni come per le mamme a 80 franchi, riducendo pure la retta per la permanenza a partire dal 36esimo giorno». Di rilievo anche lo sviluppo con la Supsi e l’applicazione di un protocollo di presa a carico delle vittime di violenza domestica nei Pronto soccorso dell’Ente ospedaliero cantonale. Tra le nuove misure prospettate su questo, si trova la promozione di un alloggio di transizione e di un accompagnamento alla gestione del quotidiano per le donne dopo la fase di protezione: «Una soluzione intermedia che sta tra le case protette e gli appartamenti autonomi». C’è però una criticità di cui De Rosa si è rammaricato, ovvero la lentezza per la realizzazione di un numero di telefono unico a tre cifre per l’aiuto alle vittime, di competenza nazionale: «Riteniamo sia prioritario e auspichiamo veramente si possa procedere con più celerità».
“La buona base del sistema formativo”
Per quanto riguarda l’intervento del Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs), «il focus viene messo sull’ambito formativo – ha spiegato il suo direttore Manuele Bertoli –. La formazione è fondamentale per generare il cambiamento culturale necessario». A scuola, ha ripreso, «ci sono una serie di aspetti e valori che vengono veicolati e riconosciuti dai Piani di studio. Penso all’ascolto, al rispetto dell’altro, alla gestione della diversità, alle pari opportunità, alla capacità di gestione dei conflitti. Sono elementi propri del sistema formativo, e sono una buona base su cui costruire anche un’attenzione sul fenomeno della violenza domestica che questi valori li calpesta». Tra le misure del Piano d’azione riguardanti la scuola ticinese Bertoli ha citato la volontà di estendere i docenti mediatori anche nelle scuole post-obbligatorie, «figure a cui gli allievi possono rivolgersi». Ma anche l’attivazione poco più di un anno fa di Antenne «per aiutare i docenti a individuare i segnali che potrebbero essere indicatori di una violenza subita dagli alunni nell’ambito familiare». Il direttore del Decs ha poi evocato un’iniziativa nel settore della formazione professionale: «Gli studenti e i docenti del Centro professionale tecnico di Bellinzona hanno realizzato sull’arco di 10 giorni nella primavera scorsa una mostra, momenti di discussione, uno spettacolo teatrale e diversi interventi di enti e associazioni attivi sul territorio attorno al tema della violenza domestica». Un accenno è stato dedicato anche al progetto “Batticuore”, concepito per mettere in luce il fenomeno della violenza all’interno delle giovani coppie, «purtroppo in aumento».
«Il Piano d’azione – ha commentato in conclusione Gobbi – ha permesso di strutturare e far convergere delle risposte frammentate che in parte erano già presenti, creando un quadro istituzionale contro il fenomeno della violenza domestica. E al contempo ha dato uno slancio a nuove iniziative per un’azione coordinata e congiunta. La popolazione deve riporre fiducia nello Stato– ha esortato – perché nel contrasto a questo fenomeno le istituzioni ci sono. Ci sono e sostengono, aiutano, proteggono le vittime, e puniscono gli artefici di violenza».
Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 24 novembre 2022 de La Regione
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Una violenza subdola e nascosta
PIANO D’AZIONE / Troppo spesso gli abusi che si consumano fra le mura domestiche non vengono denunciati – Il Governo ha aggiornato la strategia cantonale per combattere un fenomeno doloroso ma che coinvolge tutta la società – Autorità, enti e associazioni insieme per combattere il problema
Contrastare il fenomeno della violenza domestica spetta a ognuno di noi. Tutti possono contribuire a mitigare un problema diffuso ma ancora troppo poco visibile. I casi sono tanti, anche nel piccolo Ticino: secondo l’Associazione consultorio e casa delle donne, nel nostro cantone vengono effettuati tre interventi di polizia al giorno per questo tipo di abusi. Numeri impressionanti, che vanno di pari passo con il dato nazionale riguardante la violenza di genere: 4 donne su 10 ne sono vittima. Numeri, quindi, che vanno combattuti con ogni mezzo a disposizione. Anche perché i casi segnalati alle autorità sono solamente la punta dell’iceberg. «La violenza domestica è una tematica che riguarda la società nel suo insieme: la lotta contro questo fenomeno deve coinvolgere tutti, autorità e società civile», ha sottolineato Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni, durante la presentazione sull’aggiornamento del Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica. «Purtroppo gli atti che vengono denunciati sono pochi. Molti rimangono sommersi, occultati a causa di un rapporto sentimentale o di dipendenza economica della vittima. Le violenze, infatti, si consumano quasi sempre nel contesto familiare».
Il lavoro fra dipartimenti
L’aggiornamento del piano cantonale va quindi nella direzione di portare alla luce il maggior numero di casi possibile grazie al coinvolgimento delle istituzioni e delle numerose associazioni che operano sul territorio. Si vuole rendere strutturale il sistema di prevenzione e di gestione della violenza domestica, migliorando la risposta. Per raggiungere l’obiettivo, ha spiegato ancora Gobbi, sono stati definiti quattro assi di intervento, le «4P»: «Prevenzione, protezione, perseguimento e politiche coordinate», ha spiegato il consigliere di Stato. Il tutto passa quindi da strette sinergie fra i dipartimenti interessati, così come da diversi strumenti di conduzione della politica pubblica (in particolare il programma cantonale di promozione dei diritti, di prevenzione della violenza e di protezione dei bambini e giovani e il piano d’azione cantonale per la pari opportunità). Gobbi ha poi evidenziato alcune misure di competenza del suo dipartimento: la gestione delle minacce, inserita nella nuova legge cantonale di polizia (che permette di riconoscere i segnali premonitori prima che scoppi la violenza); il lavoro con persone violente; il braccialetto elettronico per monitorare a posteriori gli spostamenti di autori di stalking (possibile dal 1. gennaio 2022, ma finora la misura non è stata applicata in Ticino). «A livello Federale», ha ricordato in seguito il direttore del DI, «si sta inoltre studiando un sistema di sorveglianza attiva». Più in generale, ha ribadito ancora Gobbi, «le istituzioni ci sono e i cittadini devono avere fiducia nello Stato». Il messaggio che deve passare, dunque, è che bisogna parlare maggiormente del fenomeno della violenza domestica. Solo così è possibile far uscire allo scoperto i casi sommersi.
Un alloggio temporaneo
Il Piano d’azione, come visto, prevede strette sinergie fra dipartimenti. Anche il DSS è quindi in prima fila per combattere il fenomeno, grazie agli assi «prevenzione e protezione ». Il direttore De Rosa ha sottolineato quanto fatto finora (campagne di sensibilizzazione, partecipazione a progetti di formazione e ricerca, attività di sostegno, potenziamento del personale delle case protette) e ha in seguito illustrato le nuove misure individuate. Fra queste, «in fase di studio vi è la promozione di un alloggio di transizione e di accompagnamento alla gestione del quotidiano per le donne dopo il periodo trascorso nella Casa protetta». Un tassello importante, e che permetterà alle donne in difficoltà «di trovare un sostegno per riconquistare la loro autonomia». Qualche critica è stata espressa da De Rosa agli attori coinvolti nel progetto del numero nazionale d’emergenza a tre cifre per le vittime, non ancora attivato. «Abbiamo sollecitato più volte chi ha il compito di trovare le soluzioni tecniche e di implementazione: riteniamo che questo progetto sia prioritario ».
La scuola come esempio
Ma per combattere il problema della violenza domestica, è cruciale anche un intervento a livello scolastico. In quest’ottica, Manuele Bertoli – direttore del DECS – ha ricordato come l’ascolto, il rispetto, la gestione della diversità, delle pari opportunità e dei conflitti rientrino nelle competenze trasversali del piano di studio, perché «concorrono a creare un substrato relazionale positivo». Bertoli ha poi sottolineato un’iniziativa nata all’interno della scuola (al CPT di Bellinzona). «La scorsa primavera gli studenti e i docenti hanno realizzato, sull’arco di 10 giorni, una mostra, momenti di discussione e uno spettacolo teatrale con il coinvolgimento di enti e associazioni attivi sul territorio». Un’esperienza che verrà ripetuta in altre scuole.
Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 24 novembre 2022 del Corriere del Ticino
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Contrastare insieme la violenza domestica
Il Consiglio di Stato ticinese ha aggiornato il piano cantonale varato un anno fa
Imparare a riconoscere i segnali premonitori, prevenire la recidiva, potenziare le case protette, elaborare un protocollo di presa a carico al pronto soccorso, campagne di sensibilizzazione, un numero unico di contatto per le vittime (lo 0800 866 866): sono alcune delle molte facce della lotta alla violenza domestica, contro la quale il Canton Ticino aveva elaborato nel novembre del 2021 un piano di azione che il Consiglio di Stato ha aggiornato mercoledì, facendo il punto sulle misure attuate in questi primi 12 mesi e sui prossimi passi.
Sono quattro gli assi su cui si lavora: riguardo al perseguimento, il capo del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, ha così ricordato per esempio l’inserimento del processo di gestione delle minacce nella nuova legge di polizia ora in consultazione. Prevenzione e protezione sono di competenza del Dipartimento della sanità e della socialità. Guardando al futuro, Raffaele De Rosa ha citato per esempio il progetto “Viva Voce”, per la formazione di professionisti in ambito sociale così da rafforzare l’ascolto dei minori, e la fase di studio per l’introduzione di un alloggio di transizione e di accompagnamento alla gestione del quotidiano per le donne che escono dal periodo di protezione. La prevenzione passa però anche per la scuola e non solo con lo sviluppo di competente interdisciplinari come l’ascolto, il rispetto della diversità e delle pari opportunità, ha ricordato il responsabile dell’eduzione Manuele Bertoli. Fra le iniziative concrete, il progetto “Batticuore” vuole contrastare la violenza che a volte contraddistingue anche le giovani coppie.
Il piano doveva rendere strutturale la lotta a questo fenomeno, perché come ricordato da Gobbi “le risposte c’erano già ma bisognava dare loro un cappello” istituzionale. La violenza domestica – è stato ricordato – “riguarda la società nel suo insieme” e per essere contrastata richiede un lavoro condiviso di associazioni, enti e servizi.
La fase di implementazione durerà fino al 2024. Nel 2025 sarà poi l’ora del bilancio e quindi dell’elaborazione di una nuova strategia. Il tutto nel quadro più ampio dell’applicazione della Convenzione di Istanbul entrata in vigore per la Svizzera nel 2018: il rapporto internazionale GREVIO attribuisce buone note alla Confederazione, ma sottolinea anche aspetti da migliorare, per esempio nella disponibilità di dati statistici (molti casi sfuggono), nella protezione dei minori e nel sostegno alle vittime nel contesto migratorio.
Da www.rsi.ch/news