Articolo apparso all’interno dell’edizione di martedì 23 gennaio 2018 del Corriere del Ticino
Norman Gobbi: «Così evitiamo che si installino persone che non desideriamo» – Ecco il primo bilancio della riforma.
Ad un anno dallo scandalo dei permessi falsi, il Dipartimento delle istituzioni ha tracciato un primo bilancio della riorganizzazione dell’Ufficio della migrazione. Un nuovo assetto che, come dichiarato dal direttore Norman Gobbi , non solo permette «di fare di più con le stesse risorse, ma anche di rispondere alla volontà popolare delineatasi più volte di voler controllare l’immigrazione in Ticino». Partita ufficialmente lo scorso giugno, la riforma ha introdotto una «svolta epocale» nell’esame dei dossier, ha evidenziato il capo della Sezione della popolazione Thomas Ferrari . Oltre alla chiusura dei 5 uffici regionali e la concentrazione nelle sedi di Lugano e Bellinzona, il nuovo apparato consente di richiedere, rinnovare o modificare tutti i tipi di permessi online, tramite il sito dell’Ufficio della migrazione. «Un’impostazione questa che permette di concentrare l’attività dei funzionari sul controllo e sull’approfondimento delle domande», ha aggiunto Ferrari ribadendo come «non tutte le richieste si evadono con un clic e se pensiamo che nel 2017 sono state oltre 141.000 le pratiche registrate si può facilmente intuire come l’attività di controllo, cruciale nella lotta agli abusi, pesi sul settore».
Ed è proprio nella lotta agli abusi che si trova un importante tassello della riorganizzazione: «Grazie al supporto della Polizia scientifica abbiamo potuto istruire i nostri funzionari alla verifica e all’autenticità dei documenti – ha sottolineato Ferrari – in questo modo riconoscere i documenti contraffatti sarà più facile». La guardia rimane dunque alta in un settore che, proprio per le specificità del nostro cantone, risulta «estremamente delicato». «Il Ticino è una realtà unica in Svizzera – ha sottolineato Gobbi – basta pensare che, per quanto concerne i permessi G, contiamo più autorizzazioni di tutta la Svizzera interna». E se da un lato il consigliere di Stato ha sottolineato che «non posso dire che siamo riusciti a frenare l’immigrazione», dall’altro ha rimarcato come la nuova struttura ha permesso al nostro Cantone di «dotarsi di sistemi di controllo e depistaggio in grado di ridurre il rischio che sul nostro territorio si installino persone che non desideriamo». Non da ultimo dal momento che, a partire dal 2002 con l’introduzione della libera circolazione, «il numero di richieste di permessi ha registrato un continuo aumento».
Infine, punto cardine della riorganizzazione è la collaborazione con la Polizia cantonale: terminata la procedura online, i richiedenti di un permesso per frontaliere G (dipendenti) sono tenuti a presentarsi presso un posto di gendarmeria per un controllo del documento d’identità. «Una verifica che consente di accrescere la sicurezza», ha commentato il comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi rassicurando però come «questo nuovo compito non distoglie le pattuglie dal sorvegliare il territorio. È importante ribadirlo: non abbiamo tolto forze al fronte».