Dal Corriere del Ticino del 27 maggio 2016, un articolo di Massimo Solari
L’attività dell’Ufficio della migrazione, tra libera circolazione e misure dipartimentali Morena Antonini: «Ma i numeri non dicono tutto, alla quantità preferiamo la qualità»
«Per il rinnovo di un visto, premere tasto 1; per verificare lo stato della vostra pratica tasto 2; per altre informazioni tasto 3». Anche noi, per raggiungere la responsabile dell’Ufficio della migrazione Morena Antonini, siamo dovuti passare dallo speciale contact center introdotto a inizio 2015 dal Dipartimento delle istituzioni. Insieme ad altri, uno strumento implementato con l’obiettivo di gestire al meglio il rilascio e il rinnovo dei permessi. Provvedimenti, questi, culminati nell’aprile dello scorso anno con la richiesta sistematica dell’estratto del casellario giudiziale per i richiedenti di un permesso di dimora (B) e per frontaliere (G). E in tal senso è stato come ritornare alle origini, in quanto la procedura era già prevista prima dell’entrata in vigore dell’Accordo sulla libera circolazione (ALC) nel 2002, che invece l’ha poi permessa solo in via eccezionale. «Il discorso però è complesso» ci fa notare Antonini: «Sono una della vecchia guardia, che ha vissuto sulla propria pelle tutti gli aggiornamenti intercorsi in questi anni». Sì perché, sottolinea la capoufficio, «la materia stranieri, anche prima dell’ALC, è sempre stata in evoluzione: sia nell’ambito del legislatore che a livello di giurisprudenza». E se tra il 2002 e il 2015 la modifica formale più rilevante per cercare di ovviare all’assenza di un filtro come il casellario è stata l’introduzione dell’autocertificazione sui precedenti penali, dietro le quinte le autorità preposte ai controlli hanno dovuto in qualche modo reinventarsi.
Quel filtro preventivo venuto meno
«Oltre alla richiesta del certificato penale – spiega Antonini – prima della libera circolazione si procedeva anche con un esame preventivo delle domande. Per le persone intenzionate a esercitare un’attività lucrativa in Ticino si raccoglievano una serie di dati sui rispettivi datori di lavoro. Verificavamo l’esistenza dell’azienda, se il fabbisogno di manodopera estera fosse giustificato e si fosse già ricercato sul mercato del lavoro residente, la correttezza delle condizioni salariali». Detto altrimenti, quando si rilasciava l’autorizzazione tutti i controlli erano già stati eseguiti, e quindi la possibilità che vi fossero abusi o casi che interessassero le autorità giudiziarie risultavano più limitati. Con l’ALC tutto è cambiato. «I diversi organi di controllo, come i Comuni, l’ufficio AVS o dell’assistenza, l’Ispettorato del lavoro e l’Ufficio per la sorveglianza del mercato del lavoro, sono stati chiamati ad agire in seconda battuta» indica Antonini. La maturazione di questo nuovo paradigma operativo si è tuttavia protratta negli anni. «Tant’è – rileva la nostra interlocutrice – che siamo arrivati nel 2014 con un rilevante accumulo di segnalazioni. Questo ha giustificato una riorganizzazione dell’Ufficio della migrazione, con l’istituzione di un settore giuridico che oggi approfondisce i casi critici. E naturalmente aumentando i controlli è cresciuto il numero delle decisioni di diniego o revoca».
Ma se i 192 casi gravi venuti a galla tra l’aprile del 2015 e quello del 2016 sono figli della richiesta sistematica del casellario, lo stesso non può dirsi per altre fattispecie. Oltre alla citata collaborazione con altri settori, così come con la Confederazione e le forze dell’ordine, prima del casellario il Dipartimento delle istituzioni aveva tentato altre vie. «Penso all’esame dei richiedenti tramite il motore di ricerca Google» spiega Antonini: «Certamente le informazioni che si ricavano non sono affidabili quanto quelle di un certificato rilasciato dalle autorità, ma anche in Internet è possibile risalire a dati che giustificano una richiesta di approfondimento». Ma come funziona? «La procedura non è facile: vengono inseriti i nominativi con determinate modalità tecniche che i collaboratori hanno appreso da esperti, il tutto per ottenere risultati più attendibili».
Dietro ai numeri
Se si analizzano le statistiche 2015 relative ai permessi globali emessi agli stranieri non può ad ogni modo passare inosservato il crollo numerico rispetto al 2014: i permessi sono infatti passati da 90.848 a 77.008. Difficile non pensare a un deciso giro di vite in quest’ambito. «Ma se guardiamo al 2005 – nota Antonini – eravamo a quota 66.000. Questi flussi sono legati ai rinnovi, a loro volta dettati dalle scadenze quinquennali dei permessi che si spalmano sull’arco di 3 anni». Antonini inoltre rinvia alla statistica sui permessi in vigore, «dove al contrario si assiste a un incremento del totale, passato dalle 174.240 unità del 2014 alle 174.711 del 2015». La capoufficio non nasconde comunque che «a seguito dell’aumento dei richiedenti, di quello dei controlli e delle segnalazioni, effettivamente l’ufficio ha accumulato dei ritardi nell’evasione delle domande». Ciò detto, puntualizza, «non sarebbe attendibile trarre delle conclusioni basandosi unicamente sull’entità dei permessi rilasciati. Il nostro è un lavoro di qualità, non di quantità».
«Soluzioni fatte in casa»
Nessun atteggiamento vessatorio nei confronti degli stranieri, dunque? abbiamo chiesto al direttore delle Istituzioni Norman Gobbi. «Tutt’altro: con l’avvento della libera circolazione c’è stata una limitazione sulle possibilità di anticipare gli interventi e rispettivamente fermare persone ricercate. Perciò – aggiunge – abbiamo dovuto trovare delle soluzioni fatte in casa che ci permettessero un maggiore controllo». Politicamente parlando, per Gobbi alla base di queste decisioni v’è «il principio del Ticino sicuro e accogliente. Il Cantone è in effetti disposto ad accogliere sul territorio coloro che vogliono partecipare attivamente alla vita economica e alla crescita del Paese, e non solo beneficiare del luogo. Dall’altra parte c’è poi una dimensione di sicurezza, cruciale per un cantone come il nostro che, a differenza di altri, è esposto in maniera accresciuta a fenomeni come la criminalità organizzata».