Intervista pubblicata nell’edizione di martedì 10 settembre 2019 del Corriere del Ticino
Per contrastare i reati economico-finanziari arriverà un nuovo procuratore pubblico
Per contrastare l’aumento degli incarti legati ai reati economico-finanziari occorre dotare il Ministero pubblico di un procuratore pubblico supplementare. Ne è convinto il Consiglio di Stato che a luglio ha espresso un sì di principio su proposta delle Istituzioni. Terminata la consultazione, domani il messaggio approderà sul tavolo dell’Esecutivo per il via libera definitivo. Intanto Norman Gobbi annuncia che «si stanno valutando altri potenziamenti».
Terminata la consultazione c’è chi auspicava un passo più deciso. La soluzione proposta è un cerotto che non risolve la situazione?
«Il Consiglio di Stato ha sì proposto di aumentare il numero dei procuratori pubblici, ma nel corso dell’estate ha potenziato il Ministero pubblico con tre segretari giudiziari supplementari, figure chiave che supportano i procuratori pubblici nella loro attività. L’aumento di risorse che comporta un onere complessivo di circa 1 milione di franchi non lo definirei un cerotto, ma una decisione importante per la giustizia ticinese. Questo aumento potrà tuttavia giovare all’attività del Ministero pubblico solo se sarà accompagnato da misure incisive di organizzazione interna, di gestione e di conduzione dell’Autorità giudiziaria, nell’ottica di una sua funzionalità spedita e regolare».
Con questa mossa si rafforza il settore dei reati economico-finanziari. Non c’è però il rischio di creare disequilibrio con altri rami della giustizia sotto pressione?
«Effettivamente il potenziamento del Ministero pubblico potrebbe comportare delle conseguenze sul carico di lavoro delle autorità giudiziarie poi chiamate a giudicare i casi che vengono loro sottoposti. La funzionalità della Magistratura è un valore importante. Il Governo monitora costantemente la situazione e l’evoluzione dell’attività delle autorità giudiziarie e interviene quindi, come si è visto per il Tribunale penale cantonale per esempio, laddove giustificato. Attualmente difatti si stanno valutando altri potenziamenti, come pure riassetti, di alcune autorità giudiziarie».
Sul potenziamento del Tribunale penale cantonale la Commissione giustizia e diritti ha sollevato «perplessità sul modo di procedere del Governo», lamentando la mancanza di un «concreto progetto di riorganizzazione della Giustizia». Allora si naviga a vista?
«Va premesso che la Giustizia nel Canton Ticino funziona e lo constata annualmente il Consiglio della magistratura, che vigila sull’operato delle autorità giudiziarie. Se qualche anno fa ritenevo che si potesse intervenire con una riforma complessiva dell’ordinamento giudiziario (ndr. il progetto denominato «Giustizia 2018»), con il mio Dipartimento ci si è resi conto che un progetto globale è oltremodo complesso nella sua organizzazione e concretizzazione, anche dal profilo del consenso di tutti gli attori del sistema giudiziario. Da qui gli interventi puntuali e mirati laddove giustificato. Ciò non significa navigare a vista: la visione d’insieme permane, ma occorre intervenire per priorità, tenendo conto anche delle risorse a disposizione per i progetti legati alla Magistratura. La priorità oggi anche per il Governo è la riorganizzazione delle Autorità di protezione».
Il Ticino è uno dei cantoni con il numero più basso di procuratori pubblici. Ma se la Giustizia arranca a subirne le conseguenze non è il cittadino?
«Occorre sempre fare molta attenzione ai paragoni anche in ambito giudiziario, dove ogni Cantone è organizzato in modo diverso. Un raffronto serio deve basarsi sulla conoscenza dell’organizzazione giudiziaria cantonale, di dati statistici accurati e completi anche riguardo al personale di supporto ai procuratori pubblici in generale. Il potenziamento del Ministero pubblico ticinese è una risposta decisa a fronte delle esigenze di questa autorità ed è voluta per rafforzare la fiducia e la credibilità della cittadinanza in questa istituzione».
Il 2020 è dietro l’angolo. Come la mettiamo con il progetto Giustizia2018?
«Il progetto “Giustizia 2018”, l’ho detto più volte, mantiene – seppur nella sua denominazione temporale ormai superata – tutta la sua attualità nel proprio fondamento, volendo predisporre una riflessione complessiva sull’organizzazione della giustizia cantonale. Gli spunti scaturiti dai vari gruppi di lavoro sono oggetto di approfondimenti puntuali nell’ambito di diversi interventi legislativi; è il caso per esempio, delle Autorità di protezione tramite le conclusioni del gruppo di lavoro sulle Preture».
Da oltre otto anni è a capo delle Istituzioni. Come sono cambiati i rapporti con il Ministero pubblico?
«Parlo in generale dei rapporti con la Magistratura. Constato che in questi ultimi anni si è instaurato un rinnovato e rinvigorito dialogo, grazie alla Divisione della giustizia, pur sempre nella fisiologica dialettica delle rispettive posizioni».
All’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente del Tribunale d’appello Mauro Mini ha auspicato maggior autonomia per la Giustizia. La situazione è davvero così critica?
«Direi di no, anche perché all’intervento del presidente del Tribunale di appello non vi è stato alcun seguito da parte di altri magistrati. La Magistratura ha altre priorità».
In Magistratura ci sono sempre stati arrivi e partenze. Ma negli ultimi anni sembra che ci sia una sorta di accelerazione. C’è da preoccuparsi?
«Non direi. Il turnover di magistrati si verifica prevalentemente al Ministero pubblico, conosciuto per vari avvicendamenti insiti nella natura dell’attività svolta. Nelle altre autorità giudiziarie la situazione è stabile».