Dal Mattino della domenica del 13 febbraio 2016
Immigrazione: il politicamente corretto a tutti i costi non risolve i problemi
Lo vediamo quotidianamente. Le discussioni sui diversi temi d’attualità sono ormai contagiate da quel “politicamente corretto a tutti i costi” che non aiuta a risolvere i problemi dei cittadini, ma che, anzi, contribuisce ad annacquare il dibattito; dibattito che, come il buon vino, necessita invece di essere anche fermo, ma sempre vero e sincero. Lo vediamo ad esempio nell’ambito dell’immigrazione, la grande questione che tocca oggi la nostra società. Spesso prevale la visione buonista, ideologicamente convinta che la politica delle porte aperte sia sempre giusta e doverosa, accusando di xenofobia tutti coloro che osano avanzare qualche obiezione. Un atteggiamento che, paradossalmente, in nome del politicamente corretto strumentalizza gli stessi valori che si dichiara voler tutelare. Un atteggiamento pericoloso, perché dimentica importanti fattori in gioco come la sicurezza dei cittadini e altri fenomeni sociali che toccano da vicino la nostra popolazione. Lo sa bene il sottoscritto chiamato, quale Direttore del Dipartimento delle istituzioni, a garantire la sicurezza e l’ordine pubblico del nostro Cantone e di tutti i cittadini, definito nel tempo – di frequente per soli fini politici – un orco, un lupo, una persona senza cuore.
Quando però ci troviamo di fronte a problemi reali come quello dell’immigrazione, le Autorità devono intervenire per assicurare la sicurezza sul territorio. Penso all’emergenza migratoria dello scorso giugno, quando il Ticino era l’unica porta aperta verso il nord dell’Europa. Una situazione che non poteva essere risolta con il solo buonismo, dato che, tra le molte persone che giungevano ai nostri confini, potevano nascondersi anche dei potenziali criminali. In quel caso abbiamo subito intensificato i controlli ai nostri confini, attivando un dispositivo in collaborazione con le Autorità federali per contrastare il fenomeno. Ed è proprio per questo motivo che la guardia è e deve rimanere alta. Un atteggiamento fermo ma assolutamente necessario, che da taluni è tuttavia ancora visto come un tabù. C’è, infatti, una certa resistenza a descrivere le problematiche relative all’immigrazione che si manifestano in molte Città e in molti Paesi. I quartieri fuorilegge, la difficoltà nel rispettare i valori legati al territorio in cui si vive e quindi a integrarsi nella comunità, le percentuali di stranieri nelle popolazioni carcerarie. Tutto questo buonismo, tutto questo politicamente corretto, però, non aiuta; al contrario, il rischio è quello di favorire la ghettizzazione che può sfociare in fatti gravi come quelli che hanno colpito Parigi lo scorso novembre.
A sinistra soprattutto, la paura di rimettere in discussione alcuni di quelli che sono considerati dei pilastri intoccabili, come l’accoglienza sempre e comunque, ha generato l’effetto di una pentola a pressione: a furia di ignorare e relativizzare i problemi, insabbiando qua e là i nodi venuti al pettine, le valvole saltano. E colpiscono chiunque. Si sono dovuti verificare alcuni eventi intollerabili per portare una crepa nella dittatura concettuale ed editoriale del politicamente corretto, che si mostra molto ideologica e poco neutrale (e qui la mente torna inevitabilmente ai fatti di Colonia di fine anno). Per questa ragione ribadisco che, soprattutto quando si ricoprono ruoli esecutivi e si porta la responsabilità della gestione delle istituzioni, l’unico registro possibile è quello della realtà, nuda e cruda, e dei problemi dei nostri cittadini, che devono essere definiti in maniera chiara. Un registro che richiede la ricerca di soluzioni concrete e quindi anche di intervenire senza tentennamenti ideologici, garantendo così a tutti i cittadini la propria sicurezza e il proprio rispetto.