Da CDT.CH l Alla giornata degli ambasciatori al Festival di Locarno il direttore delle Istituzioni ha attaccato il Governo federale
LOCARNO – Il sostegno unanime alla richiesta obbligatoria del casellario giudiziale per il rilascio dei permessi B e G, dichiarato negli scorsi giorni dalla deputazione ticinese a Berna, deve aver dato nuova linfa al fautore Norman Gobbi, sino a quel momento confrontatosi con i molteplici attacchi dall’Italia, come pure con lo scarso appoggio delle autorità elvetiche. E proprio in tal senso, ieri in occasione della giornata degli ambasciatori – svizzeri all’estero e viceversa – al Festival del film Locarno, il presidente del Consiglio di Stato ha sferrato un duro attacco verso Berna, nel quadro della gestione della politica estera, ma non solo.
Un discorso, quello pronunciato alternando quattro lingue (italiano, tedesco, francese e inglese) davanti anche ad alcuni diplomatici dell’Unione europea, volto in primis a tutelare il cantone. Una regione le cui difficoltà, ha rilevato Gobbi, «da anni erano ben visibili nei numeri, ma che sono state valutate a lungo dagli analisti a Berna come variazioni statisticamente poco significative rispetto alla situazione generale». Un riferimento alla delicata situazione del mercato del lavoro ticinese, caratterizzato dall’importante afflusso di manodopera frontaliera, e alla gestione dei migranti in arrivo da sud.
Fenomeni ritenuti dal consigliere di Stato soprattutto cantonticinesi e meno confederati. «Le difficoltà del Ticino – ha ammonito – sono quelle di un territorio che si sente la zona sacrificale della Confederazione; una parte di Paese che il Governo federale sembra aver scelto consapevolmente di abbandonare al proprio destino, mettendola nella condizione di pagare, da sola, il prezzo dell’interesse generale elvetico». Sempre in merito alla libera circolazione delle persone, Gobbi ha dunque voluto ricordare il 9 febbraio 2014 e «quel 68% di cittadini che ha votato sì ai contingenti sull’immigrazione». Una fascia dell’elettorato definita come «solo la punta di un iceberg di malessere: un malessere che se non dovesse essere riconosciuto e affrontato da parte dell’amministrazione e dalla politica federale, non potrà che crescere fino a mettere a rischio la nostra stessa coesione nazionale».
Parole dure sono poi state pronunciate a proposito della citata crisi dei migranti, in continuo arrivo dal Nord Africa. «Cosa pensa il resto della Confederazione, al sicuro e al riparo dietro la catena delle Alpi, della pressione quotidiana sulla nostra frontiera meridionale?» ha interrogato provocatoriamente il direttore delle Istituzioni. Per poi proseguire con una serie di critici quesiti. «I nostri concittadini confederati sanno che dal Ticino ormai passa la linea di tensione fra l’Europa continentale e i disperati che attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore? E se lo sanno, perché sembrano indifferenti?».
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