Il nuovo procuratore generale della Confederazione Stefan Blättler: il fenomeno esiste, ora dobbiamo cercare di trasformare gli elementi che raccogliamo in atti di accusa
«Che la mafia, nelle diverse forme, sia presente anche in Svizzera è fuori discussione. Ora però non basta più constatare l’esistenza del fenomeno, non basta più analizzare determinate situazioni. Bisogna anche lottare». E quindi «la sfida» per le autorità inquirenti federali e cantonali «consiste e consisterà nel trasformare gli elementi derivanti da indagini e analisi in atti d’accusa». Affinché le inchieste abbiano (anche) un epilogo processuale. Insomma, «possiamo e dobbiamo fare di più nel contrastare la mafia». Il nuovo procuratore generale della Confederazione Stefan Blättler è uno dei relatori della tavola rotonda organizzata, ieri pomeriggio, al Centro manifestazioni mercato coperto di Mendrisio, dalla Ssic-Ti, la sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori, al termine della propria assemblea. Con il pg ci sono la direttrice dell’Ufficio federale di polizia (Fedpol) Nicoletta della Valle, il consigliere di Stato e titolare del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi e Thomas Ferrari, responsabile in seno alla Cantonale della Polizia giudiziaria. Sono stati invitati dall’associazione a confrontarsi, sollecitati dalle domande del vicedirettore e consigliere nazionale Alex Farinelli, sul tema ‘La Svizzera e la lotta alla criminalità organizzata’. Una lotta che rappresenta «una priorità anche per gli impresari costruttori», sottolinea il direttore della Ssic-Ti Nicola Bagnovini introducendo la conferenza e ricordando che l’edilizia, qui come in altri paesi, è un settore a rischio infiltrazioni.
Tuttavia nessuna attività economica, osserva Blättler, può considerarsi completamente al riparo dai tentacoli mafiosi. «La criminalità organizzata – spiega il direttore del Ministero pubblico della Confederazione – investe o tenta di investire nel circuito legale denaro frutto di reati. Nel riciclare i soldi, la mafia cerca delle opportunità. Ebbene, l’intera economia può costituire un’opportunità». Per evitare che la mafia «diventi un cancro sociale, serve, ai fini di un’efficace azione di contrasto, l’impegno di tutti», evidenzia il pg. Di tutti: politici, operatori economici, semplici cittadini. ’Ndrangheta, Cosa Nostra e altre associazioni di stampo mafioso, non solo italiane, «agiscono in modo subdolo», avverte Ferrari. «È pertanto importante – aggiunge il capo della Polgiudiziaria ticinese – sensibilizzare la popolazione, in modo che sviluppi quel necessario spirito critico che possa portarla a diffidare di determinate proposte nel campo degli affari e a denunciare situazioni anomale».
‘La protezione dei dati non agevola la condivisione di informazioni necessarie’
Fondamentale dunque l’impegno di tutti. Fondamentale è la condivisione delle informazioni. «Più ne abbiamo, più analisi e indagini si possono fare», indica della Valle. In quest’ambito ci sono però in Svizzera, secondo la responsabile di Fedpol e Gobbi, ampi margini di miglioramento. Lo scambio di informazioni fra autorità amministrative, tra quest’ultime e quelle penali e fra Cantoni «è essenziale per contrastare la criminalità organizzata», annota il consigliere di Stato. «Purtroppo – constata il direttore del Dipartimento istituzioni – la protezione dei dati e una tutela eccessiva della privacy non agevolano questo scambio e questa condivisione di informazioni».
‘Urgente la banca dati nazionale’
C’è dell’altro. Afferma Blättler: «Abbiamo bisogno al più presto in Svizzera di una banca dati comune, nazionale, alla quale i poliziotti inquirenti di ogni cantone possano accedere e ottenere immediatamente informazioni su una persona ricercata o fermata». Per sapere se questa persona è già nota ad altre polizie cantonali e stabilire di conseguenza dei collegamenti tra gli illeciti che le vengono contestati. «Oggi è molto più facile ottenere informazioni per esempio da Strasburgo o da Bruxelles, che nel nostro paese», commenta il procuratore generale della Confederazione. La banca dati comune «è un’urgenza e non si cominci a discutere di protezione dei dati quando ci sono di mezzo dei criminali: ci sono informazioni che è indispensabile acquisire in tempo reale per contrastare con successo la criminalità, organizzata e non. Ciò nell’interesse della collettività». Sull’argomento è peraltro pendente un’interrogazione di Giorgio Galusero: il deputato del Plr ed ex ufficiale della Polizia cantonale chiede al Consiglio di Stato se non ritenga “urgente” attivarsi con i parlamentari ticinesi alle Camere per avviare il database nazionale.
La mafia, rammenta la direttrice di Fedpol della Valle, «è presente nel nostro paese da decenni. Un tempo vedevamo gli illeciti: traffico di armi, riciclaggio, reati economici e anche reati violenti. Oggi siamo in grado di stabilire legami fra i vari reati» e di attribuirne la paternità a questa o a quella organizzazione criminale. Non solo: «Emaniamo divieti di entrata in Svizzera nei confronti di persone condannate in Italia per mafia e ordini di espulsione». Un’attività di contrasto possibile anche grazie alla fattiva e preziosa collaborazione della Polizia cantonale ticinese. In altri cantoni non si è invece ancora pienamente consapevoli del pericolo di stampo mafioso. Per citare le parole del procuratore generale della Confederazione, occorre fare di più.