Qualche tempo fa un conoscente mi ha domandato quando iniziò la mia avventura nel mondo della politica. Risposi senza esitazioni. Era il 1992, avevo quindici anni e il Popolo svizzero si apprestava a esprimersi in votazione sull’entrata del nostro Paese nello Spazio economico europeo. La Lega dei Ticinesi era scesa in campo battendosi per impedire la perdita della nostra sovranità. Grazie alla campagna condotta dai padri fondatori del movimento Giuliano Bignasca e Flavio Maspoli, i cittadini ticinesi dissero a gran voce “no” all’adesione elvetica a quella che sarebbe poi stata l’anticamera dell’adesione all’Unione europea. In quel momento, non ancora maggiorenne, aderii al movimento e alle sue idee. Venticinque anni dopo quella data storica, è inevitabile rievocare quei momenti, per capire ma anche e soprattutto per poter continuare a lavorare sullo slancio di quell’epica impresa. Una delle peculiarità del nostro Paese che apprezzo maggiormente è il sistema della democrazia diretta, il quale permette al Popolo elvetico di esprimere la propria opinione e di scrivere in prima persona la storia del nostro Stato. Il 6 dicembre 1992 quasi l’80% dei cittadini e delle cittadine aventi diritto di voto si recarono alle urne per dire la loro. Fino ad allora fu una delle poche occasioni nelle quali il Popolo fu consultato su un dossier di portata internazionale. Non dobbiamo nemmeno dimenticare il contesto nel quale si muoveva l’Europa all’epoca. La caduta del muro di Berlino del 1989 segnò la fine dell’Unione sovietica ma non definì in modo categorico anche la fine del comunismo. Altre correnti politiche all’inizio degli anni Novanta raccolsero l’eredità dei comunisti sovietici e provarono a riproporre l’impostazione caratteristica dei movimenti della sinistra. Inutile negare che fu proprio con questo spirito che iniziò a delinearsi in maniera sempre più marcata l’idea e l’organizzazione di quella che è divenuta oggi l’Unione europea. Lo stesso scenario si manifestò anche in Svizzera. A favore dell’adesione si schierarono i partiti di centro e della sinistra, mentre a opporsi fermamente furono i movimenti di destra. La breve ma intensa campagna che precedette il voto popolare ha senza dubbio contribuito a ridurre la complessità della materia, rendendola – finalmente – comprensibile per tutti i cittadini. Per la prima volta gli oppositori furono in grado di interpretare fedelmente i sentimenti e i timori del Popolo svizzero sul futuro della propria politica estera, e non solo. Emerse senza dubbio la voglia di libertà e di autonomia che i ticinesi hanno manifestato ancora in tempi recenti in altre votazioni. Mi riferisco alla votazione del 9 febbraio 2014 sull’immigrazione di massa e a quella del 25 settembre 2016 quando il Ticino disse a gran voce “sì” all’introduzione del principio “Prima i nostri” per la salvaguardia del mercato del lavoro nostro Cantone. Già allora, nel 1992, il Ticino fu decisivo nel segnare le sorti della votazione a livello nazionale. Il nostro voto fu in controtendenza rispetto a quello degli altri cantoni latini. Una dinamica che oggi non sorprende più. Capitò nuovamente con la votazione per decidere la costruzione del secondo tunnel autostradale nel San Gottardo. Noi ticinesi siamo così: sappiamo essere lungimiranti. D’altra parte la nostra posizione geografica, racchiusa a nord dalle alpi svizzere e a sud dal confine con l’Italia, ci rende spesso e volentieri un laboratorio nel quale i fenomeni globali si manifestano prima che nel resto della Svizzera. Purtroppo con il voto del 1992 la politica svizzera cercò di ricucire lo strappo del “Röstigraben”, dimenticando il Ticino e i suoi problemi. Di lì a poco, infatti, iniziò la crisi industriale con la chiusura della storica ditta Monteforno e di molte altre realtà aziendali. Attualmente la medesima attenzione è presente sui temi rilevanti – politica migratoria e lavoro ai residenti – grazie in particolar modo ai voti dei ticinesi citati nelle righe precedenti e naturalmente all’operato del fronte Lega/UDC . Mi piace quindi ricordare così il 6 dicembre del 1992: il giorno in cui il coraggio e l’avvedutezza dei ticinesi decisero le sorti dell’intero Paese. Un Paese che conserva ancora oggi la sua indipendenza e la sua libertà, ignorando quelle previsioni apocalittiche tipiche degli ambienti progressisti, smentite regolarmente dalla Storia scritta dai cittadini.