Il nuovo capo delle Istituzioni: ‘Bellinzona e Biasca devono fare da traino. E lo studio strategico riparta su altre basi’
«I poli del Sopraceneri mancano di leadership e di visione strategica del territorio in cui sono inseriti. Dovrebbero cominciare ad avere una funzione di traino di tutta la regione, anche per fare da contraltare a Lugano, demograficamente ed economicamente. Ma purtroppo mancano le persone…». Il nuovo direttore del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi fa un’analisi impietosa dello stallo che caratterizza le aggregazioni comunali nella nostra regione. Lo abbiamo intervistato incontrandolo al quarto piano della residenza governativa, nell’ufficio che occupa da poche settimane, proprio per affrontare il tema delle fusioni nelle Tre Valli e nel Bellinzonese. La sua entrata in materia è appena cominciata ma Gobbi ha già le idee parecchio in chiaro. Partiamo da nord.
Consigliere, a che punto siamo con le fusioni nelle Tre Valli?
«Blenio ha già effettuato un buon riordino istituzionale mentre in Leventina e Riviera c’è una forte frammentazione territoriale, che si scontra con la volontà cantonale di avere dei partner istituzionali forti».
In Leventina nel 2011 potrebbero concretizzarsi ben due fusioni…
«L’aggregazione intorno della media valle è un rimpasto decisivo perché crea un’unica entità comunale in un comparto molto frammentato, e questo creerà nuove opportunità a livello residenziale, turistico e artigianale. Nel contempo dà una scossa importante all’alta e bassa valle».
Appunto: come valuta l’uscita di Pollegio dal distretto leventinese?
«Esiste ovviamente un aspetto storico importante che tuttavia non voglio anteporre alla volontà popolare, e infatti saranno i cittadini a decidere il 5 giugno. Devo tuttavia ammettere che a livello strategico avrei preferito l’unione di tutta la Bassa Leventina».
Nell’alta valle, invece, il suo Comune d’origine Quinto dove è stato municipale fino a poche settimane fa, ha congelato il progetto con Airolo.
«La votazione è dovuta slittare perché non ci sono risposte sugli aspetti finanziari (vedi riquadro ndr.). Ecco, ritengo che l’aspetto economico sia l’anello debole delle aggregazioni. La volontà politica dei Comuni non basta…».
In definitiva ci vogliono soprattutto i soldi.
«Ci vuole un supporto finanziario: la mia priorità nella politica delle fusioni sarà dunque quella di tracciare un piano di finanziamento su più anni in modo da poter gestire i progetti con lungimiranza. Insomma: non dobbiamo necessariamente avere 100 milioni subito, ma possiamo diluirli in dieci anni».
Sta dicendo che finora è mancata una strategia?
«In generale è mancata pianificazione a livello temporale delle risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi. Da parte della nuova direzione si tratterà dunque di condurre il Dipartimento in maniera più aziendale».
Proseguiamo la nostra discesa verso la capitale. In Riviera Biasca, come detto, sta lavorando con Pollegio e Iragna. C’è poi un progetto tra Osogna, Lodrino, Cresciano e Preonzo. Come lo valuta?
«Anche la politica dei piccoli passi può essere positiva. Ovviamente avrei preferito che la Riviera diventasse un Comune solo, anche perché senza Claro l’idea diventa un po’ zoppa. Si tratta di un territorio pregiato a livello residenziale».
Eccoci ai dolori di Bellinzona. Nella capitale tutto è congelato.
«Tutto è congelato anche per non forzare dei processi che poi impiegherebbero anni per poter ripartire. Ma il problema principale dei poli del Sopraceneri è la mancanza di leadership e di visione strategica del territorio in cui sono inseriti. Questo vale per Belliunzona e Locarno e parzialmente anche per Biasca. Lo si dice a parole ma non lo si fa».
In che senso?
«Nel senso che questi Comuni danno pochi impulsi al resto del territorio. Secondo me dovrebbero cominciare ad avere una funzione di traino di tutta la regione per convogliare su di sé la fiducia che è poi necessaria in un discorso aggregativo».
Come la si dimostra la leadership?
«Tutto dipende non solo dalle strutture ma anche dalle persone, che spesso fanno la differenza».
I piccoli passi potrebbero funzionare anche intorno alla capitale?
«Sarebbe un non-senso storico e geografico ed economico: il polo deve essere unito da Arbedo a Cadenazzo, altrimenti c’è il rischio di creare delle fratture. Questo anche per fare da contraltare a Lugano, sia demograficamente che economicamente: Bellinzona e la sua periferia ne hanno le potenzialità. Bisogna quindi smettere di fare le guerre di quartiere, ma purtroppo come detto manca la leadership».
Ecco l’ultimo paragrafo con la frase aggiunta dopo la nostra breve telefonata + la reazione di Elio Genazzi che ho sentito (e che mi ha chiesto di sottoporre comunque ancora tutto a te):
Lo studio strategico lanciato nel Bellinzonese dal suo dipartimento è dunque morto?
«Lo studio strategico non è uno studio aggregativo ma un esercizio necessario a sensibilizzare gli attori locali e il cittadino sulla necessità di darsi una mossa in questo senso. Purtroppo è stato percepito male e quando una cosa nasce storta occorre stopparla, riflettere e poi farla ripartire su altre basi. Dovremo quindi trovare nuove basi, con i futuri amministratori comunali, su cui avviare la discussione imprescindibile per il futuro del Bellinzonese».
Su quest’ultimo delicato punto il capo della Sezione enti locali Elio Genazzi, da noi sollecitato, prende atto di quanto afferma Norman Gobbi e sottolinea come il tema sarà oggetto di discussione in dipartimento e sarà affrontato prossimsmdnte, in modo da dare indicazioni più precise ai Comuni interessati.