Lo sciopero che sta interessando la navigazione sul Lago Maggiore sta palesando un modo di fare non nostro, non svizzero. Dietro a tanto rumore, c’è chi con destrezza e astuzia sfrutta situazioni di disagio. È così che agiscono certi agitatori della sinistra sindacale: strumentalizzano le difficoltà delle persone per fini politici e di “bottega”, anche a costo di violare la legge. Perché questo è accaduto negli scorsi giorni quando la Polizia lacuale è dovuta intervenire a più riprese per permettere il regolare servizio di navigazione, il quale se impedito costituisce una violazione che può essere punita come stabilito dal Codice penale svizzero.
Ma è lo sciopero ad oltranza che più di tutto sta palesando un modo di fare non svizzero. Nel nostro sistema caratterizzato dalla cosiddetta “pace sociale” tra lavoratori e imprenditori, gli scioperi servono ad attirare l’attenzione sulla questione da dibattere. Ma poi si torna al lavoro in maniera responsabile, nell’interesse del servizio o dell’azienda, e si cercano le soluzioni appunto nel dialogo e non nello scontro. Qualcuno in maniera scriteriata, nonostante l’invito di settimana scorsa e di ieri del Governo a voler interrompere lo sciopero, lo sta protraendo e mettendo così in posizione di debolezza i trentaquattro lavoratori il cui contratto è stato disdetto per fine anno allo scopo di rivederlo o di cambiare il datore di lavoro. Infatti, dopo una fase iniziale di solidarietà, oggi riscontro molta insofferenza nei confronti di chi sta danneggiando l’immagine del nostro Cantone turistico, creando un disservizio sul Lago Maggiore nel periodo di maggiore affluenza di ospiti soprattutto d’Oltralpe; insofferenza testimoniata dalla presa di posizione dei Comuni del Locarnese. Queste trentaquattro persone oggi rischiano di essere doppiamente vittime: in primo luogo di questa decisione di rivedere i loro contratti, e in seconda battuta dei giochi degli agitatori sindacali che mirano unicamente ai loro interessi.
Il Ticino è molto di più di un gruppo di agitatori della sinistra sindacale che fomenta la gente per i propri interessi di “bottega”, ossia battere gli altri sindacati e ottenere maggiori sottoscrizioni. Il Ticino è il Cantone capace di convincere il resto della Svizzera dell’importanza di unire le forze per dire sì alla creazione di un secondo tubo per il tunnel autostradale del San Gottardo. Il Ticino è il Cantone che è riuscito a trovare una soluzione casalinga per gestire le entrate illegali dei migranti al confine sud, organizzandosi e dando così una mano e un grande sostegno al resto della Svizzera. Siamo piccoli, siamo una minoranza, ma siamo capaci di grandi azioni. È quello che mi sento di dire ai lavoratori che in questo momento credono che la lotta di classe sia la via d’uscita a questa indecorosa situazione.
In tutto questo non posso che sottolineare l’importante lavoro di mediazione svolto dal Consiglio di Stato – peraltro riconosciuto anche da chi dice di rappresentare gli interessi dei lavoratori – per risolvere questa vertenza. Tra le garanzie offerte vi è quella di un importante sostegno finanziario ordinario del Cantone che, ne sono convinto, contribuirà a rafforzare in modo sostenibile la navigazione sui laghi ticinesi e faciliterà la ricerca di un compromesso sull’ultima questione ancora aperta, quella delle garanzie salariali.
Torniamo quindi tutti “al fare” e lasciamo da parte lo scioperare. Permettiamo che il sistema elvetico prevalga, attraverso il dialogo tra lavoratori e imprenditori, con lo Stato nel ruolo di solo arbitro. E se tutto questo non servisse, uniamo le forze per ricordare – ancora una volta – alla Berna capitale quali sono i problemi del Ticino: quella della navigazione è una delle tante storie di concorrenza nel mondo del lavoro, che va difesa ma con metodi svizzeri e non di importazione!
Norman Gobbi,
Consigliere di Stato