Dal Corriere del Ticino | La vettura utilizzata per il tentato assalto alla Raiffeisen era abbandonata in un posteggio di Cremenaga – Critiche dall’Italia per i disagi dovuti al blocco dei valichi – Gobbi: «Essenziale per garantire la sicurezza»
È stata ritrovata ieri mattina dalle forze di polizia italiane, abbandonata in un posteggio a Cremenaga, a poche centinaia di metri dal valico con il Ticino, la Fiat Uno metallizzata utilizzata dai due malviventi che lunedì pomeriggio hanno tentato di assaltare la banca Raiffeisen di Molinazzo di Monteggio. La vettura è risultata rubata la mattina dello stesso giorno in territorio di Busto Arsizio, in provincia di Varese. Con la stessa i due banditi sono entrati in Svizzera e sono precipitosamente rientrati in Italia dove si sono poi trasferiti su un’auto «pulita» per dileguarsi. Sono in corso gli accertamenti tecnico scientifici sulla Fiat alla ricerca di tracce biologiche e impronte digitali che portino all’identificazione dei criminali, ma è soprattutto dalle registrazioni delle telecamere di videosorveglianza ai valichi, da cui gli inquirenti si attendono risposte importanti.
Come noto l’incursione non andata in porto è durata soltanto 32 secondi. Dopo essere entrati nella banca, i malviventi hanno lanciato un sostanza liquida nel locale intimando «questa è una rapina». La reazione degli impiegati è stata quella di chiudere immediatamente la porta. Colti di sorpresa i rapinatori hanno deciso di abbandonare precipitosamente il campo. Immediatamente la Polizia cantonale e le Guardie di Confine hanno iniziato una serrata caccia installando posti di blocco nella regione: essendovi il forte sospetto che i banditi si trovassero ancora in territorio svizzero, è stato messo in atto il dispositivo che prevede la chiusura totale dei valichi.
Si tratta di provvedimenti inevitabili in situazioni del genere ma che, visto l’orario che coincideva con il rientro di migliaia di lavoratori ticinesi e frontalieri, hanno finito con il creare gravi disagi alla circolazione in tutto il Sottoceneri e soprattutto lungo la fascia di confine, scatenando non poche polemiche soprattutto da parte italiana.
Scontri verbali
«La chiusura totale della dogana di Lavena Ponte Tresa, dopo la tentata rapina, ha di fatto intrappolato moltissimi lavoratori frontalieri italiani per ore e rappresenta un fatto assai grave», ha commentato Luca Marsico , consigliere di Forza Italia alla Regione Lombardia, annunciando nel contempo l’intenzione di presentare una mozione in Consiglio regionale per fare piena chiarezza sull’accaduto. Accuse sono giunte anche dal sindaco di Lavena Ponte Tresa, Massimo Mastromarino , che ha parlato addirittura di sequestro di persona e di violazione del trattato di Schengen dicendosi intenzionato a denunciare il fatto al Ministero degli esteri. Dal canto suo il prefetto di Varese, Giorgio Zanzi , ha reso noto che la frontiera non è stata mai formalmente chiusa, ma si sono alzati i livelli di controllo. Ad ogni modo – ha aggiunto – la questione è stata esaminata e riportata ai livelli più alti del dipartimento statale competente e, lunedì sera si è intervenuti per trovare una soluzione. «Ci siamo mossi con le forze di Polizia per capire il problema e spiegare alle autorità elvetiche le difficoltà che la loro legittima iniziativa stava creando ai frontalieri. Questo fatto ci ha permesso di comprendere che dovrà esserci un maggiore coordinamento con la Svizzera – ha detto il rappresentante del Ministero degli interni a Varese –. Il flusso di informazioni di polizia non è mai mancato, ma bisognerà mettere in campo anche misure idonee per la viabilità».
Sul caso sempre ieri è intervenuto anche il capo del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi che, in nel corso di un’intervista rilasciata a TicinoNews, ha ribadito che non si è trattato di un provvedimento spropositato ricordando altresì che la Polizia cantonale e le Guardie di confine hanno agito nell’interesse della collettività, attuando le misure di loro competenza.
Il consigliere di Stato ha invece definito sproporzionata la reazione delle autorità locali d’oltre confine, confermando il proprio sostegno alle misure d’urgenza attuate. «Le nostre forze dell’ordine sono chiamate ad assolvere un compito fondamentale: tutelare la sicurezza sul territorio ticinese. Nel caso in cui si verifichi un fatto grave, come in questo caso una rapina, la Polizia cantonale valuta una serie di misure d’urgenza da attuare in quel momento». Tra queste vi è anche, come avvenuto in passato, la chiusura dei valichi doganali, un dispositivo che la Polizia cantonale mette in atto insieme alle Guardie di confine e alle Polizie comunali. «Si tratta di una misura che consente di reagire celermente – ha concluso il ministro – nell’interesse di tutta la collettività. Questo evidentemente nelle ore di punta, quando le strade cantonale a ridosso delle zone di confine sono trafficate dai lavoratori frontalieri, può causare disagi al traffico».