Mini e l’indipendenza delle toghe, il Consiglio della magistratura che dice?

Mini e l’indipendenza delle toghe, il Consiglio della magistratura che dice?

Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 4 giugno 2019 de La Regione

La riforma del sistema giudiziario ticinese non è archiviata, assicura il capo del Dipartimento istituzioni: ‘Nessuno dei rapporti dei gruppi di lavoro rimarrà nei cassetti del Dipartimento. Si procede per priorità, che ora sono la riorganizzazione delle Arp.

I discorsi di Mauro Mini in veste di presidente del Tribunale d’appello un pregio ce l’hanno: fanno discutere. E animano una cerimonia – l’apertura dell’anno giudiziario – solitamente attenta a scansare invasioni di campo, perlomeno quelle manifeste. Poi è chiaro: le diagnosi e le proposte di cura formulate dal giudice che da dodici mesi è alla testa della massima autorità giudiziaria cantonale sono opinabili. Ieri a Lugano l’audace Mini ha consacrato la propria relazione a un unico tema: l’indipendenza della magistratura. E lo ha fatto richiamando il sacrosanto principio della separazione dei poteri, le costituzioni, federale e cantonale, e la Cedu, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Un intervento monotematico che in coloro che non frequentano aule giudiziarie e codici può far sorgere un dubbio. L’indipendenza del potere giudiziario ticinese è a rischio? O è addirittura già compromessa, causa la pressione di partiti e gruppi di interesse? Se così fosse, i cittadini dovrebbero preoccuparsi parecchio. Attendiamo allora sull’argomento il parere del Consiglio della magistratura, cioè dell’organo che in Ticino vigila sul funzionamento della magistratura nel suo insieme. Un chiarimento sulla delicatissima questione si impone.

È da otto anni che se ne parla ma di concreto sino ad oggi c’è poco o nulla. Quale fine ha fatto ‘Giustizia 2018’, la riforma che negli intenti del direttore del Dipartimento istituzioni dovrebbe «modernizzare» l’apparato giudiziario ticinese, rendendolo «più efficace ed efficiente»? Il 2018 è passato, ma il progetto, puntualizza Norman Gobbi, parlando, ieri a Lugano, alla cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2019-2020, «mantiene tutta la sua attualità». Bene. Forse però, per dirla con il presidente del Tribunale d’appello Mauro Mini, è arrivato il momento della «sintesi»: la sintesi degli approfondimenti fin qui eseguiti. «Nessuno dei rapporti trasmessi dai gruppi di lavoro di Giustizia 2018 rimarrà nei cassetti del Dipartimento», assicura Gobbi: «Come più volte indicato negli incontri semestrali tra Dipartimento istituzioni e presidenti delle magistrature permanenti, come Consiglio di Stato abbiamo definito delle priorità di intervento sui vari progetti inseriti nella riforma. Perché tutto non si può fare e va garantita comunque l’operatività della Divisione della giustizia, che si deve occupare anche di altri settori».

Insomma, il riassetto del sistema giudiziario non è stato archiviato. Il Dipartimento vuole però procedere per priorità. Quali? Oggi sono un paio. Anzitutto, spiega il consigliere di Stato, la riorganizzazione – per ciò che concerne il socialmente delicato dossier tutele e curatele – delle Arp, le Autorità regionali di protezione. Una riorganizzazione «molto complessa, che impone un’importante e precisa pianificazione in termini di risorse finanziarie, umane, logistiche, informatiche e più in generale amministrative». La «seconda priorità d’intervento» sono le giudicature di pace. Nel frattempo si profilano, in fatto di risorse umane, dei potenziamenti a breve per alcune autorità giudiziarie. Di recente il Consiglio di Stato ha dato luce verde al messaggio allestito dal Dipartimento per l’aumento da quattro a cinque del numero dei giudici ordinari del Tribunale penale cantonale. Tocca adesso al parlamento pronunciarsi sulla relativa modifica della Log, la legge sull’organizzazione giudiziaria. «Nelle prossime settimane», prosegue Gobbi, verrà posto in consultazione dal Dipartimento il progetto di messaggio governativo inerente ai rinforzi per il Ministero pubblico. Concretamente: l’assegnazione all’ufficio di «un procuratore ordinario in più», da destinare alla squadra di inquirenti che si occupa delle inchieste sui reati «finanziari», e l’estensione «delle competenze dei segretari giudiziari, che saranno pure potenziati di tre unità». È stato tuttavia anche congelato qualche scenario ipotizzato, come la separazione istituzionale e fisica fra Tribunale d’appello e Tribunale penale cantonale (autorità di prima istanza). «Come Dipartimento – segnala Gobbi – abbiamo deciso di soprassedere a questo scorporo, preso atto anche dell’evoluzione a livello svizzero della questione e delle necessità di carattere logistico».

A prescindere dalle riforme, la magistratura ticinese, sottolinea Gobbi, «è indipendente». Ma non lo è «dall’efficienza», ribadisce il ministro di giustizia. Per il consigliere di Stato, difficilmente gli interventi di carattere legislativo e i potenziamenti d’organico «portano da soli a dei miglioramenti: anche i magistrati devono garantire un’efficace amministrazione della giustizia», emanando decisioni in tempi ragionevoli. Attualmente, rileva Gobbi, «non abbiamo dalla magistratura (tranne che dal Tribunale cantonale delle assicurazioni) indicazioni circa la durata media di evasione delle procedure, né dati sugli incarti prescritti». Parole che paiono rimandare a uno dei quesiti del gruppo liberale radicale in Gran Consiglio in merito ai conti del Consuntivo 2018 del Cantone.

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Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 4 giugno 2019 del Corriere del Ticino

Giustizia La Magistratura si sente stretta

L’appello di Mauro Mini in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario: «Meno politica nella nomina dei magistrati» Chiesta più autonomia finanziaria
Norman Gobbi: «Il Ministero pubblico è indipendente, ma non dall’efficienza»

Il presidente del Tribunale d’appello Mauro Mini l’aveva già scritto nel rendiconto 2018 del Consiglio della Magistratura e ieri, in occasione dell’avvio dell’anno giudiziario, è tornato a ribadirlo: il terzo potere ha bisogno di maggior autonomia. «L’indipendenza – ha detto – è un requisito fondamentale e irrinunciabile per il buon funzionamento della Giustizia. Ecco perché è necessaria, o meglio urgente, una revisione del sistema». Un cambio di rotta che per Mini dovrebbe fondarsi su tre pilastri: l’autonomia organizzativa e quella finanziaria, nonché la revisione delle procedure di nomina dei magistrati. E se in termini di organizzazione Mini ha auspicato l’estensione del periodo di nomina da tre a cinque anni del presidente e dei due vice del Tribunale d’appello «in modo da dare una certa stabilità al sistema», per quel che concerne l’indipendenza finanziaria «si potrebbe pensare di dotare la Magistratura di un budget definito di concerto con il Gran Consiglio. Una richiesta questa tutt’altro che esotica».

Più delicata per contro la nomina delle toghe, oggi affidata al Gran Consiglio ma che per il presidente del Tribunale d’appello dovrebbe essere rivista in modo da ridurne «l’influenza della logica partitica». Come? Ripensando proprio il ruolo del Parlamento. «In futuro il Legislativo dovrebbe poter eleggere unicamente il procuratore generale e i due aggiunti, il presidente del Tribunale d’appello e i suoi vice nonché il presidente dei giudici dei provvedimenti coercitivi», ha dichiarato Mini che ha poi aggiunto come «a loro volta, il procuratore generale e i due aggiunti avrebbero la responsabilità di nominare i procuratori pubblici mentre per gli altri magistrati si potrebbe pensare a una specifica Commissione nomine e conferme». Una nuova impostazione che per Mini si impone non da ultimo dopo i risultati delle ultime elezioni cantonali che hanno visto «affermarsi quale terzo partito le schede senza intestazione. Insomma – ha rilanciato il presidente del Tribunale d’appello – va detto senza giri di parole: l’attuale logica partitica scoraggia la partecipazione ai concorsi per la Magistratura di profili validi, ma indipendenti dai partiti». Allo stesso tempo, però, gli stessi magistrati «non devono avere soggezione, sudditanza e reverenza eccessiva nei confronti della politica», ha sottolineato Mini ritenendo che questi «dovrebbero evitare di partecipare ad attività politiche che potrebbero, verso l’esterno, rendere problematica la loro indipendenza».

Attuale ma non prioritario
E se l’appello del terzo potere è stato chiaro, altrettanto lo è stata la risposta del Dipartimento delle istituzioni: «La Magistratura è indipendente – ha esordito il consigliere di Stato Norman Gobbi –, ma non dall’efficienza». In tal senso, per il direttore delle Istituzioni l’autonomia organizzativa e finanziaria della Magistratura «è un tema che resta attuale, ma non prioritario né urgente». Anzi: «Le modifiche organizzative volte a implementare questa soluzione saranno certo oggetto di approfondimenti – ha assicurato Gobbi –, ma solo dopo l’intervento su misure puntuali e urgenti che riguardano l’operatività delle autorità giudiziarie».

Nel dettaglio, ricordando come nelle scorse settimane il Governo abbia dato luce verde al messaggio per potenziare il Tribunale penale cantonale attribuendo un giudice ordinario aggiuntivo, Gobbi non ha usato giri di parole: «I soli interventi legislativi oppure gli innesti di personale aggiuntivo volti a migliorare l’amministrazione della Giustizia rendendola più efficiente difficilmente porteranno a delle reali migliorie se chi è chiamato ad operare non lo farà nel medesimo intento». In quest’ottica, sollecitando i presenti a «non trincerarsi dietro il principio della separazione dei poteri», Gobbi ha invitato la Magistratura a «definire sistematicamente degli obiettivi e degli indicatori da raggiungere annualmente. Cosa che, tuttavia, non è ancora la regola. Ma perché questi temi non sono oggetto di discussione nella Magistratura?». Interrogativo questo che si inserisce nel solco di un possibile potenziamento del Ministero pubblico che verrebbe dotato di un procuratore pubblico in più per far fronte all’incremento dei reati finanziari. E se a breve partirà la consultazione del messaggio il consigliere di Stato ha sottolineato che un simile potenziamento «intende contribuire a migliorare e razionalizzare l’operato del Ministero pubblico, ma al contempo deve costituire un rinnovato avvio di riflessioni interne a questa autorità giudiziaria».

Le priorità per il 2019
Detto del delicato rapporto tra Giustizia e politica, l’inaugurazione dell’anno giudiziario ha fornito altresì l’occasione per fare il punto sulle priorità che caratterizzeranno il 2019 dopo un 2018 già ricco di cambiamenti (solo per citarne alcuni la nomina a pg di Andrea Pagani in sostituzione di John Noseda come pure l’annuncio della partenza di Antonio Perugini e di Fiorenza Bergomi). In tal senso, Gobbi ha precisato come priorità di quest’anno saranno da un lato gli interventi che interesseranno la giustizia di pace, ma soprattutto la riorganizzazione delle autorità regionali di protezione. Una ristrutturazione questa definita «molto complessa e unica nel suo genere per dimensioni» che, se accolta, in futuro vedrà «la cantonalizzazione di queste autorità, oggi gestite a livello comunale», ha ricordato Gobbi.

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Servizio all’interno dell’edizione di lunedì 3 giugno 2019 de Il Quotidiano

Inaugurato l’anno giudiziario
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