Chiesta la possibilità per i Cantoni di “arruolare” giovani del Servizio civile
Negli ultimi anni, diciamo dalla crisi innescata dal coronavirus, abbiamo compreso sempre meglio l’importanza dei militi della Protezione civile nell’assistere, sostenere e aiutare la popolazione. Basti pensare alla campagna di vaccinazione contro il COVID-19. “Il compito di proteggere la popolazione è il valore di fondo su cui si basa l’attività di questo importante ente, sussidiario all’attività dei Comuni”, afferma il Consigliere di Stato Norman Gobbi. “Le varie organizzazioni regionali sono chiamate sempre di più a intervenire per dar man forte e per collaborare con gli altri attori che si occupano di sicurezza. Penso per esempio alla Polizia, ai Pompieri, al Servizio ambulanze. È per questo motivo che lo scenario che potrebbe avverarsi tra pochissimi anni – ossia una carenza del 40% degli effettivi attivi nella Protezione civile – ci preoccupa molto. Ne ho parlato recentemente – portando la voce dei Cantoni – alla consigliera federale Karin Keller-Sutter nell’ambito di un incontro della Conferenza delle direttrici e dei direttori di giustizia e polizia svoltosi il 4 novembre scorso”.
In Ticino le nuove leve della PCi sono circa 200 all’anno, dopo l’entrata in vigore della revisione della legge federale sulla protezione della popolazione e sulla protezione civile (LPPC). Un numero troppo esiguo nel nostro Cantone per poter continuare a garantire le prestazioni oggi assicurate dalla PCi. “Le soluzioni da adottare per far fronte a questa carenza non sono molte. La più importante dovrebbe essere quella di permettere ai giovani che svolgono il Servizio civile di effettuare una parte dei loro giorni-lavoro proprio nella Protezione civile. Per assolvere il Servizio civile un giovane lavora 245 giorni (ossia gli stessi giorni di un soldato) più la metà di questi 245 giorni. All’interno della Protezione civile potrebbe prestare un totale massimo di 80 giorni-lavoro inclusa l’istruzione di base che in Ticino dura 17 giorni. Si tratta sicuramente di un impiego interessante, al servizio della collettività e che potrebbe da un lato risolvere il problema degli effettivi della PCi e dall’altro rendere la stessa PCi ancora più vicina alla comunità in cui è chiamata a operare. L’elemento centrale di questa proposta, che ho evidenziato nell’incontro del 4 novembre a Berna, è quello di lasciare libertà di scelta ai Cantoni. Mi spiego: la formazione di un milite della PCi ha un costo, per cui i Cantoni che non hanno e non avranno una carenza di effettivi nella PCi potrebbero non rivolgersi al Servizio civile. Vi potranno invece far ricorso quei Cantoni, come il Ticino, che conosceranno invece carenza nel reclutamento di nuovi militi della PCi. È un passo a mio giudizio auspicabile, pena il taglio di diversi servizi oggi offerti dalla PCi”, conclude il Direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi.