Discorso pronunciato dal Consigliere di Stato Norman Gobbi
in occasione della Festa Nazionale a Melano
1 agosto 2018
– Fa stato il discorso orale –
Autorità comunali
Care cittadine, cari cittadini
è un grande piacere e un onore portarvi il saluto ufficiale in occasione del Natale della Patria, in questa splendida località affacciata sul Ceresio.
Ed è proprio stato questo lago, e il suo importante porto, l’elemento alla base della crescita della comunità di Melano sin dal Medioevo. Il lago costituiva la principale via per i traffici, sia in direzione di Lugano che di Como, altrimenti resi difficili dalla morfologia del territorio. Non è certamente casuale la presenza dell’acqua nello stemma di Melano.
Oggi le vie di comunicazione sono costituite dalla ferrovia, dall’autostrada e dalla strada cantonale: il lago è diventato un valore aggiunto di natura ambientale e turistica.
Un comune, che nel frattempo, ha saputo sfruttare le opportunità del momento, crescendo vieppiù fino a superare i 1’400 abitanti odierni. L’abbinamento del lago con i monti che vi si rispecchiano, arricchisce il paesaggio di panorami sempre diversi ma di insolita bellezza. Il Monte San Giorgio, iscritto nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 2003, da una parte e il Monte Generoso con la storica ferrovia e il recente Fiore di pietra di Mario Botta dall’altra, danno invece un tocco di forza, di durezza al paesaggio. Ma anche la storia ha lasciato le sue preziose tracce: si pensi alle chiese, alle cappelle, ai nuclei storici.
Permettetemi ora una breve riflessione, in questa giornata festosa per la nostra Patria, sui valori che hanno segnato la vita della nostra gente: riflessioni sul nostro secolare e solido federalismo.
Il federalismo, dopo la guerra del Sonderbund vinta con grande maestria dal Generale Henri Dufour, nel 1848 ha sostituito la Confederazione di Stati che aveva resistito per quasi 600 anni. Un assetto politico-amministrativo che consente di far vivere aspetti diversi di un’unica realtà. Per la Svizzera, caratterizzata da quattro lingue nazionali, da due religioni e da notevoli differenze culturali e geografiche, è una premessa importante ai fini della convivenza di uno Stato che forzatamente non può essere unitario nel senso giacobino del termine, bensì unitario nel rispetto della diversità locale.
La Costituzione federale del 1848 ha posto dei limiti all’ampia indipendenza di cui godevano i Cantoni ed ha sostanzialmente disegnato la Svizzera moderna con i tre livelli istituzionali di gestione democratica del potere: lo Stato federale, il Cantone e il Comune.
La Costituzione federale definisce i ruoli della Confederazione e dei Cantoni, che a loro volta determinano le competenze dei Comuni. Il tutto retto dal principio di sussidiarietà: ossia quanto può essere svolto da un livello politico non deve essere assunto da un’istanza superiore.
Oggi un po’ tutti parlano con superficialità, nell’Europa unita in particolare, di concetti quali federalismo, potere democratico esercitato attraverso istituti giuridici quali il referendum e l’iniziativa. Paesi che spesso conoscono la democrazia da pochi decenni, dopo periodi di regimi o monarchie e che hanno tuttora visioni del diritto e delle istituzioni deficitarie.
Nel 1848, nasce quindi la Svizzera moderna, con la nuova ripartizione delle competenze fra i tre livelli istituzionali. Ben 170 anni fa è stata scelta una Costituzione di straordinario valore democratico, benché a dire il vero nel primo Consiglio federale presero posto sette rappresentanti dello stesso partito, che palesa comunque un deficit di sensibilità e rispetto delle minoranze (perlomeno politiche), ma che era chiara espressione di chi vinse moralmente la mini guerra civile elvetica.
Questa nostra democrazia è sopravvissuta a crisi, a tensioni nazionali e internazionali e addirittura a due guerre mondiali, grazie appunto anche all’inclusione nel sistema democratico delle minoranze politiche (prima i conservatori, poi i borghesi-rurali e infine i socialisti). Ecco perché ritengo, con orgoglio e fierezza, che questi sani valori siano vitali portatori di ossigeno democratico nel sangue del popolo elvetico, in grado anche di scostarsi dalle indicazioni del governo federale, cantonale o comunale, dando spesso lezioni di saggezza popolare a chi compete il ruolo di amministrare lo Stato. Questi valori vivono e crescono con noi e diventano una parte inseparabile del nostro modo di pensare e di gestire la cosa pubblica. Le elezioni dirette, i referendum e le iniziative popolari nei tre differenti livelli istituzionali sono pilastri del nostro ordinamento democratico e tre bastoni di comando nelle mani delle cittadine e dei cittadini della Confederazione elvetica, che risponde al nome di “Popolo sovrano”.
Questa è la vera concezione democratica e federalista: il popolo svizzero è legato a questi diritti, a questi principi. La nostra democrazia federalista si è sviluppata dal basso, dal potere dei Comuni e dei Cantoni per poi decidere quali competenze attribuire allo Stato federale. I Cantoni sono depositari di tutte le competenze che non sono state cedute allo Stato federale attraverso uno specifico articolo costituzionale, che ha dovuto passare attraverso un voto maggioritario che necessita del voto favorevole di Popolo e Cantoni. Quindi le competenze detenute dalla Confederazione sono espressione concreta della volontà di popolo e Stati, e di conseguenza della coesione nazionale. I Cantoni definiscono poi in modo autonomo, sempre rispettosi delle tradizioni e delle peculiarità locali, quali competenze lasciare ai comuni. Tutti conosciamo e tocchiamo con mano le differenti competenze cedute dai singoli Cantoni ai propri Comuni: a dipendenza dei casi, si passa da un’ampia libertà d’azione concessa ai Comuni, a Cantoni più centralizzatori.
Questa struttura federalista, anche se può sembrare eterogenea e complessa, funziona bene e porta buoni risultati. L’esperienza ci dà una Patria solida, basata su fondamenta stabili e una buona organizzazione, elementi nei quali il cittadino si identifica.
Il successo del federalismo elvetico si basa dunque su comuni forti, autonomi e responsabili, capaci di offrire servizi di qualità alla popolazione. I cambiamenti nella società rendono necessarie nuove risposte, poiché ci sono dimensioni umane e sociali che si modificano nel tempo.
I comuni, e qui entro nell’attività del mio Dipartimento, mantengono quindi un ruolo determinante: sono gli enti locali di prossimità, quindi quelli più vicino ai cittadini e ai loro bisogni primari. Per questo motivo si è avviato nel nostro Cantone un importante processo aggregativo, in collaborazione con la Sezione degli enti locali.
Molti pensano che sia una moda, indotta magari da quel “morbo di Parkinson della Storia che si chiama globalizzazione” per citare lo scrittore francese Sylvain Tesson, ma al contrario vuol creare forti anticorpi territoriali e quindi identitari ossia Comuni moderni in grado di rispondere alle sfide dell’oggi e del domani e quindi capaci di resistere alle sferzate di questo morbo tremolante.
Il Piano cantonale della aggregazioni punta molto sulla condivisione, dando spazio alle iniziative aggregative che provengono dal basso e che spesso si dimostrano dei validi progetti. Il processo aggregativo ha toccato comuni urbani (penso a Lugano, Mendrisio e Bellinzona), ma anche comuni di valle, di zone periferiche (penso alla Leventina, alla Valle di Blenio, e alla Valle Verzasca di recente per citarne alcuni).
Ma anche la vostra regione, se vorrà affrontare le sfide del futuro, dovrà riorganizzarsi creando un grande comune che unirà territori lacustri e zone collinari. Una realtà che saprà sviluppare e promuovere i propri valori e le proprie peculiarità, unendo forze e beni. Auspico vivamente che il progetto che vede oggi coinvolti i comuni di Melano, Maroggia, Rovio e Arogno possa sfociare nel nuovo comune di “Val Mara”. Le premesse per un buon esito di questa aggregazione per opportunità (e sottolineo non per necessità) ci sono tutte, in primo luogo il desiderio dei comuni di unirsi in modo spontaneo. Con questa scelta è chiara la vostra volontà di rendervi ancora più autonomi. La collaborazione tra le parti è fondamentale per la buona riuscita di un processo che necessita di parecchi consensi.
Il vostro obiettivo – come già detto – deve essere di potenziare la struttura organizzativa e l’offerta di servizi, incrementando la progettualità per un comune moderno e soprattutto solido, che sappia soddisfare le aspettative e i bisogni quotidiani della gente.
Questo nuovo comune diventerà un valido interlocutore e punto di riferimento per il Cantone, nell’affrontare le tematiche che vi toccano da vicino. Penso all’attenzione da prestare nel prevenire e combattere la criminalità, fenomeno accentuato dalla vicinanza di numerosi valichi di frontiera. La riorganizzazione dei corpi di Polizia, con una maggiore presenza di forze dell’ordine sul territorio ha permesso negli ultimi anni di ridurre sensibilmente gli episodi criminali a favore di una maggiore sicurezza. A sud del Pontediga di Melide il numero di furti commessi negli ultimi anni è stato drasticamente ridotto: dal 2012 al 2017 i furti sono quasi dimezzati.
La presenza del lago mi offre lo spunto per ricordare la campagna di sensibilizzazione “Acque sicure” promossa dal Dipartimento.
Dobbiamo tuttavia continuare a lavorare e mantenere sempre alta l’attenzione anche su temi ricorrenti come la migrazione, la radicalizzazione ed altri ancora.
Il mondo cambia e con esso le minacce, dove anche l’autorità comunale – come ente di prossimità – ricopre un ruolo importante nel riconoscere fenomeni di devianza o presenze strane sul territorio di competenza. Il nuovo comune saprà inoltre valorizzare un territorio nelle sue componenti paesaggistiche, nella qualità di vita offerta, nella ricchezza di opportunità di sviluppo. Un territorio legato ad un Mendrisiotto dinamico e competitivo e vicino ad una Lugano dotata di grandi strutture e opportunità.
L’augurio a voi, in questa giornata festosa, è di poter offrire alla cittadinanza qualità di servizi, una residenzialità di eccezionale valenza, una sicurezza oggettiva e soprattutto soggettiva e delle opportunità occupazionali e di crescita.
Il mio Dipartimento e più in generale l’Amministrazione cantonale vi saranno vicini e di supporto, specialmente durante la fase di transizione.
Concludo ricordando una frase che mi sta tanto a cuore, che fu pronunciata dal Generale Henri Guisan il 1 agosto 1940, in piena guerra mondiale: “pensate da Svizzeri”, ossia amate la vostra terra, rispettando l’uomo e restando fedeli a voi stessi e “da Svizzeri agite”, ossia servite il vostro paese, “mettete in atto la vostra solidarietà civica non solo per la difesa del nostro paese ma anche per il suo rinnovamento. Ognuno di noi deve agire da cittadino responsabile del bene comune (…).
Solo in questo modo salveremo la nostra libertà e la nostra indipendenza (…)”. Dopo 78 anni questa frase, seppur in un contesto differente, ha ancora tutta la sua forza comunicativa ed è una sorta di ordine – non militare ma morale: la difesa della nostra indipendenza passa dall’essere svizzeri fino in fondo, giorno per giorno, attraverso le nostre azioni e i nostri pensieri.
Care cittadine e cari cittadini, vi ringrazio per l’attenzione e auguro una buona serata.
Viva Melano, viva il Ticino, viva la Svizzera e viva il suo Popolo sovrano.