Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 2 agosto 2018 de La Regione
Le relazioni con l’Unione europea, le aggregazioni, lo sviluppo delle zone periferiche, la multiculturalità.
I discorsi ufficiali del Primo d’agosto sono stati lo specchio dell’attualità.
È stata una serata del Primo d’agosto meteorologicamente sfortunata quella di ieri in Ticino, con metà cantone sferzato da venti e temporali che hanno in parte rovinato la Festa nazionale. A Lugano sono stati annullati i fuochi d’artificio, che verranno riproposti stasera, mentre in altre località, allocuzioni e festeggiamenti sono stati tagliati, ritardati o annullati per evitare al pubblico gli scrosci dell’acqua battente. In riva al Ceresio il maltempo si è tradotto in vera e propria suspense. In dubbio fino all’ultimo, l’intervento del consigliere federale Ignazio Cassis si è tuttavia regolarmente tenuto dinanzi a una piazza Riforma affollata ma non gremita. Con un excursus storico e soffermandosi sul concetto di unità nazionale basata sulla volontà, il ministro ticinese ha toccato il delicato tema dei rapporti con Bruxelles. «Stiamo consultando Cantoni e partner sociali per capire come procedere nei negoziati circa il futuro delle nostre relazioni con l’Unione europea». Gli accenni al dossier non sono mancati nemmeno di fronte ai propri compagni di partito al Ceneri, qualche ora prima: «Non abbiamo diritto di scordarci che l’Europa ha garantito pace e stabilità al continente. E se il continente non è stabile, non lo siamo nemmeno noi». E poi «i due franchi che avete in tasca oggi varrebbero solo 1,40 se non fosse per i Bilaterali». Negoziando l’accordo quadro istituzionale «dobbiamo cercare di conservare quei 60 centesimi di guadagno, ma anche rimanere liberi e svizzeri. Non è semplice: la politica estera è fatta di interessi, ma come noi difendiamo i nostri, loro difendono i loro. È normale». L’impegno del Consiglio federale è però totale: «Ci stiamo facendo in otto, non in sette, per la Svizzera». Eppure, ha poi ribadito Cassis a ‘laRegione’, «i negoziati con la Svizzera, per l’Ue, sono nulla in confronto a problemi come, ad esempio, la Brexit. Paradossalmente, tuttavia, ciò potrebbe rappresentare un vantaggio per noi. Il fatto che Jean-Claude Juncker (presidente della Commissione europea, ndr) abbia demandato il dossier a un commissario esterno significa che vi è la garanzia che il tutto non rimanga bloccato. Inoltre, trattandosi di un commissario austriaco, per noi è più facile spiegargli dove abbiamo bisogno di un compromesso. Se sono rose, fioriranno». Si è recato invece nel Basso Ceresio il consigliere di Stato Norman Gobbi, che – dopo il raduno leghista in Valle Lavizzara – ha trascorso la serata a Melano. Un luogo non casuale, visto il tema scelto per la sua allocuzione: le aggregazioni. «Auspico vivamente – ha detto –, che il progetto possa sfociare nel nuovo Comune ‘Val Mara’ (in cui, oltre a Melano, dovrebbero confluire Arogno, Maroggia e Rovio, ndr)». Il titolare del Dipartimento delle istituzioni ha inserito il tema in un più ampio discorso sull’assetto politico-amministrativo del Paese. «Il successo del federalismo elvetico si basa su Comuni forti, autonomi e responsabili, capaci di offrire servizi di qualità alla popolazione». In quest’ottica, e in un contesto di mutamenti sociali, l’opinione del consigliere leghista è che i processi aggregativi vogliano creare «forti anticorpi territoriali e identitari, ossia Comuni moderni in grado di rispondere alle sfide dell’oggi e del domani».
Intervenuto nella frazione bedrettese di Ossasco, il consigliere di Stato Christian Vitta ha offerto ai presenti un’escursione virtuale nel futuro: dopo aver citato il campo base chiamato “coesione nazionale”, ha… attraversato alcuni ponti. In primis «quello che ci collega alle valli, alle regioni periferiche e al loro grande potenziale che occorre continuare a coltivare». Per il ministro delle Finanze e dell’Economia «occorre dunque stimolare iniziative di sviluppo economico, progetti e idee che danno prospettive e qualità di vita a chi risiede nelle regioni più discoste». Come, ad esempio, «il progetto infrastrutturale in corso per collegare la quasi totalità del territorio ticinese con una rete capillare a banda ultra-larga». Quanto ai “ponti instabili”, Vitta ha citato «quello che ci collega all’Unione europea con la quale la definizione delle negoziazioni risulta essere molto complessa, soprattutto riguardo al tema centrale dell’accordo quadro istituzionale, da raggiungere ma non a qualsiasi costo». Ai ponti ha fatto riferimento a Morcote anche la presidente del Gran Consiglio ticinese Pelin Kandemir Bordoli. «Abbiamo scavato gallerie e costruito ponti per stare meglio assieme in un mondo che sembra voler costruire muri e scavare fossati», ha rimarcato la prima cittadina ticinese. Invece di cadere nella tentazione di rifugiarsi nel localismo, ora bisogna «gettare nuovi ponti per consentire alle diverse idee di comunicare e di contaminarsi». Perché «la Patria è anche questo: un luogo di continua contaminazione in cui è possibile farsi raggiungere dalle idee degli altri apertamente e senza paura di censura alcuna». E ancora: la storia svizzera «è costellata da esempi positivi che ancora oggi ci possono guidare e aiutarci nella comprensione del mondo». Oggi è possibile «credere nel nostro futuro, lavorando per creare una forte comunità in cui tutti e tutte si sentono inclusi e sostenuti». Per farlo bisogna investire «sulla formazione e sul lavoro, conservando e tutelando al contempo territorio e ambiente».
Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 2 agosto 2018 del Corriere del Ticino
Discorsi La «luce» del diverso e i muri che vanno abbattuti. Il vescovo Lazzeri e gli altri oratori invitano il Ticino ad aprirsi.
«Siamo stanchi di sentire chi ci fa la morale, in un senso o nell’altro. Ciò che ci salva è soltanto un sussulto del cuore». Di fronte ai numerosi fedeli radunatisi ieri sul Passo del San Gottardo, il vescovo Valerio Lazzeri li ha invitati a non chiudersi a riccio, a non essere egoisti. A cercare la luce come scritto nel Vangelo. Questo accade «solo quando non ci isoliamo, non ci separiamo, non ci disinteressiamo di quello che succede fuori dai nostri confini, pensando così di scampare al disastro generale». Il nostro benessere, ha aggiunto monsignor Lazzeri, dev’essere anche quello degli altri. Soprattutto in un’epoca in cui «si esasperano, un po’ dappertutto, i nazionalismi, i protezionismi e i ‘sovranismi’». Secondo il vescovo della diocesi oggi «s’investono le migliori energie per innalzare muri, mentali o reali, che dovrebbero difendere quello che si ritiene essere il proprio mondo, la propria visione delle cose, la propria cultura e il proprio modo di vivere e di stare sulla Terra. Molto spesso però si scambia la difesa della Patria con un irrigidimento, una contrazione su di sé».
L’auspicio di Valerio Lazzeri è che si eviti di erigere queste barriere politiche ed economiche e che ci si confronti, invece, con l’altro, «con tutto ciò che si tende a dipingere solo come una minaccia per il proprio benessere e la propria stabilità».
Nella nostra società sono importanti le scelte di «chi sa creare buoni esempi. Imprenditori, inventori, persone in grado di cogliere e vincere sfide che vanno oltre i confini. Sono loro a far la differenza». Per il Segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione Mauro Dell’Ambrogio, intervenuto a Bellinzona, occorre osare. Come un tempo. «Le società sono migliori nella fase pioniera. Quando ciascuno dà secondo il proprio talento, e pur nella competizione, si perseguono obiettivi comuni», ha sottolineato l’alto funzionario prossimo alla pensione dopo quasi sei anni di impegno a Berna. Secondo il quale l’innovazione tecnologica e nei servizi può essere un fattore di successo economico anche in Ticino, non solo nel resto della Svizzera: «Ma per attirare, o per trattenere le forze qualificate, non basta destinare un’area, attivare una formazione, definire un polo. Le persone di talento, indigene o meno, sono come i capitali: mobili, sono sensibili ai segnali politici e culturali».
Di coesione nazionale «ulteriormente rafforzata» ha parlato il consigliere di Stato Christian Vitta ad Ossasco, in Valle Bedretto. Il ministro è tornato sull’elezione di Ignazio Cassis in Consiglio federale: «Il Ticino e l’italianità dopo tanti anni sono tornati a essere rappresentati nel Governo federale (…). La possibilità di costruire e mantenere buone relazioni e contatti diretti con la Confederazione è fondamentale e favorisce la comprensione reciproca, nell’interesse del Cantone Ticino, dell’intera Svizzera e, appunto, della coesione nazionale». Il nostro Paese è coeso e fa «del rispetto delle diversità e del federalismo la sua forza».
Ha parlato invece a Melano un altro consigliere di Stato: Norman Gobbi. Un discorso, il suo, che partendo dal valore del federalismo ha toccato soprattutto la questione delle aggregazioni. Ricordando tre livelli istituzionali di gestione democratica del potere – lo Stato federale, il Cantone e il Comune – Gobbi ha infatti parlato del ruolo determinante dei Comuni, «enti locali di prossimità, quindi quelli più vicini ai cittadini e ai loro bisogni primari. Per questo motivo si è avviato nel nostro Cantone un importante processo aggregativo». E quindi ha vivamente auspicato «che il progetto che vede oggi coinvolti i comuni di Melano, Maroggia, Rovio e Arogno possa sfociare nel nuovo comune di “Val Mara”».
Il consigliere agli Stati Fabio Abate – che tramite il suo partito, il PLR, ha annunciato ufficialmente che non solleciterà un altro mandato a Berna (vedi servizio a pag. 7)- ha parlato di «patriottismo ragionato» soffermandosi poi sui non facili rapporti con l’Unione Europea. «Dobbiamo innanzitutto essere consapevoli che non siamo gli unici a decidere il nostro destino. Abbiamo un interlocutore dall’altra parte del tavolo, ossia i rappresentanti istituzionali dell’Unione Europea: sono persone che pian piano stanno cancellando i colori del disegno comunitario, così come storicamente concepito, poiché fanno i loro interessi e non sembra si sforzino di ricordare o addirittura studiare il significato e l’importanza del nostro Paese al centro del Continente, in passato, così come nel presente». La ricetta del consigliere agli Stati? Le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone, «che nulla hanno a che vedere con il protezionismo locale (…) non possono essere messe in discussione e diventare oggetto di trattativa ora».
Il consigliere nazionale Marco Romano al Centro Spazio Aperto di Bellinzona si è chiesto se « la Svizzera, la sua popolazione e le sue istituzioni, sono unite oggi». La sua risposta è sì e fa riferimento al modello partecipativco svizzero e al pensiero di Nocolao della Flue: « Oggi immagino consiglierebbe, tanto nella vita quotidiana quanto nel dibattito politico, di preferire il dialogo e il compromesso, garanti di rispetto per le diversità e le minoranze, piuttosto che volere imporre in toto la propria idea o volontà, anche solo con la forza delle parole». Il suo è un invito a superare gli eccessi, da una parte di chi «tende a cancellare simboli, valori e meccanismi tipici della storia recente svizzera» e dall’altra di chi «tende a esasperare il modello svizzero in termini assoluti ed esclusivi, dividendo la società in “noi” (nel giusto) e “loro” (di principio nell’errore)».
Il Grotto Valletta di Massagno – Comune che vedrà nascere a breve un nuovo Campus universitario – ha invece accolto il discorso di Monica Duca Widmer, presidente del Consiglio dell’USI. Il suo pensiero si è rivolto al futuro: parlando della rivoluzione in corso della digitalizzazione, ha osservato che «le modalità di apprendimento non possono più essere quelle di un tempo e devono evolversi e
rispondere alle nuove esigenze in tempo reale; è necessaria un’educazione ad un uso consapevole delle tecnologie ed un rafforzamento dello spirito critico».
Storia, tradizioni, identità e comunità che cambiano nel tempo, spesso senza accorgersene. Di questo ha parlato il regista e coreografo Daniele Finzi Pasca, ospite a Morbio Inferiore. «Abbiamo la fortuna di vivere in una terra dove tutti hanno il diritto di poter pensare quello che pensano e di poterlo garbatamente esprimere – ha sottolineato -. C’è chi ha lottato per garantirci questa possibilità. Credo che quando festeggiamo il nostro Paese dobbiamo ringraziare chi ci ha preceduto e che con sudore, lacrime e allegria ha costruito questa bella avventura. A noi di farla andare avanti».
In piazza Col. Bernasconi a Chiasso, dove si sono tenuti i festeggiamenti congiunti dei Comuni di Chiasso, Vacallo e Balerna, il granconsigliere PPD Maurizio Agustoni ha incentrato il suo discorso sul rapporto tra la Svizzera e la felicità. Citando un sondaggio di 45 anni fa che decretava che la maggior parte degli svizzeri si ritenesse felice, Agustoni si è chiesto se è ancora così. «Non sono convinto che gli svizzeri oggi risponderebbero con lo stesso entusiasmo, ma sono propenso a credere che a quel tempo eravamo felici perché sapevamo che quello che avevamo (ed eravamo) era il frutto del nostro impegno». Ricordando che «la felicità dipende anche dalla capacità di essere noi stessi e di vivere fino in fondo i nostri valori», il granconsigliere ha augurato a tutti di «scoprire e riscoprire il gusto di essere svizzeri».
Con un tuffo nella storia il consigliere nazionale UDC Marco Chiesa, oratore a Mendrisio, ha rammentato quanto accaduto nel 1798 proprio a nel capoluogo momò dove la popolazione, issando l’albero della libertà con al culmine il cappello dei Tell e malgrado la vicinanza culturale, linguistica e geografica con Milano, decretò la sua intenzione di aderire alla confederazione svizzera. «Sono convinto che non occorra essere nati svizzeri o avere genitori o nonni nati in Svizzera per sentire pulsare dentro di sé le virtù del nostro paese. È una questione di cuore, di coscienza e di forza di spirito. È la stessa forza che auguro al nostro Paese davanti a un’evoluzione internazionale che non esito a definire preoccupante e che in futuro ci darà ancora molto filo da torcere».
«Tanto è facile cavalcare le paure generate dalla precarietà e dalla pressione sui salari dovuta alla concorrenza estera e soprattutto frontaliera, quanto è difficile invece proporre soluzioni praticabili e affrontabili». Da Riva San Vitale il consigliere nazionale Giovanni Merlini (PLR) ha parlato di economia e mondo del lavoro. Un discorso interrotto per l’improvviso maltempo. Nel testo scritto, Merlini affermava che «oggi può essere faticoso essere ticinesi e in particolare essere cittadini del Mendrisiotto. Rinunciare alla libera circolazione delle persone creerebbe al nostro Paese difficoltà insormontabili, vista la penuria di certi profili professionali. La discriminazione dei non residenti crea illusioni autarchiche e alimenta incomprensioni che non giovano a nessuno».