Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 28 novembre 2018 de La Regione
Nella seduta di questa mattina la Legislazione sentirà il capo del Dipartimento istituzioni Gobbi
Della trentina e passa di correttivi suggeriti “concorda” solo su quattro. Il Consiglio di Stato ha preso posizione, con una lettera alla commissione parlamentare della Legislazione, sulle proposte di emendamento alla Legge sulla polizia, o meglio al testo rivisto dal governo per introdurre lo strumento della custodia di polizia (durata massima ventiquattro ore), disciplinare trattenimento e consegna di minorenni e regolamentare le indagini, anche ‘mascherate’, preventive.
Una revisione normativa adottata, con qualche ritocco, dalla maggioranza commissionale, ma ritornata in Legislazione lunedì della scorsa settimana, giorno in cui avrebbe dovuto essere discussa e votata dal Gran Consiglio. Avrebbe, perché all’ultimo momento è stata avanzata una serie di emendamenti da Sabrina Gendotti (Ppd), Giovanna Viscardi (Plr) e Michela Delcò Petralli (Verdi).
Diverse e di peso le modifiche prospettate dalle tre deputate. Tali da indurre la commissione a riaprire il dossier per i necessari approfondimenti. E il Consiglio di Stato a pronunciarsi nero su bianco. La missiva alla Legislazione è datata 21 novembre. Sei pagine che il governo ha scritto in vista dell’audizione di questa mattina in commissione del direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi. Dovrebbe essere accompagnato da due ufficiali della Cantonale: il tenente colonnello Flavio Varini, alla testa della Polizia giudiziaria, e il capitano Elia Arrigoni, responsabile dei Servizi generali.
Custodia, se la persona lo chiede va sottoposta a visita medica
Tra le quattro proposte di emendamento condivise dal governo figura quella di inserire nell’articolo di legge sulla custodia di polizia, provvedimento ordinato da un ufficiale, l’obbligo della visita medica (non contemplata dal testo elaborato dal Consiglio di Stato, prevista invece dalla maggioranza commissionale ma solo come facoltà). Ergo: “La persona presa in custodia deve essere sottoposta a visita medica se lo richiede espressamente, come pure se le sue condizioni psico-fisiche appaiono alterate o altri motivi lo impongano”. Restando alla custodia di polizia, l’Esecutivo non è invece d’accordo con gli altri correttivi indicati da Gendotti, Viscardi e Delcò Petralli. Il ricorso al giudice dei provvedimenti coercitivi (gpc), anziché al Tribunale cantonale amministrativo, contro la misura? “Non trattandosi di una misura (la custodia di polizia, ndr.) di carattere penale, appare inopportuna la competenza del gpc” e di conseguenza l’applicazione del Codice di procedura penale (Cpp), annota il governo.
Niente sistemi di geolocalizzazione?
Proposta incomprensibile
Governo che respinge la stragrande maggioranza degli emendamenti suggeriti. Come quello al capitolo sulla cosiddetta osservazione preventiva.
Localizzare persone o cose senza però l’impiego di sistemi di geolocalizzazione? “Mal si comprende la proposta di modifica”, commenta il Consiglio di Stato, che si chiede e chiede “come si possa localizzare qualcuno con dispositivi tecnici, senza sistemi di geolocalizzazione”.
Il governo, inoltre, richiama l’attenzione della Commissione parlamentare “sul fatto che, già oggi e sulla base del Codice di procedura penale, sia l’osservazione che le indagini in incognito possono essere avviate e messe in atto dalla Polizia cantonale in maniera completamente autonoma per la durata di un mese (cfr. articoli 282 e 298b del Cpp) per tutti i crimini e delitti: queste misure di sorveglianza segreta, ai sensi del Cpp, non soggiacciono all’approvazione del giudice dei provvedimenti coercitivi”. Sottoporre, come sollecitano le tre parlamentari, l’avvio dell’osservazione preventiva al nullaosta del giudice dei provvedimenti coercitivi? L’emendamento, rileva il Consiglio di Stato, “è in urto con quanto già in vigore a livello di Cpp (cfr. articolo 282). Non si intravede quindi il motivo di instaurare due prassi differenti, le quali potrebbero creare difficoltà di utilizzo delle prove in una successiva fase d’inchiesta”.