Il capo dell’Esercito, Thomas Süssli, ospite del Rotary Club Locarno: «La situazione è tesa» Per garantire la sicurezza servirebbero circa 50 miliardi di franchi, di cui 13 entro i primi sette anni Oggi mancano equipaggiamenti, munizioni ed effettivi – Esclusa una possibile adesione alla NATO
Su una scala da 1 a 10, quanto è preparata la logistica dell’Esercito in caso di guerra? « Più o meno al livello 3 ». Così ha risposto, solo pochi giorni fa, il capo della Base logistica Rolf Siegenthaler in un’intervista alla NZZ am Sonntag. Un anno fa, il capo dell’Esercito Thomas Süssli aveva detto senza mezzi termini che le forze armate elvetiche avrebbero potuto resistere solo poche settimane in caso di conflitto.
La Svizzera non è pronta. Lo stesso Süssli l’ha ribadito ieri all’Hotel Belvedere, ospite del Rotary Club Locarno, ricordando che l’Esercito deve tornare a essere in grado di difendersi. Il capo dell’Esercito ha illustrato la situazione geopolitica mondiale, ricordando che anche la Cina – e non solo la Russia – è osservata con attenzione. Tra il 1990 e il 2010 la Svizzera ha potuto beneficiare dei cosiddetti «dividendi della pace», ma dal 2022 la situazione è cambiata. E la minaccia è aumentata. «L’anno più pericoloso per il nostro Paese sarà il 2027», ha spiegato Süssli, poiché è quando ci sarà la differenza maggiore tra la possibile minaccia e la preparazione (ad esempio delle forze aeree) dell’Esercito.
Mancano materiali e sistemi
Dopo anni di impieghi a favore delle autorità civili e di appoggio a manifestazioni (come le gare di Coppa del mondo di sci), anche i soldati – in particolare di fanteria – devono tornare a esercitarsi su un compito centrale: difendere. Non manca solo l’istruzione, ma anche munizioni, sistemi di combattimento moderni e materiali (solo un terzo dei soldati oggi può essere completamente equipaggiato, non ci sono nemmeno abbastanza giubbotti di protezione).
Molti dei cosiddetti «sistemi d’arma» sono quasi alla fine del loro ciclo di vita e devono essere sostituiti. Un esempio, per l’artiglieria, sono gli obici blindati M109 acquistati nel 1968. Verranno presto sostituiti – se il Parlamento dà il via libera al credito – dal moderno sistema tedesco AGM (Artillery Gun Module) su Piranha IV della ditta KNDS Deutschland.
Per quanto riguarda gli armamenti e l’istruzione, Süssli ha detto chiaramente che è necessaria una cooperazione con la NATO. «Ma nessuno, nell’esercito, vuole l’adesione », ha tenuto a sottolineare.
Il prezzo della sicurezza
Ma qual è il prezzo della sicurezza? Il Consiglio federale sta procedendo a tagli per miliardi di franchi in svariati settori. Eppure, le spese per la difesa saranno aumentate gradualmente nel corso dei prossimi anni. L’obiettivo è di raggiungere l’1% del PIL entro il 2032. Così ha deciso il Parlamento lo scorso dicembre, dopo numerosi stravolgimenti fra chi chiedeva di anticipare questo obiettivo al 2030 e chi di ritardarlo al 2035. Per Thomas Süssli, per un esercito in grado di garantire la difesa del Paese, servirebbero circa 50 miliardi di franchi da qui al 2040 circa, di cui 13 entro i primi sette anni. «Entro il 2032 riusciremo a mettere in pratica quel che abbiamo iniziato ora», ha assicurato Süssli. «Ma l’anno più pericoloso, per noi, sarà ben prima », ha ammonito.
Sette progetti problematici
A fine gennaio, il capo dell’Esercito, la «ministra» della Difesa Viola Amherd e il capo dell’armamento Urs Loher avevano organizzato un incontro con la stampa per parlare di sette progetti (per un costo stimato in 19 miliardi di franchi) definiti «problematici »: dagli ormai noti droni israeliani (che stanno accumulando ritardi su ritardi), al sistema di sorveglianza dello spazio aereo C2Air, passando anche da alcuni progetti informatici e di digitalizzazione.
Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 12 febbraio 2025 del Corriere del Ticino